I sogni: son desideri?!?




[Racconto di Giovanna Gra]


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Cenerentola



Titolo originale: Cinderella

Produzione: Walt Disney

Genere: Cartone animato

Anno: 1950

Cenerentola, giovane orfana di madre, vede il padre risposarsi in seconde nozze con una donna cattiva e spietata.
La donna ha due figlie, frutto del primo matrimonio:
Anastasia e Genoveffa, le sorellastre della nostra protagonista, anch'esse cattive e molto sciocche.
Alla morte del padre, Cenerentola si ritrova a fare da sguattera alla matrigna e alle sorellastre che non perdono occasione per maltrattarla e per sfruttarla.
La ragazza vive sola in una soffitta angusta, ma il suo buon carattere e la sua voglia di sorridere non vengono mai a mancare.
L'aiutano in questo i suoi amici animali:
alcuni topolini, capeggiati dalla fenomenale coppia Giac e Gas-gas, e gli uccellini che si posano sul suo davanzale per farle compagnia nelle lunghe giornate di solitudine e di faccende domestiche.
Cenerentola sogna di incontrare un giorno un principe che la porti via da quella casa e che la sposi.
Ma è solo un sogno, e la ragazza lo sa bene...
Il re decide di dare un ballo al quale parteciperanno tutte le giovani donne del regno.
Lo scopo?
Trovare una moglie per il bel principe ancora scapolo.
A casa di Cenerentola la notizia sconvolge sia la matrigna che le sorellastre le quali, impazzite all'idea di poter essere scelte dall'erede al trono, si dedicano anima e corpo alla preparazione dell'evento:
occorrono vestiti adeguati, gioielli, acconciature all'altezza.
Anche Cenerentola vuole partecipare al ballo, in fondo è un suo diritto, è pur sempre una ragazza del regno in età da marito!
Con molta difficoltà la matrigna acconsente a darle il permesso di partecipare alla festa, ma contemporaneamente la obbliga a svolgere una immensa quantità di faccende domestiche, al termine delle quali (e solo allora!) potrà dedicarsi al proprio vestito per il ballo.
Cenerentola lavora sodo e pulisce tutto fino all'ultimo granello di polvere e, aiutata dai suoi amici topi e uccellini, si veste per la festa.
Appena le sorellastre la vedono vestita e pettinata, invidiose della sua bellezza, le strappano il vestito di dosso lasciandola disperata e sola a casa mentre risuonano dal castello del re gli echi della festa danzante.
Cenerentola piange, l'occasione di conoscere il principe è sfumata per sempre, il suo destino sembra segnato... Ma accade qualcosa d'imprevisto e magico: appare la fata Smemorina.
E' una paffuta e simpatica signora un po' distratta che, con un incantesimo, dà a Cenerentola una carrozza completa di cavalli e cocchiere, e un abito meraviglioso per andare al ballo del re.
Ora la ragazza può correre alla festa, ma dovrà assolutamente tornare a casa entro la mezzanotte, ora in cui l'incantesimo della fata Smemorina sparirà e lei si ritroverà di nuovo vestita di stracci.
Cenerentola e il principe ballano insieme tutta la sera, felici e rapiti l'uno dall'altra.
Ma la mezzanotte si avvicina... e Cenerentola scappa appena in tempo dal castello mentre l'incantesimo della fata sta già sparendo...
Nella corsa contro il tempo perde una scarpetta di cristallo sulla scalinata del palazzo.
Il giorno dopo, il principe, perdutamente innamorato della fanciulla con la quale ha ballato tutta la notte e della quale non sa nulla, manda il granduca in giro per il regno a cercare la proprietaria della scarpetta trovata sulla scalinata:
non può che appartenere alla ragazza misteriosa e bellissima che è scappata a mezzanotte.
Colei che calzerà la scarpetta diventerà sua moglie.
Mentre Anastasia e Genoveffa fanno i salti mortali tentando di infilare i loro smisurati piedoni nella scarpetta di cristallo, la matrigna chiude a chiave Cenerentola in una stanzetta per impedirle di sottoporsi alla prova che (la donna l'ha intuito) potrebbe fare di lei la prescelta dal principe.
Una delle due sorellastre, con un gesto goffo e sgraziato manda in frantumi la scarpetta, tutto sembra perduto, ma all'ultimo minuto, grazie all'aiuto dei topolini, Cenerentola riesce a uscire dalla sua stanza e si presenta davanti al granduca con l'altra scarpetta di cristallo, gemella di quella persa al castello.
Il lieto fine è d'obbligo, Cenerentola e il principe si sposano sotto gli occhi soddisfatti e felici del vecchio re, mentre tutto il regno festeggia lo splendido matrimonio.


