Atene 1896




[Racconto di Paola Manoni]


ascolta l'audioracconto[ascolta l'audioracconto]
durata 20 minuti




Il sogno del padre Henri Didon era riportare nella coscienza dell'uomo moderno i valori della cultura classica.

Il raffinato pensiero del domenicano, spirito libero e innovativo del suo tempo, si rifaceva a un'esperienza collegiale, maturata nel seminario di Rondeau, paesino vicino Grenoble.

Nel bisestile anno 1832, si dava inizio nel collegio a una tradizione studentesca: le olimpiadi degli studenti, organizzate pensando al cerimoniale antico, con distribuzione di premi e medaglie, cerimonia di apertura e di chiusura e soprattutto con periodicità fissata a ogni anno bisestile.

Il quadriennio olimpico, come misura di tempo, tornava in auge.

Si trattava del primo programma stabile di disputa tra atleti, per disciplina e per puro spirito di agone: dove la gara sportiva è misura di virtù.

La Passeggiata Olimpica, così si chiamava, veniva svolta il 29 di febbraio e dedicata al divino Apollo e alla saggezza di Minerva.

Il giovane Didon fu uno dei partecipanti, uno dei vincitori, uno dei futuri amici e consiglieri del barone De Coubertin, ideatore e creatore delle olimpiadi moderne.

I Giochi antichi si erano svolti per la prima volta a Olimpia nel 776 a.C. ed erano riservati agli atleti maschi che avessero antenati greci.

E dopo circa mille anni, con l'Editto dell'imperatore Teodosio I, vennero banditi in quanto espressione di fasto pagano.

Era il 393 e lungo i circa millecinquecento anni che separano i Giochi antichi da quelli moderni, il desiderio della sfida agonistica ebbe solo qualche sporadica manifestazione.

Ad esempio gli olympic games dello sportivo avvocato inglese Robert Dover che nel 1612 inaugurò una gara di atletica che in seguito solo saltuariamente venne disputata.

Ma si dovette attendere la suggestione della scoperta archeologica tedesca dell'antica città di Olimpia (tra il 1875 e il 1881) per far sognare il ripristino della tradizione.

E come ogni evento significativo, nella sua causa vi è sempre la cospirazione di più idee, di spinte diverse, di una congiuntura di circostanze che concorrono assieme.

Da un lato la storia greca che riemerse dagli scavi, dall'altro la sconfitta francese nella guerra franco-prussiana.

Due fenomeni assai lontani tra di loro.

E ancora, l'amicizia del De Coubertin con il ribelle atleta domenicano Didon.

Quale il nesso tra i primi due elementi: Olimpia e la sconfitta francese del 1871?

Pierre de Frédy, barone Coubertin era ancora un bambino durante il conflitto tra Francia e Germania.

Ma da adulto divenne storico e pedagogista e, per spiegare le cause della grande sconfitta francese, ipotizzò che il fallimento dell'esercito dipendesse dalla sua inadeguata preparazione fisica.

Il facoltoso barone ebbe modo di visitare scuole e università, inglesi e americane.

L'istruzione angloamericana che dava risalto alla pratica sportiva consolidò l'opinione del De Coubertin circa l'importanza nazionale dell'educazione fisica all'interno dei programmi didattici.

Il barone mosse la sua influenza politica e culturale per realizzare la sua idea.

"Ho deciso", disse dopo aver tentato di affermarsi in campo militare, "di cambiare la mia carriera, allo scopo di legare il mio nome a una estesa riforma pedagogica."

Si convinse che l'aspetto più importante per una società fosse l'educazione e trasformò in azione il pensiero di importare il modello angloamericano della pratica sportiva nella società francese.

In particolare, era rimasto impressionato dai Giochi inglesi di Munch Wendloch che vedevano le dispute di atletica leggera con una larga partecipazione di pubblico.

L'evento era inoltre solennemente organizzato con un cerimoniale, con accento rivolto alla Grecia antica.

In quegli anni il barone lavorò alacremente per organizzare un associazionismo sportivo di respiro internazionale.

E attese il 1894 per consolidare il suo intervento, quando cioè nell'anfiteatro della Sorbona di Parigi, l'Unione delle Società Sportive Francesi (USFSA), di cui il barone era il segretario, organizzò il Congresso internazionale di atletica.

All'ordine del giorno vi erano due temi: il confronto tra il dilettantismo e il professionismo nello sport così come la fondazione dei Giochi olimpici.

