Prima parte
Jackie: I miei passi tradiscono l'incertezza, il fiato corto, l'emozione.
Le cicale sfidano il silenzio e il caldo.
Un ramo si spezza.
Qualcosa cade poco più in là.
Il bosco tace.
La mia mano incerta e nervosa buca gli sterpi avvinti l'un l'altro con magistrale pazienza.
Il fruscio sinistro prodotto dai miei movimenti fra gli intricati cespugli improvvisamente si interrompe.
Attraverso un pertugio, finalmente vedo il castello.
Sono sulle colline più alte e impervie che delimitano il bosco e scorgo la valle, le sue meraviglie e il maniero dove la bella Nimphea, misteriosamente legata alla mia infanzia e, diciamolo pure, al mio cuore, vive e abita.
Sono stato inviato in questo luogo da sua maestà Floriflora.
Questa missione segreta, non lo nascondo, mi impasta l'animo di sentimenti contrastanti fra loro: la curiosità dello scienziato e la malinconia di un amore impossibile e sconosciuto.
Sulla torre più alta del castello noto con inquietudine dei drappi colorati che volteggiano.
Un vento caldo sibila, frustando le cime degli alberi.
Poche nubi sfilano veloci di lontano spinte dallo scirocco: sembrano tanti buoi in carovana.
Un odore forte di fiori avvolge l'intera vallata.
Sono qui per assistere a una cerimonia e, se mi sarà possibile, per evitare un sacrificio ingiusto.
Con il cuore in gola mi butto sulle spalle le ali di giunco e petali di magnolia, per sorvolare la rocca e puntare al ponte levatoio.
Le ali di magnolia sono la mia ultima invenzione, le ho inaugurate per questa spedizione.
Funzionano piuttosto bene, ma mi riservo ancora qualche ritocco per ottenere una maggiore aerodinamicità delle punte.
Il vento le ha veramente messe alla prova in questi giorni.
Assaggio l'aria con un dito: sto aspettando la giusta spinta da questo scirocco dispettoso.
Il vento, per fortuna, non si fa attendere e mi catapulta fra le braccia della vallata mentre le mie ali vibrano e frusciano a più non posso.
Scendo di molti nodi.
La temperatura è aumentata di almeno due gradi.
Volando, ripenso agli ultimi istanti al castello del Fiorfiore, dove ho lasciato la regina Floriflora in preda alle più cupe angosce.
Penso alla sua faccia avvilita mentre mi dice...
Floriflora (con eco): "Hanno rubato il forziere dei semi, hanno rubato i pollini! Hanno rubato il tesoro del regno! Percy Bet, avete trovato qualche indizio? Un movente? Un diavolo di segno?"
Jackie: Ho ancora vivido il ricordo del volto sconvolto di Percy che non sa cosa dire.
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Unico elemento che ci riferisce, ma è ben poca cosa, la serratura del forziere contaminata da una sostanza che risulta lievemente appiccicosa.
Floriflora (affranta/eco): "Ah, beh, allora non abbiamo proprio nulla! Novità da mio cugino, il Barone Virgulto?
È lui il custode dei semi e degli aromi, dovrà fornirci il polline necessario per rimpiazzare il tesoro della corona!"
Jackie: Il Betullo fa notare a sua Maestà che il cugino è molto lontano e ci vorrà del tempo per raggiungerlo.
Quindi, dopo averci pensato un po', la Flo dice...
Floriflora (eco): "Sta bene, ci andrà Jackie caro.
Io attenderò qui sue notizie.
Insomma, professor Astronotus, voglio che tu vada in incognito... mia nipote, la figlia di Virgulto, adora volare, ha vinto tutti i tornei del regno.
Tempo fa mi ha scritto chiedendomi di organizzare una sorta di competizione olimpica, qui, nel Fiorfiore.
Perciò tu dirai... beh, dirai che ti ho incaricato di prendere informazioni per organizzare le gare."
Jackie (eco): "E invece cosa dovrò fare?", chiedo, grattandomi nervosamente il mento.
Floriflora (eco): "Dovrai mettere al corrente mio cugino del furto.
In fondo è il custode dei semi, dei pollini e degli aromi; deve essere avvisato prima che la stessa cosa accada anche a lui.
Insomma, è la disgrazia peggiore che ci potesse succedere, Jackie!"
Jackie (eco): "Temete che il momento sia arrivato? Intendo dire, la sciagura che predisse il mitico Flowers?"
Floriflora (eco): "Non lo so Jackie, lo temo... ma spero con tutto il cuore che non sia così!"
Jackie: Con il cuore gonfio di angoscia, parto.
Io e Floriflora comunicheremo grazie a un telefono senza fili il cui funzionamento dipenderà dalle cicale reali.