***


I sogni son desideri, canta Cenerentola circondata da topolini e uccellini che, al suo risveglio, l'aiutano a fare il letto e a riordinare la stanza
Ce ne sarebbe abbastanza per fermarci qui, per girare la testa dall'altra parte e decidere che no, non è proprio più tempo di melensaggini del genere.
Possiamo ancora accettare di misurarci con questa ragazza bionda, perfetta, bella, algida, buona, che dal 1950 svetta, eroina assoluta e incontrastata, nel panorama del cinema d'animazione mondiale?
Forse ci sembra impossibile, ma è così.
E' ancora così.
Non è facile condividere lucidamente una storia in cui una bella ragazza viene sistematicamente maltrattata da una matrigna e da due sorellastre crudelmente farsesche che la riducono quasi in schiavitù, mentre il suo buon cuore le impedisce il minimo risentimento e il sorriso non svanisce mai dalla sua splendida bocca capace solo di parole edificanti.

Non è facile non storcere il naso di fronte a un coretto di topolini operosi che cuciono felici un bel vestito per permettere alla loro sfortunata amica di partecipare al gran ballo del re.
Non è facile farsi rapire dalla goffa manualità un po' impacciata della fata Smemorina alle prese con carrozze, zucche, bacchette magiche e scarpette di cristallo.
Ce ne sarebbe abbastanza per dire:
"Bello, grazie, ma tutto questo ha fatto il suo tempo.
Abbiamo giocato, ci è piaciuto, ma adesso basta, i tempi sono cambiati, non ci crediamo più".
E invece non è così.
Non è detto che in noi non si agitino i marosi dell'indignazione quando ci commuoviamo per la puntuale operosità di Giac e Gas-gas, ma dobbiamo alzare le braccia e accettare che "Cenerentola" è più forte.
Li vedete?
I passerotti sollevano per la coda i topolini che realizzano il vestito che la nostra protagonista indosserà al ballo.
Sono dei giganti di fronte ai quali le nostre (legittime) resistenze crollano.
Seguendo la logica, nessuno di noi è disposto ad accettare ciò che viene visto e sentito in questo capolavoro di Walt Disney.
Anzi, c'è stato un lungo periodo verso la fine degli anni settanta, in cui si è cercato di smantellare l'idolo "Cenerentola" denunciandone tutte le melensaggini (moltissime!) e le assurdità morali che infarcivano la storia.
Forse non era sbagliato, ma era perdente.
E' impossibile condividere una sola parola, un solo concetto espresso in questa favola, e quindi in questo film, ma è altrettanto impossibile non esserne stregati.
Quindi, pensiamo che sia sicuramente saggio godersi questa immensa assurdità e concedere anche ai nostri principi più ferrei una breve vacanza della durata di 71 minuti...
Infatti, dopo sessant'anni e più, Cenerentola continua a gorgheggiare a pieno diritto e contro ogni logica dal suo davanzale mentre le donne di tutto il mondo si affannano e lottano per la loro emancipazione.
Questo film di Walt Disney è uscito il 14 febbraio del 1950.
La storia ci rimanda a Charles Perrault e ai fratelli Grimm, ma pare che la sua origine sia addirittura cinese, il che è assolutamente credibile, vista la passione di questo popolo per i piedi piccoli come simbolo di bellezza e di femminilità.
Sarebbe quindi possibile che la scarpetta di cristallo fosse la trasposizione occidentale delle calzature cinesi imposte alle ragazze perché il loro piede non crescesse e rimanesse... "grazioso".
Anche a proposito di questo è giusto e opportuno sobbollire di indignazione, ma conviene ancora una volta fingere di non conoscere queste origini così coercitive, e accontentarsi di sognare insieme alla protagonista che, grazie a quel piede così piccolo, trova marito e felicità eterna.
Cenerentola è il luogo dei "luoghi da fiaba" per eccellenza.
Il castello, la soffitta angusta, la casa della matrigna, la scalinata del palazzo...
Il ponticello bianco e argento che brilla sotto la luna mentre Cenerentola e il principe si avvicinano in un (castissimo) bacio, appartiene all'immaginario di tutti.