Commissario generale dell'evento era sempre lo stesso De Coubertin il cui successo culminò nella fondazione di una Commissione internazionale per la rinascita dei Giochi olimpici, con il consenso dei delegati internazionali e l'appoggio - ironia della sorte - del tedesco Dietrich Quanz.

Il congresso vide la nascita di un vocabolo per un concetto nuovo: l'olimpismo.

L'insieme degli ideali che si ispirano a delle norme che regolano l'organizzazione e lo svolgimento delle olimpiadi moderne.

Il proposito iniziale era quello di far coincidere le prime olimpiadi moderne con l'esposizione universale a Parigi, nel 1900.

Poi prevalse l'idea di ricominciare dalle origini e destinare la seconda edizione dei Giochi, 4 anni dopo, alla capitale francese.

L'antica Grecia era stata la culla dei Giochi olimpici e di conseguenza l'edizione moderna sarebbe ripartita da lì e in un tempo che non avrebbe atteso il passaggio al ventesimo secolo.

Solo due anni dopo si tennero ad Atene:

I PRIMI GIOCHI OLIMPICI MODERNI.



Veniamo ora alla probabile eminenza grigia di De Coubertin.

L'autorevole amico, Henri Didon, che era cresciuto con un'idea olimpica, nel piccolo ambiente di Rondeau dove si continuò la tradizione locale delle gare quadriennali fino al 1906.

Spettò al domenicano il compito di trovare il motto che esprimesse lo spirito olimpico dei primi Giochi ateniesi.

E il Didon rispose coniando una sentenza latina 'CITIUS, ALTIUS, FORTIUS'.

Le tre parole-chiave che accompagnarono la prima Olimpiade della storia così come le successive, fino ai nostri giorni.

Il 6 aprile (25 marzo secondo il Calendario Giuliano) del 1896 (lunedì dell'Angelo e anniversario dell'indipendenza greca) alle ore 15.30 allo stadio Panathinaiko di Atene si diede inizio alla cerimonia di apertura.

La città era adornata a festa, con bandiere colorate, fiori e striscioni recanti le lettere OA - Olimpiadi ateniesi - e le date 776-1896 (rispettivamente gli anni dei primi Giochi: antichi e moderni).

Allo stadio erano presenti circa 80 mila spettatori.

Dopo un discorso introduttivo del principe Costantino (presidente del comitato organizzatore) fu il turno del re.

Il ruolo del padrone di casa spettava a Giorgio I che aprì ufficialmente i Giochi con le seguenti parole:

"Dichiaro aperti i primi Giochi olimpici internazionali di Atene.

Lunga vita alla Nazione, lunga vita al popolo greco."

Tuttavia il vero protagonista fu Costantino, il quale cercò i fondi necessari all'organizzazione dei Giochi.

La Grecia infatti era in piena crisi economica e politica.

Il governo Trikoupis non riuscì a stanziare i finanziamenti statali previsti, sicché furono i fondi dei connazionali ad aiutare Costantino nella ricerca dei soldi, raccogliendo circa 330 mila dracme (una vera fortuna per quel tempo).

Unitamente alla vendita di una serie speciale di francobolli che fruttò altre 400 mila dracme con cui si riuscì a far quadrare i conti, oltre alle 200 mila dracme guadagnate con la vendita dei biglietti.

Il primo regolamento sancì la presenza esclusiva di atleti dilettanti, escludendo completamente i professionisti.

Si trattava, ancora una volta, di atleti maschi, avendo escluso le donne da qualunque competizione in gara.

Le nazioni partecipanti furono 14: Australia, Austria, Bulgaria, Cile, Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Italia, Regno Unito, Svezia, Svizzera, Stati Uniti.

E 9 gli sport in programma: atletica, ciclismo, ginnastica, lotta, nuoto, tennis, tiro, scherma e sollevamento pesi.

Si svolsero 43 gare con la partecipazione di 241 atleti, tutti dilettanti, secondo il regolamento di gara.

Tra questi, il grande escluso fu il maratoneta Carlo Airoldi, il quale non venne accettato perché considerato professionista.

Ma la sua storia ebbe dell'incredibile.

Airoldi, saputo che l'Italia non avrebbe partecipato con una squadra nazionale (l'unico a partecipare a titolo personale fu per il tiro a segno Giuseppe Rivabella), partì a piedi da Milano.

