Due rubriche famose

[Racconto di Paola Manoni]


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durata 16 minuti


L'almanacco è un nome dall'origine araba.
Viene da al-manakh che vuol dire lunario, calendario.
La parola, anche in italiano, rimanda a un concetto antico e ha significato di libro che registra le indicazioni meteorologiche, astronomiche per ogni giorno dell'anno.
Sicché suoi sinonimi sono calendario, lunario, effemeride.
La sua evidenza simbolica è quella del tempo che si ripiega su sé stesso, l'eterno ritorno dal cui cerchio sfugge la tangente di un asse temporale: la durata cioè il tempo esperito, tra la nascita e la morte, tra il passato e il futuro... concezione del tempo verticale.
"Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi. Bisognano, signore, almanacchi?", strillava il venditore del famoso dialogo di Leopardi.
"Almanacchi per l'anno nuovo?", chiedeva il passante e da questo scambio di domande scaturiva una conversazione paradossale, tra il venditore e il passante, circa la felicità dell'anno venturo e l'impossibilità nel trovare per questo auspicio un paragone di un anno vissuto, come a dimostrare che la felicità non la si può vivere poiché non è in noi ma soltanto avanti a noi...
Al di là della misura leopardiana, ritornando sull'affascinante realtà dell'almanacco, esso è di per sé uno strumento che enuncia e regola uno dei più basilari patti sociali: la condivisione della convenzione assegnata al tempo e il suo dispiegarsi nella storia.
E allora, un almanacco racconta di eventi astronomici dell'anno, di eventi, di costumi così come di fatti periodici.
Ma ciò che è periodico, ha nella tradizione della parola scritta un valore particolare, il cui significato si associa al termine: rubrica.
Tale nome deriva dall'antica arte libraria ed era la terra rossa con cui si scrivevano i titoli, le segnature, i richiami del testo dell'opera.
Da questo, più modernamente e per estensione, il concetto di rubrica quale struttura ricorrente.
Lo si ritrova per designare sezioni di giornali, pubblicazioni periodiche o di programmi radiofonici e televisivi destinate alla trattazione di un argomento che si presenta, in un tempo ciclico, attraverso diverse uscite o puntate.
Se poi una rubrica è dedicata al tempo ecco allora che si realizza un evento ciclico al quadrato!
In altre parole: stiamo prendendo ad esempio la famosa rubrica RAI:

L'Almanacco del giorno dopo.

La mitica trasmissione iniziava nella metà degli anni Settanta, precisamente nel 1976, ancora in bianco e nero e poi nell'anno seguente proseguiva a colori.
Per undici anni il programma venne condotto da Paola Perissi la quale venne poi affiancata, nel 1987, dall'annunciatrice Peppi Franzelin.
Il focus del programma era dunque il tempo e si svolgeva quotidianamente in un breve spazio, a partire dalle 19.35 su RAI1: era l'appuntamento abituale per milioni di italiani, prima del telegiornale della sera.
La trasmissione aveva una struttura fissa, ben delineata.
In primis veniva annunciato, per l'indomani, l'orario dell'alba e del tramonto sia del sole che della luna.
Poi si passava al Santo del giorno, con un breve servizio agiografico, corredato da immagini.
La scelta iconografica era piuttosto colta poiché da sfondo vi erano le incisioni seicentesche di Jacques Callot.
L'asse portante del programma era costituito dal segmento informativo Domani avvenne che trattava, con documentazione di testi, immagini o filmati, un fatto del giorno avvenuto nell'arco temporale della storia.
A seguire vi era una sotto-rubrica che si alternava periodicamente e che rendeva ancor più marcato il senso del tempo ciclico, espresso dall'Almanacco.
Le prime sezioni proposte furono:

La cucina, Le Erbe, Fatelo Da Voi, Le piante e i fiori.
La prima era curata da Vincenzo Buonassisi il quale, da valente giornalista, riuscì a rendere spettacolare l'informazione enogastronomica come il semplice dettame di una ricetta di cucina.

Le Erbe, Le piante e i fiori e poi più recentemente la Saggezza dagli antichi erbari di Salvatore Pezzella conferivano un sapere agreste consolidato dalla determinazione del tempo scandito dal passo delle semine, delle mietiture e dei raccolti. La magia del tempo vegetale come essenza del calendario...
Altre rubriche famose furono:

Dalla parte degli animali di Danilo Mainardi: il grande etologo intratteneva il pubblico con la storia e il comportamento di un animale, per ciascuna puntata, e in ciò esprimendo profondamente la sua attitudine di divulgatore scientifico oltre che di professore di ecologia comportamentale all'Università di Venezia.

Conosciamo l'italiano? era invece l'istruttiva rubrica del giornalista e scrittore Cesare Marchi, autore del famoso libro Impariamo l'italiano.

Questa rubrica era legata a una didattica divertente, fatta di battute, aneddoti, calembour.
Famosa la battuta:

"Se uno scrivesse regno monarchico, acqua idraulica, ghiaccio gelato, fuoco igneo, passerebbe per matto. Chi dice repubblica democratica popolare, no."

Effetto Terra condotta dal giornalista e biologo Luigi Bignami sui segreti del Pianeta e del tempo geologico;

Le buone maniere di ieri e di oggi condotta da Giovanni Nuvoletti sul costume e il galateo;

La fiera delle vanità di Diego Dalla Palma, truccatore e costumista che intratteneva il pubblico sui segreti della bellezza, per lo più in chiave femminile.

Le pietre raccontano con la partecipazione del professor Sabatino Moscati (esperto delle civiltà dell'Antico Mediterraneo) era una rubrica dedicata alla disciplina del tempo per eccellenza: l'archeologia.


