Un palla di pelo e cuore
(da una storia vera)




[Racconto di Giovanna Gra]


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durata 32 minuti




E' una splendida mattina di metà Giugno.

Gli uccelli gorgheggiano in gruppo, e io, l'atletico Slalom, così ho scoperto che mi si chiama nel quartiere, sono in passeggiata al fianco di Susanna, la mia coraggiosa e fantastica compagna di vita e sentieri.

Oggi sono particolarmente allegro perché ho assistito a una sua telefonata con una vecchia amica di Verona, Luciana.
Anche Luciana è non vedente ed è un'affermata giornalista.
Chiacchierava amabilmente con Susy pensando ai giorni in cui, attanagliata dai dubbi, non voleva decidersi a abbandonare il bastone bianco in favore di un giovane golden di nome Ugo.

Ugo era ed è (Susanna, quando ancora non lo conoscevo, mi ha mostrato entusiasta la foto con relativa descrizione) un golden un po' sui generis.

Ricordo che allora, vedendo la mia espressione perplessa, Susy aveva colto al volo il mio pensiero.
"Ehi, Slalom... scommetto che ti ricorda qualcuno."
Avevo scodinzolato annuendo.
Ma certo che mi ricordava qualcuno!
Era la copia esatta di Gigi Randall!

"Stai pensando a Gigi, vero?"
Un arf entusiasta aveva confermato la sua intuizione.
A voi, forse, il nome Gigi Randall non dirà granché, ma vi garantisco che per la vita mia e di Susy, e per molte altre coppie come noi, Gigi è una certezza.

Se non ci fosse dovrebbero inventarlo.
Ma, per fortuna, c'è.

E siccome io sono uno che per forma mentis sospetta delle coincidenze, penso che Ugo e la sua strabiliante somiglianza con Gigi siano l'occasione per iniziare ad affrontare il patrimonio che il grande Randall ci ha lasciato.
Dunque, prossimamente intendo parlarvene... oppure subito?
Meglio subito?
Accidenti, sto facendolo slalom anche fra i miei pensieri...

Vabbè, procediamo con ordine.

Innanzitutto, Gigi, come Ugo, non è proprio racé, perché è color biscotto e non color panino, come dovrebbero essere tutti i golden.

E' un tipo dall'aria sempre stupita e dal muso allegro, con lunghi ciuffi biondi che lo fanno apparire più giovane della sua età.
In quasi tutte le foto postate su di lui, ha l'aria provvisoria di un cucciolo reduce da una lunga corsa sfrenata.
Occhi d'oro e naso color corteccia di pino selvatico, denti candidi e molti peli superflui, fanno sembrare sia Gigi che Ugo dei debuttanti, di quelli che hanno appena finito il tirocinio con i puppy walkers e non vedono l'ora di cavalcare la strada.

Come?
Cosa sono i puppy walkers?

Beh, amici, puppy walkers sono chiamate le famiglie disposte a ospitare un giovanissimo cane destinato a diventare cane guida.
Sono quelli della fase uno.
Quelli che devono provvedere al tuo equilibrio mentale e cercare il più possibile di farti avere un'infanzia tranquilla e priva di shock, per non compromettere il tuo futuro da futuro cane guida.

Penso di avervelo già accennato (anche se molto tempo fa) quanto sia importante l'infanzia per noi cani guida.
Ed è bene che sappiate che qualunque esemplare della mia specie, incomincia a essere considerato una persona seria dopo un anno di età.
Prima, è inutile tentare d'insegnarci i vari a terra, seduto, sitdown, eccetera, eccetera.
Eh, sì, siamo spiacenti signori, ma dalle nostre parti la testa non è proprio disponibile prima del tredicesimo mese.
Entro l'anno, noi, si pensa solo a giocare.
Tutto quello che ci capita intorno ci sembra, al massimo, un gran divertimento e non sono ammesse elucubrazioni.
Quindi, bisogna attendere!