Percorse decine e decine di chilometri al giorno, per arrivare ad Atene in tempo per iscriversi alla maratona, gara istituita seguendo la leggenda di Fidippide.

Ma il Comitato olimpico non lo ammise per via del compenso di 15 lire, ricevuto per la vittoria della gara Torino-Marsiglia-Barcellona (1500 chilometri) dell'anno precedente.

La partecipazione di Airoldi sarebbe stata una sicura medaglia poiché il suo record personale sui 40 km (la distanza stabilita per la maratona olimpica) era di due ore e 40 minuti, contro quello del vincitore, il greco Spyridion (Spiridon Louis) che impiegò due ore e 58 minuti.

Il giovane atleta greco, dopo la medaglia d'oro ritornò nel suo villaggio di Maroussi con un cavallo e un carretto regalati dal re e qui continuò la sua vita normale, la sua attività di pastore e di agricoltore, prima di diventare poliziotto.

Mentre l'Airoldi, deluso, tornò amaramente a casa.

Le gare di atletica ebbero la maggiore rilevanza internazionale.

Vi presero parte 63 atleti provenienti da dieci nazioni ma non furono stabiliti primati mondiali.

Oltre alla vittoria di Spyridion, si ricordano le medaglie d'oro degli 800 e 1500 dell'australiano Edwin Teddy Flack e dei 100 e 400 dello statunitense Thomas Burke.

Globalmente, sulle dodici discipline dell'atletica disputate, la squadra statunitense vinse diciassette medaglie (nove d'oro, cinque d'argento e tre di bronzo).



Ciclismo

Il regolamento delle gare di ciclismo fu ereditato dall'Unione ciclistica internazionale.

Le gare su pista si svolsero al velodromo - costruito in occasione dei Giochi - mentre su strada si ebbe solamente una gara: 87 chilometri, Atene-Maratona e ritorno.

Questa fu vinta da Aristidis Konstantinidis in 3 ore 22 minuti e 31 secondi.

Su pista furono invece i francesi i protagonisti, con Paul Masson che vinse i 2000 metri, la 10 chilometri e la cronometro, e con Léon Flameng che vinse i 100 chilometri (nonostante una caduta).

I due francesi ebbero in totale sei medaglie, di cui quattro d'oro, su un totale di diciannove partecipanti e sei gare.



Ginnastica

Presso lo stadio Panathinaiko si svolsero anche le gare di ginnastica, svolte da 71 atleti di cui 52 di nazionalità greca.

Otto gare: trave, parallele, volteggio, anelli, cavallo, fune, trave a squadre e parallele a squadre.

Fu la Germania a vincere cinque degli otto eventi olimpici.

Vi partecipò con undici atleti, provenienti per lo più da società ginniche berlinesi.

Hermann Weingärtner nella trave, Alfred Flatow nelle parallele, Carl Schumann nel volteggio oltre alle due vittorie di squadra (trave e parallele).



Lotta

La lotta greco-romana, disputata nello stadio, vide un solo evento.

Non vi erano classificazioni in base al peso dei lottatori e nella disputa non era previsto un limite di tempo.

In realtà, tre dei cinque atleti che vi presero parte provenivano da altre discipline.

Solamente i due atleti greci iscritti alla gara erano specialisti di lotta e per questo le aspettative del pubblico ellenico erano alte.

Tuttavia vinse la gara il tedesco Schumann, già medaglia d'oro nel volteggio.



Nuoto

Le gare di nuoto furono svolte l'11 aprile nella baia di Zea, non lontano dal Pireo.

A causa delle finanze ridotte il comitato organizzatore non ritenne opportuno costruire una piscina olimpionica sicché le competizioni di nuoto si svolsero in mare aperto, in una giornata fredda e ventosa.

Il pubblico che si recò nella baia fu numeroso: alle gare dei diciannove nuotatori assistettero 20 mila spettatori.

Si svolsero quattro specialità in stile libero: 100, 500, 1200 metri, oltre a una gara dei 100 metri riservata ai marinai della marina militare greca - scelta che non riscosse molto consenso nel pubblico e presso la stampa internazionale.

Alfréd Hajos, diciassettenne ungherese, vinse le gare dei 100 e 1200 metri.

L'austriaco Paul Neumann vinse la gara dei 500 mentre il greco Ioannis Malokinis la gara dei marinai.

I partecipanti ellenici vinsero un totale di sette medaglie, di cui un oro.