"E' questo allor, quel dolce ardor... l'incanto che si chiama... amor!" canta senza farsi alcun problema di decenza la nostra eroina, e noi ci scopriamo pacificati da tanta serenità animata.
Lo splendore dei disegni è il grande colpevole della nostra sudditanza nei confronti di questo film.
L'ironia dei topolini rinforza la tradizione disneyana che vede gli animali veri protagonisti indiscussi (ed evoluti) dei film e dei fumetti di quel genio del cinema e della comunicazione che è il vecchio Walt.
Ribelliamoci pure a questa inerme ragazza che non fa altro che cantare, piangere e palpitare, ribelliamoci agli atroci meccanismi che ne fanno una vittima seducente e ammaliatrice, ma non pensiamo, neppure per un momento, di avere la meglio su di lei.
E' una vecchia volpe, ha sessantatré anni ormai e, deve ancora nascere una donna più forte di lei.


***


Cappello a cilindro



Titolo originale: Top Hat

Anno: 1935

Regia: Mark Sandrich

Cast: Fred Astaire, Ginger Rogers, Edward Everett Horton

Jerry Travers, famoso ballerino, incontra la bella e languida Dale Tramont, indossatrice.
Ovviamente se ne innamora, ma non è ricambiato.
Non si dà per vinto e inizia un serratissimo corteggiamento di fronte al quale la ragazza sta per capitolare, ma un equivoco fa credere alla donna che Jerry sia il marito di una sua amica.
Dale, quindi, lo rifiuta.
In realtà, il marito della sua amica non è Jerry ma il suo impresario, Horace Hardwick.
Invogliato dalla possibilità di incontrare a Venezia una bella ragazza che gli faccia scordare Dale, Jerry si fa convincere dalla moglie del suo impresario a partire per la città italiana, ma la ragazza che incontra è, ancora una volta, ironia della sorte, l'affascinante indossatrice!
Il gioco di equivoci e scambi di persona verrà svelato alla fine e Jerry e Dale saranno finalmente liberi di amarsi.
Sarebbe d'obbligo iniziare a parlare di questo capolavoro esaltando i meravigliosi numeri musicali che ci regalano Fred Astaire e Ginger Rogers.
Ma "Top Hat", "Cappello a cilindro", è anche un delizioso film sullo scambio di persona che, mai come in questo caso, viene raccontato con grazia, delicatezza e acume.
E' un film del 1935, la regia è di Mark Sandrich e le musiche sono di Irving Berlin che compose spesso per la coppia Astaire-Rogers, ma per dare a Cesare quel che è di Cesare, è quasi impossibile non ricordare di questo immenso compositore anche il musical "Annie get your gun" o la canzone (vincitrice di un premio Oscar) "White Christmas" cantata da Bing Crosby che fu prima in classifica in America nel 1942.
Digressioni musicali a parte, "Cappello a cilindro" è il musical perfetto.
Il più bello, il più elegante, il più leggero.
O, forse, sarebbe meglio dire leggiadro.

