Nemo e i lupi delle colline

[Racconto di Giovanna Gra]

 



Prima parte



Madre Natura: Al centro della radura, nel cuore del bosco, c'è un curioso capannello. C'è una bambina, c'è un uovo, c'è un anello antico e alcuni animaletti.
Tutti dicono la loro, tutti osservano perplessi quel gioiello arcano.
Nulla, non c'è proprio nulla di magico nel bellissimo monile che luccica al dito della bambina, secondo l'uomo farfalla. Nulla che faccia pensare a un gingillo fatato, per lo meno.
L'uomo farfalla lo dichiara con enfasi per l'ennesima volta, poi si alza di scatto e comincia a sgranchirsi le gambe saltellando qua e là per la radura.
Frank Coccino non è così convinto, magari la bambina ne sa più di loro che, in fondo, sono solo l'uomo farfalla e il tizio coccinella.
In fondo, sogghigna lui, loro son sempre stati lì, in quella radura al centro del bosco. "Lei invece è arrivata con un uovo: più figo, più moderno, più easy!
Le cose cambiano perbacco!"

Nemo: "Certo che ne so più di tutti voi messi insieme! Sono storie, storie inventate per impressionare! Figuriamoci se quest'anello trovato in un uovo mi permetterebbe mai di parlare con gli animali... Che assurdità, ragazzi!"

Madre Natura: Il Bacca, altro tipico personaggio della radura, osserva la scena dall'alto. Penzolando dal suo filo, al sicuro nel suo bozzolo, guarda il mondo in altro modo e, forse, anche con diverso distacco.
E' lui a far notare che, in fondo, Nemo, l'anello ormai lo ha, perciò basterà attendere e vedere. Magari non succede niente e avrà ragione Nemo, tutto il bosco le darà ragione se avrà ragione. "Di questo non c'è ragione di dubitare", chiosa dal filo.
Coccino è irritato. Si complimenta per lo stupido scioglilingua con il Bacca e informa tutti che, comunque, in finale, c'è più di una ragione per dubitare.
Il baco chiede a Coccino se per caso la sua non sia paura. Insomma, se la bambina potesse parlare con gli animali, Frank avrebbe forse timore?
Coccino fa il sarcastico: e invece lui? Prendendolo in giro, chiama l'amico "Bacca coraggio".
Insomma, per farla breve, quell'anello sta spargendo un discreto nervosismo nel sottobosco.

Nemo (ride): "Ehi, ragazzi, è un anello mica il lupo nero! E sta bene, lo terrò e, se avrà veramente il potere di farmi parlare con gli animali e di vivere come uno di loro, lo sapremo presto. Ecco. E' molto bello... tanto, se è magico, non mi farà aspettare gio... giorni... ronf... ronf... zzzzzzz..."


Madre Natura: Curioso, vi pare? Poco dopo aver indossato l'anello Nemo si addormenta. Gli amici del sottobosco provano a chiamarla, ma nisba.
L'uomo farfalla è contrario: se uno dorme, bisogna lasciarlo dormire.
Coccino non è d'accordo, trova quel sonnellino piuttosto bislacco.
L'uomo farfalla, grattugiandosi la nuca, lo definisce un sonno strano, atavico e profondo, lontano mille anni.
Frank fa cenno al Bacca di tacere, ma in realtà sta cominciando ad aver paura.

Il Bacca non tace e sostiene che Nemo stia sognando l'avventura. E aggiunge che nessuno può sapere se, infilando quell'anello, stia varcando la soglia dell'incredibile.
E anche se molti nel sottobosco hanno detto la loro, nessuno ha notato che con quell'anello indosso Nemo intendeva, capiva e parlava già con un bozzolo, un uomo farfalla e un tizio coccinella.
Intanto, adesso, Nemo sogna... sogna... sogna...
E, chiudendo gli occhi...
Era il tramonto e, finalmente, Nemo li vide.
Trottavano lungo la cresta della collina in fila indiana.
I mantelli argentei brillavano al riverbero del naufragio del sole.
I loro corpi erano asciutti e i loro movimenti pieni di grazia e di armonia.
Si muovevano all'unisono, come se un antico pensiero d'oro li unisse impercettibilmente.
Qualcuno di loro, con le fauci spalancate, faceva scintillare le zanne.
Altri tenevano alta la coda come un affronto.
Altri ancora puntavano i loro nasi umidi verso il cielo, come a separare le nuvole.
I musi tesi verso l'alto fendevano l'aria, affilandosi nel vento.
I più magri e gli ultimi brucavano i refoli continuamente, ma senza mai perdere il passo.
Bastava un ciottolo, un ramo troppo chino, un verso dal bosco lontano, lontano. O un uccello in volo più prossimo, lì vicino, per metterli sull'avviso, in allarme, per gonfiare il pelo.
Da dove venivano e dove stavano andando?
E da quanto durava quella marcia armoniosa?
L'uomo Farfalla le aveva narrato di branchi capaci di percorrere distanze mai viste.
Ma lei come avrebbe potuto raggiungerli?
Sembravano creature ultraterrene, capaci di spiccare il volo all'improvviso. E, forse, un giorno, l'avrebbero fatto, pensava Nemo fra sé e sé mentre li osservava.
Camminava un po' preoccupata, seguendo le orme di quei lupi splendenti: era la sua prima missione con l'anello e già sentiva odore di fallimento. Non aveva l'idea, né la forza fisica sufficiente per tenere il passo di quelle meravigliose creature.
Poi, improvvisamente, oltrepassata una rupe, vide la fine della montagna che cadeva a strapiombo nel vuoto.
Guardò d'istinto verso il basso e si accorse di essere salita fino in cima senza difficoltà.
E poi, stupore degli stupori, aveva raggiunto la meta.
Lì, di fronte a lei, i lupi sedevano in circolo a due passi dal vuoto assoluto.
Le loro sagome smilze si stagliavano nel tramonto.
Oh, com'erano belli e fieri!
Nemo fissò l'anello incerta: avrebbe fatto il suo dovere? L'avrebbe protetta? L'avrebbe fatta apparire ai loro occhi come una lupa a tutti gli effetti? Poteva fidarsi?
In fondo aveva solo la parola di tre piccoli animaletti incontrati nel bosco...
E se si fosse trattato di una stupida superstizione?
E se i poteri di quell'anello fossero stati solo leggenda?
Una semplice storia fra le storie, come tante nel mondo degli animali, in bilico fra magia e fantasia?
Del resto, non aveva altra via per scoprire le sue origini, ergo, doveva fidarsi di quel prezioso anello e di Frank Coccino, del Bacca e dell'uomo farfalla.
Improvvisamente, qualcosa alle sue spalle la fece sussultare.
"Ciao!", le disse un lupetto arruffato che non doveva avere più di cinque mesi. Poi, facendosi vicino, le chiese chi fosse e da dove venisse, mordicchiandole un lembo del vestito.
Ma Nemo non ebbe il tempo di rispondere perché un altro giovanissimo e avvenente lupo apparve alle spalle del cucciolo.
Buffa l'imprecazione "per mille volpi senza coda", ma fu quella che l'aitante lupo usò per strillare il lupacchiotto. Gli disse che non lo poteva perdere di vista un'istante e che, come al solito, cento ne faceva e altrettante ne pensava.
Poi si accorse di lei. Salutandola, la fissò intensamente. Nemo si sentì lusingata e, allo stesso tempo, a disagio. Poi le chiese se era dei loro, perché non l'aveva proprio notata prima.