Ora, per andare a ritroso nella nostra storia e per concentrarci su Ugo, dobbiamo dire che il nostro golden biscotto aveva superato brillantemente tutti i vari step che un serio cane guida che si rispetti deve affrontare, e l'esperienza con i suoi puppy walkers era già molto lontana.

Luciana, l'amica di Susy, era andata a conoscerlo e aveva trascorso con lui una bella settimana nel centro di addestramento dove avevano testato in ogni modo il livello di compatibilità fra cane e padrona.
Quindi, erano stati scelti, accoppiati e licenziati a pieni voti.


Luciana, però, era un po' spaventata all'idea di accogliere Ugo dentro casa, perché temeva di affezionarsi troppo.
"Non riuscirei a consolarmi se gli dovesse succedere qualcosa...", diceva preoccupata a Susy.
"Perché dovrebbe succedergli qualcosa!?", aveva chiesto lei di rimando.
Luciana era così.
Sempre apprensiva, sensibile e preoccupata.

Diciamoci la verità, a volte era anche un po' depressa...

"... Perché sei sempre troppo sola!", la rimproverava affettuosamente, ma decisamente, Susy.
"E' per questo che contesto l'uso che fai del bastone.
Perché il bastone, con persone timide e schive come te, non aiuta a socializzare."
"Ma cosa dici?", cercava di ribattere debolmente Luciana.
Susy insisteva:
"E' così, credimi.
Non sai quanto sia cambiata la mia vita da che è arrivato Slalom."
"Figurati, cambiata...", insisteva l'altra scettica.
"Certo, cambiata!", ribadiva Susanna agguerrita.
"Intanto sono costretta a uscire per portarlo fuori a fare la pipì e, detto fra noi, questo giova anche alla linea.
E poi ho scoperto che c'è tanta gente che ama i cani, gente con cui posso condividere delle esperienze."

Ad ogni modo, in barba alle preoccupazioni di Luciana, Ugo era entrato in casa sua e, in breve, aveva avuto la situazione, come dire... in punta di coda.
Cioè, insomma, aveva il polso, cioè, la zampa della situazione.

Luciana, come previsto da Susy, nel giro di pochi giorni si era invaghita a tal punto del suo amico a quattro zampe che non la si trovava più a casa.
Quando la si chiamava al cellulare rispondeva:
"Ah, sì, scusa sono al parco, ci sentiamo dopo."

"E' pazza di Ugo", mi disse un giorno Susy facendomi un buffetto, dopo aver scambiato le ennesime quattro chiacchiere con Luciana.
"Ah, a proposito Slalom, lei e Ugo sono a Roma e ci siamo date appuntamento all'edicola per domani alle 10,30.
Ricordiamocelo."
Feci un guaito squillante che, nel nostro lessico familiare voleva dire, più o meno:
"Tranquilla, regolare che me lo ricordo."

Ma quel giorno i piani astrali non tifavano per noi, o meglio, non tifavano per Luciana e Ugo.

Ecco i fatti.

Quella mattina, la strepitosa coppia aveva fatto colazione a un rinomato, nonché affollatissimo, bar del centro.
I due avevano ottenuto un tavolino non senza fatica, vista la presenza di Ugo.
Purtroppo, il nostro paese è ancora fra i meno attrezzati per l'accoglienza canina nei locali.
Comunque sia, fatta un'abbondante colazione, cane e compagna si appropinquavano a studiare le coordinate per raggiungere l'edicola che io e Susy, invece, potevamo vedere dalla finestra del nostro appartamento.
Per inciso, io e Susy abitiamo vicino a un bellissimo parco, uno dei più belli della città... ma forse anche questo lo sapete già.

Alla stessa ora del medesimo giorno, nella stessa città, in un quartiere a Nord del centro, Orazio Bergamini entrava nel garage di bus turistici dell'azienda per cui lavorava.
Si era alla fine di novembre e le città incominciavano ad alzare le asticelle del loro metabolismo in vista delle festività natalizie e di una nuova ondata di turisti che anticipava il week-end sgraffignando al lavoro qualche soleggiato giovedì.