Le piume svolazzanti dello splendido vestito che indossa Ginger Rogers nel celeberrimo numero "Cheek to cheek" sono una perfetta metafora del film.
Mai, nella storia del musical americano, una coppia di ballerini è stata più unita, affiatata, legata.
Mai una coppia in scena ha ballato con tanta perfetta sintonia.
I numeri di danza non sono avulsi dal contesto della storia, come spesso accade nei musical, ma servono a mandarla avanti.
E proprio questi numeri ci dimostrano, minuto dopo minuto, che Jerry e Dale (Fred e Ginger) non potranno che stare insieme.
Sono destinati uno all'altra, cosa che succederà, infatti, alla fine del film.
Ma "Top Hat" è anche un film folle.
Sì, folle, perché la ricostruzione della città di Venezia che viene fatta raggiunge vertici di assurdità che raramente (o forse dovremmo dire mai più?) il cinema americano è stato in grado di toccare.
Una Venezia tutta bianca e paradisiaca, nella quale gondole infiocchettate sbucano nei canali inventati dalla spudorata vena artistica degli scenografi Van Nest Polglase e Carrol Clark.
Forse "Cappello a cilindro" è un film surreale suo malgrado.
E meno male che lo è.
Lo è per l'assurdità della storia, lo è per lo splendido ritmo, a volte frenetico, a volte sensualmente languido che (nonostante il rischio sempre dietro l'angolo, soprattutto nei musical) non cede mai alla noia o alla ripetizione.
Lo è per la fantasia smodata degli ambienti.
Lo è per la bravura soprannaturale dei due protagonisti.
Lo è per quella magica "sparatoria" in cui Jerry abbatte a uno a uno i ballerini schierati uno di fianco all'altro sul palcoscenico usando il suo bastone come un fucile di precisione.
Idee coreografiche meravigliose.
Meravigliosamente originali.
Fred Astaire, classe 1899, farà svariati film in coppia con Ginger Rogers, con la quale il sodalizio artistico sarà perfetto.
E la più alta perfezione di questo sodalizio viene raggiunta proprio in "Top Hat", nonostante i due abbiano dato anche altre splendide prove in film come "Seguendo la flotta", "Cerco il mio amore", "Voglio danzar con te", tanto per citare i più noti.
Ginger Rogers, classe 1911, balla per la prima volta con Fred Astaire nel 1933, in un bel duetto nel film "Carioca" e lì, proprio grazie a quella samba, nasce la coppia musicale del secolo, o forse dovremmo dire di tutti i tempi.
Il già citato Irvin Berlin e l'immenso George Gershwin fanno il resto: alla strepitosa bravura dei due interpreti regalano alcune fra le più belle musiche della storia del cinema.
Detto così sembra tutto facile.
E forse, per qualche aspetto, lo è.
Un periodo in cui il cinema sta nascendo, un terreno "artistico" fertile e pronto da seminare, un paese sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, l'entusiasmo creativo.
La prima ripresa cinematografica di tutti i tempi è del 1888, "Cappello a cilindro", tutto sommato, arriva poco dopo, e sono sorprendenti la genialità e la fantasia con cui Sandrich affronta un genere cinematografico, il musical, così giovane.
Quello che colpisce in "Cappello a cilindro" è la capacità di divertire, nel senso più profondo e assoluto del termine.
E sembra proprio che il divertimento, intelligente e raffinato, cui lo spettatore va incontro in questa pellicola sia, prima di tutto, quello di chi l'ha scritto, diretto, interpretato, musicato, montato, vestito e arredato.
E' il risultato di uno stato di grazia cinematografica.
E' un film freneticamente innovativo e follemente lieve.
Sconvolge la bravura dei due protagonisti, simboli indiscussi del musical americano, al quale, con questo film, hanno regalato l'eternità.
E a noi, di fronte al loro genio, la possibilità di canticchiare "Heaven... I'm in Heaven... !"


Toro scatenato



Titolo originale: Racing Bull

Paese: Stati Uniti d'America

Anno: 1980

Regia: Martin Scorsese

Cast: Robert De Niro, Joe Pesci, Cathy Moriarty

"Toro scatenato" racconta l'ascesa e il declino di Jake La Motta, peso medio dal carattere difficile.
Paranoico e violento, Jake raggiunge i vertici del mondo della boxe, ma la sua vita di eccessi e di mancanza di misura lo distruggeranno.
L'assurda gelosia nei confronti della moglie, Vickie, lo farà litigare definitivamente col fratello Joey, il quale, dopo una furiosa rissa lo abbandonerà per sempre.
Anche la moglie lo lascerà portandosi via i figli, e Jake si troverà a gestire un locale di cui è proprietario e dove si esibirà con patetici risultati.
L'accusa di sfruttamento della prostituzione sancirà per Jake La Motta la disfatta finale.