La cadenza di questi inserti tematici era settimanale sebbene nelle edizioni del 1991 questa si fece molto oscillante, creando una certa confusione nel palinsesto.
In coda al programma vi era poi una massima del giorno: citazione famosa o proverbio o sentenza di saggezza popolare, letta dai conduttori del programma.
Veniva infine inquadrato un disegno allegorico del Tempo, che con il suo scorrere inesorabile, faceva "finire la commedia" (come scritto nella bandiera facente parte dell'allegoria), con una sigla musicale di sottofondo, simile a quella iniziale del programma.
Uno degli aspetti più tipici dell'Almanacco fu proprio la scelta musicale.
Si trattava di un breve brano melodico: la Chanson Balladée composta dal maestro Antonio Riccardo Luciani, titolo da non confondere con le originarie composizioni trecentesche di Guillaume de Machault, che in tal modo chiamava il suo comporre di virelai.
Ma al sonoro della sigla corrispondeva anche un contenuto visivo e animato, realizzato dalla rotazione di un prisma a dodici facce, simboleggiante i dodici mesi.
Infatti, su ciascun lato del prisma rotante vi era la rappresentazione allegorica del tempo annuale, tratta dall'antica acquaforte di Giuseppe Maria Mitelli, incisore e stampatore bolognese del XVII secolo.
I quadri del Mitelli rappresentano i seguenti mesi:

gennaio: un uomo che trasporta due secchi da cui fuoriesce dell'acqua;

febbraio: un uomo mascherato che ha in mano dei pesci;

marzo: un uomo magro vestito di stracci che ha in una mano un cesto di verdure, nell'altra rami di una pianta, sostenendo un vessillo inneggiante Bologna (città dell'incisore);

aprile: un uomo con una pala. Indossa un cappello piumato e segue una mucca;

maggio: una giovane donna di tre quarti, con in mano un tamburello e altri strumenti per fare musica;

giugno: un pescatore con una retina e una granseola;



luglio: un contadino che trasporta un fascio di grano;

agosto: un uomo in atto di bere;

settembre: un uomo in atto di gustare dell'uva;

ottobre: un uomo mentre sta per schiacciare uno scorpione che l'ha punto;

novembre: un uomo che taglia la legna;

dicembre: un uomo con le ali, rappresentazione del tempo che tiene in una mano una clessidra e con l'altra trascina via un anziano (simbolizzazione del vecchio anno).
Anche le sezioni interne avevano una brevissima sigla introduttiva, realizzata con raffigurazioni, sempre tratte dalle opere del Mitelli, come ad esempio i particolari di un cromorno, di una meridiana dell'alloro raccolti dal concetto espresso nell'iscrizione: LE VENTIQVATTR' HORE DELL' HVMANA FELICITA'.
Per fare ancora qualche altro esempio delle sigle grafiche delle sotto-rubriche:

Dalla parte degli animali: aveva uno stambecco di profilo mentre solleva un carretto pieno di attrezzi di lavoro, sullo sfondo di un paesaggio composto da alberi e da fiori;

Le pietre raccontano: aveva un personaggio di spalle con un martello, nell'atto di rompere una statua, con il motto: E' BVON DA DISFARLA, MA NON DA FARLA;

Le buone maniere, ieri e oggi: aveva un banchetto di persone che eseguono le buone maniere a tavola;

Effetto terra: aveva un grande globo, frantumato con tanti disegni.

Infine La fiera delle vanità: aveva una giovane donna disegnata di tre quarti, davanti a uno specchio mentre su un lato è raffigurato un pavone.

La struttura del programma, ideato e curato da Giorgio Ponti, rimase invariata fino all'inizio del 1992.
A seguito delle richieste dei telespettatori l'Almanacco fu reintegrato nel palinsesto della RAI e riproposto nel quiz di Gigi Sabani dal titolo "Ci siamo?".
Il tempo dell'Almanacco sembra tuttavia non esaurirsi poiché lo si vede scomparire e poi ricomparire sotto altra veste, fino all'agosto 2009, come proposta di fascia notturna di RAI2.
Per non parlare poi della sua parodia, trasmessa su RAI3 dal novembre 2010, con l'Almanacco di Gene Gnocco, rivisitazione comica dello storico Almanacco RAI.
Per concludere ricordiamo brevemente un'altra rubrica, di tutt'altra natura ma che, sempre a titolo esemplificativo, rappresenta il successo dei programmi tematici e periodici.

Odeon: tutto quanto fa spettacolo.

Si trattava di un rotocalco RAI, appendice del TG2 del mercoledì sera, in prima serata, ideato dai giornalisti Brando Giordani e Emilio Ravel.
Il programma ebbe uno straordinario successo di pubblico e, come recitava il suo motto, esso realizzava il "Fare informazione sullo spettacolo facendo spettacolo", trattando di volta in volta un'antologia di servizi dal mondo e di attualità.
Anche questa rubrica passa alla storia per la sua sigla, tanto grafica quanto musicale.
Le foto d'epoca, colorate con disegni grafici sovrapposti e la tipica cascata di stelle erano accompagnate dal motivo Ragtime Honky Tonk Train Blues della rock star Keith Emerson.
Emerson si riconfermava con altre esibizioni come Maple Leaf Rag di Scott Joplin.
Odeon costituiva un programma di rottura che non si conformava al mondo televisivo castigato del suo tempo poiché si apriva a una concezione molto più liberal.
Una serata che fece scalpore fu ad esempio la puntata sullo striptease Crazy Horse del locale di Parigi, con molte inquadrature di nudo femminile.

 

 

 

 

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