Orazio stava uscendo inferocito dal gabbiotto del suo principale dopo aver discusso i turni con un suo collega.
Era frustrato e depresso.
Nessuno era disposto a regalargli un cambio per il pomeriggio del prossimo sabato e la possibilità di vedere il derby allo stadio era oramai definitivamente naufragata.

Al bar, Luciana stava mangiando una brioche dividendola con Ugo, e stava anche decidendo di fare un bis di caffè, causa l'ora tarda in cui era andata a dormire per finire un articolo importante.

Quindi, la donna e il cane uscirono dal bar dieci minuti dopo del previsto, stesso ritardo con cui l'autobus giallo e blu della linea turistica Via e vai!, dopo aver scaldato i motori, iniziava la sua manovra per abbandonare il capolinea con Orazio alla guida.

Dopo diversi isolati, Luciana si rese conto di dover tornare indietro perché aveva dimenticato la sua sciarpa di chiffon sulla sedia del bar.
Era un ricordo di sua madre e non intendeva perderla.


Ugo, concentratissimo, settò il suo navigatore interno sulla via del ritorno, che per lui aveva la seguente lapide di via:
Via dell'inarrivabile brioche e dei due insopportabili caffè.
Eh, sì, Ugo odiava l'odore del caffè.

Dall'altra parte della città, intanto, per l'immenso bus l'uscita si rivelava complicata.
L'ingresso del garage era ostruito da una macchina.
La macchina era in doppia fila, proprietà di una signora che aveva deciso di ovviare in questo modo alla sua urgenza di fare la spesa in meno di dieci minuti.

Orazio, avvelenato con il mondo, dunque per nulla conciliante, iniziò a strapazzare il suo clacson.
Più la donna si faceva attendere e più la sua rabbia e la sua frustrazione aumentavano.

Altrove, Luciana stava frugando nella borsa in cerca del telefono.

Trovatolo, ordinò alla sintesi vocale di comporre il numero di casa di Susy e l'avvertì del ritardo.
Susy, che non stava proprio peccando di puntualità, fece un sospiro di sollievo, trovando quel contrattempo strategico.
Riuscì, infatti, a cambiare il completo fresco lana che aveva addosso con uno decisamente più leggero di lino.
Le temperature avevano avuto un'impennata rapida e imprevista, quel giorno.

Nel bar, la sciarpa era finita sotto l'egida dalla cassiera.
Quando Luciana la richiese, la cassiera, sospettosissima, se la fece descrivere e Ugo notò che, curiosamente, per un istante si erano invertiti i ruoli:
una non vedente descriveva a una vedente l'oggetto che aveva fra le mani.

Ad ogni modo, Luciana fu talmente meticolosa nella sua descrizione, che la sciarpa le fu restituita con una lunga sequela di scuse e ringraziamenti.

"No, adesso me spiega il suo ragionamento!", stava dicendo, nel frattempo, Orazio con piglio decisamente poco amichevole a una signora nascosta fra due buste di plastica riciclata.
"E su, non sia così arrabbiato, ha aspettato solo 2 minuti...", bisbigliava lei nascondendosi dietro un ciuffo di sedano scapigliato che le faceva da pulpito.

"Signo', io devo lavora'.
In quei du' minuti me pagheno.
Non me posso occupa' del suo minestrone!"
La donna non sembrava aver capito l'umore dell'autista, tanto che, simpaticamente, provò a farsi perdonare offrendo un tandem di ciliegie Ravenna che Orazio rifiutò senza sorridere.
"Ma levete, va...!"

Nel medesimo istante in cui l'autobus si mosse, io e Susy, all'altro capo della città, eravamo finalmente pronti e stavamo di fronte all'ascensore di casa litigando con il vicino del terzo piano che, causa un trasloco, l'aveva sequestrato da diverse ore.