***


La danza di Jake La Motta nei titoli di testa di "Toro scatenato" è poesia.
La leggerezza con cui Scorsese ci racconta la vita violenta, dura, greve, brutale di quell'uomo è tutta lì, in quell'inizio.
Jake è un uomo fragile, nato per combattere.
Ed è un uomo solo.
E' solo all'inizio del film e lo sarà alla fine, quando, abbandonato da tutti, si ritroverà a parlare a uno specchio in un sudicio camerino illuminato dalla luce fioca di una lampadina.
"Io ero un combattente nato", dice Jake a quello specchio, e in quel momento proviamo una pena totale per quest'uomo che ha perso tutto e che ripete ossessivamente: "Sono il più forte, il più forte, il più forte, il più forte..."
La violenza e la grazia di De Niro in questo film sono in equilibrio dalla prima all'ultima inquadratura, e non è possibile stare né con lui né contro di lui.
E' un personaggio che sei costretto ad adorare e a detestare contemporaneamente, immedesimandoti nella sua brutalità e nella sua fragilità.
Commuove il garbo goffo e inesperto con cui Jake corteggia Vickie, la ragazza che diventerà sua moglie e spaventa la violenza con cui la picchia selvaggiamente credendosi tradito.
E fa soffrire il suo soffrire per la paura di non essere abbastanza bello, abbastanza amato, abbastanza tutto.
E' la storia di una continua ricerca di perfezione da parte dell'essere più imperfetto possibile.
Una rincorsa che non può che finire con l'incapacità di raggiungere la meta più ambita e più distante: la normalità.
Il più bel bianco e nero degli ultimi quarant'anni.
E il più bel montaggio, opera della grandissima Thelma Shoonmaker, che con questo film ha vinto un Oscar.
Pare che sia stato Robert De Niro a volere fortemente questo film, a vedersi perfetto in questo ruolo, e ha avuto ragione.
"Toro scatenato" è uno di quei casi cinematografici grazie a cui il cinema brilla di nuovo di mistero, e diventa immediatamente la culla dello star system, l'alveo della fabbrica delle stelle del cinema che nulla hanno da invidiare a John Wayne o a Bette Davis.
L'operazione "Toro scatenato" è stata la celebrazione di Robert de Niro come attore forse più che in tutte le altre pellicole che ha interpretato.
E stiamo pur sempre parlando del protagonista di Taxi driver, di Mean Street.
E non sono solo quei venti (chi dice addirittura trenta!) chili che l'attore ha dovuto fare suoi per assomigliare in tutto e per tutto a Jake La Motta, ad aver creato il grande protagonista di cui parliamo.
Ovviamente la stampa di tutto il mondo ha saccheggiato la trasformazione del grande attore con attenzione chirurgica, con voracità assoluta, ma questo era assolutamente prevedibile.
Anzi, sicuramente previsto.
Oltre a un sostanziale cambiamento fisico, De Niro ci regala una simbiosi talmente perfetta con la psicologia di La Motta che la sua metamorfosi è forte mentalmente quanto fisicamente.
E non sarebbe stato difficile per un attore soccombere sotto i colpi di una operazione (anche di marketing) così perfetta, così bella, così cannibale, così totale.
Invece De Niro guida, a sua volta guidato dal grande timoniere Scorsese, il suo personaggio per tutti i centotrenta minuti di film incatenandoci alla storia di quel pugile così forte e così bambino.
La crudeltà con cui Scorsese ci "infligge" i combattimenti di Jake ha il candore della vera opera d'arte.
Le gocce di sangue in dettaglio che vediamo scendere dalle corde del ring non fanno sconti alla nostra sofferenza.
Il suono sordo dei colpi che Jake dà e riceve nel corso della sua carriera di pugile è la vera colonna sonora di questa pellicola.
"Toro scatenato" è un film perfetto.
E' perfetto per la assoluta e ossessiva bellezza delle immagini e per la bravura di tutti gli attori che ne fanno parte.
Come non citare l'immensa figura di Joe Pesci, che interpreta il fratello di Jake?
Come non soffrire per quell'assurdo rapporto fra i due che, col passare degli anni, sembrano non parlare nemmeno più la stessa lingua?
Come non impazzire per il bellissimo e assurdo rapporto quasi animalesco che c'è fra Jake e Vickie, interpretata dalla perfetta Cathy Moriarty?
L'imbarazzo sexy che pervade i due nel corso del loro ingenuo e fortissimo corteggiamento è una lezione di seduzione al cinema, più di qualunque scena spinta o osé cui ci sia capitato di assistere sul grande schermo.
Il sesso trattenuto fra Jake e Vickie è la cifra dell'intesa che c'è fra i due.
Intesa che verrà distrutta nel corso della storia per colpa del mondo esterno e delle sue insopportabili ingerenze nella vita del protagonista.
Jake La Motta.
Un uomo senza misura, interpretato da un attore in cui la misura è tutto, e che il talento colloca fra i più grandi di tutti i tempi.

 

 

 

 

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