Ora, torno al mio volo.
Con un balzo mi ritrovo nella radura prospiciente il castello.
Nascondo le ali tra fitte siepi e mi dirigo alla corte degli aromi per rifocillarmi dopo il lungo viaggio.
Sul mio cuore pesano molte domande: sarò giunto in tempo per parlare con l'affascinante Nimphea?
Riuscirò a farmi accettare da questa nuova corte?
Sarò in grado di far fronte alla minaccia che affligge questo mondo?
E, soprattutto, di che minaccia si tratta?
Alla reggia mi accoglie, con molta letizia, un paggio mughetto di nome Mug, fidatissimo servitore del Barone Virgulto.
Ragazzi, mi sento un pascià!
Mug è gentilissimo e molto servizievole.
È piuttosto buffo e profuma intensamente di muschio, ha un candido elmetto sulla testa e indossa una livrea con due lunghe code ricamata di verde.
Si aggira per la stanza con gran premura facendo ampi gesti e affrescando l'aria con un bel paio di guanti bianchi.
"Sembra tu conosca a menadito tutte le mie abitudini, Mug!", gli dico divertito.
"Naturale", risponde lui.
E dice di ricordare tutto quel che diceva il suo babbo del sottoscritto.
Ricorda di quando, tempo addietro, invitavo a giocare la principessa Nimphea mentre lui era il vice paggio mughetto del castello.
È anche per questo è convinto che io non sia l'uomo elfo di cui tutti dicono, ma molto di più... ops! Detto ciò, Mug si mette la mano davanti alla bocca imbarazzato.
Quindi chiede cerimoniosamente perdono.
È stato inopportuno, incauto... insomma, non si riferiscono i pettegolezzi, conclude afflitto.
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Sono divertito e stupito e lo incalzo.
"Aspetta, aspetta, vuoi dire che è questo che si dice: che sono un uomo elfo?"
Mug, contrito, annuncia che per penitenza e per aver parlato troppo, rinuncerà alla sua razione d'acqua.
"Ma per carità, Mug! Se tu dovessi appassire chi si prenderebbe cura di me? Allora, cosa dicevi? È così dunque?"
Annuisce timido.
È così.
Tutti pensano che sir Jackie sia un elfo meticcio, ma lui pensa sia un bene visto che sono lì in incognito... o sbaglia?
Mi regalo un secondo di pausa, prendo coraggio e domando:
"Anche lei lo pensa?", indicando l'ennesimo, magnifico ritratto della principessa Nimphea.
Mug ammette che girano molte leggende sul mio conto.
Per quel che ne sa è certo che la Principessa si ricorda di un sir Jackie, mentre Sir Jackie si ricorda di lei? Mi domanda il paggetto con una certa curiosa intraprendenza.
Poi, frettolosamente, aggiunge che deve scappare e, chiedendo perdono ancora una volta, mi abbandona fuggendo via.
Mug ha ragione a chiederlo.
Perché non rammento nulla di questa fanciulla?
La domanda, si sa, mi tormenta da tempo.
Possibile che il dolore di quel che è accaduto nella mia infanzia abbia appannato a tal punto i miei ricordi?
Bussano alla porta, apro e il Barone Virgulto entra di soppiatto.
Si dice lieto di vedermi.
Riferisce che ha letto il mio rapporto segreto e ritiene, senza mezzi termini, che il regno sia davvero nei guai.
"Avete notato cose strane, ultimamente, presso i depositi di semi?", chiedo con tono indagatorio.
Si scusa per non essersi fatto vivo subito, ma voleva essere certo che i suoi uomini avessero perlustrato dappertutto con la massima discrezione.
Insomma, anche a loro mancano alcune fragranze e la cosa non gli piace affatto.
"Dunque, aveva ragione la regina! È un'operazione molto vasta quella in corso, ergo, siamo tutti in pericolo."
Lui teme di sì, ma non riesce a capire dove questi potenziali ladri possano aver nascosto la refurtiva.
Ha fatto cercare dappertutto, ma niente!
"Signore, tornate nelle vostre stanze: è meglio che indaghi da solo.
Passerò più inosservato e, se ci saranno novità, ve lo farò sapere."
Molto paterno, si raccomanda: quando incontrerò sua figlia per quell'inghippo delle lezioni di volo non dovrò fare parola del furto.
"Non temete signore, non temete!", lo rassicuro.
Il Barone Virgulto gira i tacchi e se ne va.
Lo saluto con una certa emozione.
Sotto al letto ho nascosto alcune carte, le prendo in fretta e furia.
Sono rapporti segreti, informazioni datemi dalla regina e altre indagini che ho condotto prima di partire.