Ma il miglior risultato lo ebbe comunque l'atleta ungherese vincendo due gare.



Scherma

La scherma costituì un'eccezione nel regolamento olimpico, ammettendo la presenza di professionisti nelle gare di fioretto.

Le vittorie andarono tra Francia e Grecia, precisamente a Eugène Henri Gravelotte per il fioretto (battendo in finale il connazionale Henri Callot) e Iohannis Georgiadis, Leonidas Pyrgos rispettivamente per la sciabola e il fioretto professionista.

Le gare si disputarono presso lo Zappeion, costruito ad hoc per l'evento, per volere del filantropo Evangelis Zappas.



Sollevamento pesi

Le gare di sollevamento pesi si tennero nello stadio Panathinaiko e non prevedevano una classificazione per peso degli atleti.

Vi presero parte 7 partecipanti, due dei quali si contesero la medaglia d'oro:

Launceston Elliot, di origine scozzese, e il danese Viggo Jensen.

Nella prova di sollevamento a due mani, furono in grado di sollevare il medesimo peso (111,5 Kg).

La giuria, con a capo il re Giorgio I, decretò che Jensen avesse un miglior stile e lo elesse vincitore.

Vista la soggettività della valutazione, gli inglesi protestarono sicché venne stabilito un ulteriore tentativo che però nessuno dei due atleti fu in grado di compiere e la vittoria venne confermata al danese.



Tennis

Il tennis, svolto sui campi erbosi del Tennis Club di Atene e presso campi sportivi del velodromo, si disputò tra l'8 e l'11 aprile.
John Pius Boland vinse il torneo singolare.

Si racconta che il primo turno lo giocò con le scarpe di cuoio poiché pensò di partecipare alle Olimpiadi solo come spettatore e dunque fu per lui del tutto inaspettata la gara.

Fu l'amico greco Konstantinos Manos a iscriverlo alla competizione e arrivò in finale battendo Dionysios Kasdaglis.

Organizzarono poi un doppio composto da squadre appartenenti a nazioni diverse (il regolamento lo consentiva), sicché Boland e Friedrich Traun (di Amburgo) batterono Dimitrios Petrokokkinis e il Kadaglis.



Tiro a segno

Il tiro a segno si svolse nel poligono di Kallithea e vide cinque competizioni tra rivoltella (tre) e carabina (due).

La prima specialità fu vinta da due fratelli, militari dell'esercito statunitense (John e Summer Paine), mentre la seconda dal greco Pantelis Karasevdas.

La domenica 12 aprile Giorgio I invitò a un banchetto di ringraziamento gli atleti e gli organizzatori; poi la chiusura ufficiale, il mercoledì 15, vide la consegna dei premi ai vincitori e un giro di onore degli atleti insigniti di medaglia.

Alla sfilata Spyridion raccolse fiori e un ombrello parasole lanciati per lui dagli ammiratori.

Poi il re, dopo la recitazione di versi in greco antico inneggianti i vincitori, dichiarò formalmente chiusi i primi Giochi internazionali.



Nonostante il desiderio del re di mantenere Atene come sede stabile dei Giochi olimpici, De Coubertin e il Comitato internazionale furono contrari e restarono fedeli all'idea originaria di assegnare ai Giochi una sede sempre diversa.

L'internazionalità dell'olimpismo, secondo l'idea di De Coubertin, sarà poi rappresentata dalla bandiera dei cinque cerchi olimpici concatenati (per indicare l'universalità dello spirito olimpico) e di diverso colore, volendo simbolizzare ciascuno un continente terrestre, quale scelta dei colori presenti nelle diverse bandiere del mondo.

Più volgarmente, si pensa che l'abbinamento dei colori provenga dalle seguenti associazioni:

Azzurro all'Oceania, per via dell'oceano che la circonda.

Giallo all'Asia, per via della sfumatura di pelle della maggior parte dei suoi abitanti.

Nero all'Africa, per via della pigmentazione della pelle della maggior parte dei suoi abitanti.

Verde all'Europa, per via delle foreste dell'Europa centrale, le steppe del nord Europa e la macchia mediterranea.

Rosso all'America, per via dei pellerossa, delle rocce che si tingono di rosso nei tramonti infuocati e dell'australe Terra del Fuoco.

Ma tale associazione è ufficialmente smentita dal Comitato internazionale olimpico.

 

 

 

 

 Torna al Menu' Racconto  Torna al sommario