Nemo: "No, no. Non sono del vostro branco, ma... sto cercando il vostro capo. Io... io avrei... avrei bisogno di parlare con lui."

Madre Natura: Nemo era contenta di essere stata scambiata per una lupa: l'anello stava facendo il suo dovere.
Iota, aitante e giovane lupo, disse che il loro capobranco era a caccia da molte lune e che, per incontrarlo, la ragazza avrebbe dovuto attendere.

Nemo: "Allora sono in un bel pasticcio!"

Madre Natura: Nemo si adombrò, il lupo se ne accorse e le disse che, se voleva, poteva parlare con la compagna del capo, per intenderci, la femmina del branco.
Le disse che era lei a prendere tutte le decisioni quando lui non c'era. Quindi si offrì di accompagnarla e, con l'occasione, si presentò: si chiamava Iota, un nome che a Nemo piacque molto, e il lupetto era suo fratello Tao.
Insomma, a Nemo quel lupo piaceva un sacco. Dunque, l'anello era davvero magico! Ciò nonostante, metabolizzò, non senza una certa emozione, che poteva parlare con gli animali di tutte le specie e apparire ai loro occhi esattamente come una di loro.
Quei giovani lupi non avevano dubbi circa la sua identità.
Era incredibile, ma le cose stavano andando esattamente così.
Lungo il percorso, Tao, che era un po' mogio e trotterellava a una certa distanza, cominciò a prendere di petto suo fratello.
Aveva un modo di fare molto buffo e, forse, non del tutto amichevole.
Fissava Iota con un ghigno beffardo, gli tagliava la strada all'improvviso per spingerlo a spallate e, ridendo, gli posava una zampa sulla schiena.
Un gesto che faceva pensare a una sfida o, più amichevolmente, a un invito al gioco.
Ma Iota non voleva saperne di questa messa in scena e proseguiva risoluto per la sua strada.
Tao incominciò a lagnarsi, esattamente come avrebbe fatto il cucciolo di un uomo.
Rinfacciò al fratello che gli aveva promesso di fare la lotta e gli ricordò che ogni promessa era un debito.
Iota, occhi al cielo, aveva sospirato, ma si vedeva che era pazzo di suo fratello. Si dice che i rapporti affettivi fra i lupi siano solidissimi e inalienabili. Era vero. Alla fine, Iota tenne a bada il piccolo: ora avevano qualcos'altro da fare, accompagnare la giovane sconosciuta.
Tao riprese a brontolare, dopo aver cavalcato per diverse miglia.
Insomma, lui doveva combattere, affilare i denti da latte! E doveva anche imparare a ringhiare e mordicchiare un minimo... per cento code!
Iota gli propose di riprendere a ululare. Disse che, l'ultima volta che l'aveva fatto, Tao gli era parso molto stonato e che qualcuno, a valle, lo aveva scambiato per una mucca.
Tao, offeso, mise il broncio. Si lagnò che non aveva lo spartito, dichiarazione che fece sbellicare dalle risate sia Nemo che suo fratello, e poi... non gli andava di ululare. Voleva lottare, lui!
Ma suo fratello non intendeva assecondarlo.
Doveva imparare, prima o poi. Cosa avrebbe fatto se il grande lupo l'avesse mandato a ululare alla Luna?
Ma Tao non si fece sorprendere e disse che, in quel caso, avrebbe detto la verità.
Stupito, Iota gli chiese quale fosse.
Tao si sedette su un sasso e, serissimo, disse al fratello che la verità era che, alla Luna, lui, non aveva niente da dire.
Ma Iota conosceva il suo pollo e non si fece impressionare. Osservò che, secondo lui, non aveva niente da dire alla Luna perché aveva paura di essere stonato.
Seguì un lungo tira e molla: "Non è vero!" "Sì che è vero!" "No, che non è vero!"
Tipica lite fra fratelli di branco.


... fine prima parte.

 

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