Mi affaccio dalla finestra della mia stanza, sono alloggiato nella torre più alta del castello.
Che vista meravigliosa!
Mi metterò a studiare le carte sul davanzale.
Scorgo in lontananza una zucca trainata da alcuni omini molto, molto affaticati.
Poi, la zucca sparisce nel bosco.
Ho visto che faceva su è giù durante tutta la mia conversazione con Mug... chissà cosa trasporta.
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Poi... improvvisamente... vedo Lei!
Appare nel chiostro, lungo gli archi.
La bella Nimphea è proprio lì e ride e scherza con altre fanciulle della sua età.
Cammina decisa fra loro, attraversa il cammino di ronda decorato a festa da intrecci di fiori cremisi e verdi dall'odore dolcissimo.
La principessa fluttua fra i tigli e i fiori bianchi dei... sììììì!
Ora ricordo!
I fiori bianchi dei suoi frutti preferiti: i limoni andalusi!
È bella.
Oh, sì! Straordinariamente bella!
E adesso, vividi ricordi incominciano ad affiorare nella mia mente.
La linea che divide la realtà dalla fantasia è spesso fatta di nebbia... forse erano appena scomparsi i miei genitori, forse ero stato condotto qui prima di andare a stare dalla nonna... il passato mi investe in pieno.
Il re Virgulto, ricordo, mi aveva presentato a sua figlia come un giovane su cui tutto il regno riponeva molte speranze, un giovane da prendere ad esempio! E aveva colorato le sue parole con un forte odore di legno di sandalo.
Io, all'epoca ero uno stupidino... e lei... lei aveva fatto un'espressione un po' dispettosa e, dopo aver assolto le formalità con un breve cenno di saluto, si era defilata con maestria, lasciando dietro di sé una raffinata essenza di gardenia.
Ricordo che ero rimasto immobile, puntando i piedi a terra e pensando, fra me e me:
"Questo non è solo un intenso profumo floreale.
È anche... fascino, essenza assai più rara!"
Era la bambina, anzi, il fiore più bello che avessi mai visto.
Ma... quando l'avrei rivisto?
Ero stupidino all'epoca, l'ho detto, e molto, molto impaziente.
Ricordo che, proprio allora, incominciavo a giocare con il vento e costruivo aquiloni.
Mi ero riparato fra le radici di una quercia che dominava un'immensa vallata.
Era un giorno di tramontana, i prati erano umidi e ricamati da forti effluvi di muschio e di fiori selvatici.
Fu allora che il mio olfatto colse quella traccia!
Mi voltai e Nimphea era lì, dietro di me.
Credo di aver passato con lei gli ultimi giorni felici, in quel mondo.
Ma la cosa importante, adesso, è che incomincio a districarmi tra i ricordi.
Chiudo le carte e rimango a guardare le ragazze andare via, pieno di nostalgia.
Il sole incomincia ad annegare all'orizzonte.
Da lontano, la zucca continua il suo tran tran fra il castello e il bosco.
Proverò a dormire.
La mattina dopo, Mug mi sveglia tardi.
Mi precipito alla finestra perché sento ridere e scherzare.
Il mio cuore palpita.
Nimphea è lì, attorniata da molti giovani fiori.
Divento, improvvisamente, di pessimo umore.
"Dì, Mug, fa sempre tutto questo chiasso la Principessa?", domando scocciato.
Mug mi guarda paziente: chiasso? Mi interroga dando voce ai miei veri pensieri: ha una risata così argentina!
"E dimmi...", chiedo senza commentare, "sai dirmi cosa trasporta quella zucca laggiù, che trotta tutto il giorno da qui al bosco?"
Mug esita qualche istante, prende tempo, poi, vago, riferisce che dovrebbe essere la carrozza del Principe del Legno di Guaiaco e che dovrebbe trasportare perle di resina.
"Roba pregiata!", dico riflettendo fra me e me e aggiungo:
"Penso che andrò a fare quattro passi verso il bosco."
Il paggio mughetto annuisce pacifico.
Seguo il percorso della zucca che mi porta in una radura.
Lì scorgo alcuni omini.
Versano della resina calda in alcuni gusci di ghianda e, dopo poco, estraggono dai gusci tanti globi gialli, raffreddati e condensati.
Perché, mi domando, questa gran produzione di perle?
A cosa potranno mai servire?
Mi allontano.
Ho la sensazione di essere spiato, ma forse è solo a causa della mia inquietudine.
Passeggio e mi domando: qual è il migliore nascondiglio per occultare del polline?
Dove si può celare un seme?
Sono da poco giunto fra le radici di una grossa quercia e, come un tempo, mi sembra di percepire un odore familiare.
E infatti...
... fine prima parte.
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