Ugo e Luciana, intanto, proseguivano per la loro strada.
Luciana aveva una cuffia dell'auricolare nell'orecchio destro e si faceva dare le indicazioni dalla sintesi vocale del telefono.
Ugo era il braccio ed eseguiva gli ordini che la padrona gli impartiva per raggiungere più in fretta possibile il luogo dell'appuntamento.

L'autista, la giornalista, la mia Susy:
tre realtà diverse che tentavano di attraversare la nostra città.
Personaggi che non avevano apparentemente alcun un nesso l'uno con l'altro, se non per il fatto di avere una meta comune.

Ma, andiamo avanti...

Orazio stava proseguendo il consueto itinerario di linea che doveva condurlo davanti al luogo dell'appuntamento, cioè la stessa edicola dove noi dovevamo incontrare Luciana, seppure con dieci minuti di ritardo.

Luciana e Ugo, invece, ora erano in perfetto orario, tanto che la prima ebbe anche modo di entrare in farmacia per comprare una cosa.

A una delle fermate previste della linea Via e Vai!, Orazio si mise a discutere con un signore che aveva occupato un posto con le proprie valigie.
"Non m'importa se le pesano, la prossima volta ce penserà bene prima de portasse tutto st'ingombro!", stava sentenziando Orazio mentre il vecchio teneva perfettamente testa all'iroso autista.

La discussione durò a lungo, abbastanza da far perdere al bus circa cinque minuti sulla tabella di marcia.
Con l'aggiunta di quelli, Orazio contò che aveva accumulato un ritardo di circa quindici minuti prima della sosta successiva.
Questo lo mise non poco in ansia, perché già sentiva le lamentele del suo principale.
Gli avrebbe detto che la causa era il derby, il suo malumore, il suo brutto carattere e che i suoi problemi personali non dovevano in alcun modo riversarsi sulla sua prestazione professionale.



"... Pare facile", borbottava Orazio fra sé.
"Uno lavora come un pazzo tutta la settimana... e poi... bah!..."

Decise, quindi, che avrebbe rimediato al ritardo perché non voleva altre storie, e accelerò decisamente l'andamento.
Alla fermata successiva, vedendo che non c'era nessuno, la bypassò addirittura a una velocità tale, che alcuni passeggeri si guardarono un po' perplessi e spaventati.

Ecco dunque il quadro generale della situazione alle ore 12,29 nella piazza dell'edicola del nostro appuntamento:
io e Susy eravamo in piacevole conversazione con il giornalaio, grazie al quale io avevo anche rimediato una palla.
Il giornalaio aveva un culto dei cani della mia razza, perché in gioventù era stato perdutamente innamorato di una Lupa fulva che, se non erro, portava il nome di Sara.

Luciana e Ugo erano in procinto di svoltare l'angolo della via che li avrebbe condotti alla piazza.
Io, nonostante la palla assorbisse parte della mia attenzione, li vidi in fondo alla strada e con un mugolio lo comunicai a Susy che mi chiese:
"Li vedi?
Molto bene!"

Orazio Bergamini fissava dritto davanti a sé, gettando di tanto in tanto un occhio all'orologio e imprecando contro il vecchio signore che gli aveva fatto perdere preziosi minuti alterando la sua tabella di marcia.
Anche lui svoltò nella piazza e, subito dopo, incominciò a sterzare per affrontare la rotatoria al centro.

Proprio in quel momento, Luciana e Ugo raggiunsero lo slargo e andarono diretti sulle strisce che regolavano il traffico urbano per attraversare l'isola e ricongiungersi a noi che eravamo sulla sponda opposta.

Vidi da lontano Ugo prendere le misure necessarie prima di attraversare. Guardò a sinistra e poi a destra.
Quindi, fece capire a Luciana che la situazione era ok.
Purtroppo, il povero golden non poteva prevedere la velocità con cui il pulmann della ditta Via e Vai! si stava immettendo nella rotatoria.
La intuì un attimo dopo del giusto.
Divenne un fascio di nervi, e lo vidi trasformarsi in una saetta.
Ogni volta che lo penso, cerco di capire la dinamica dei suoi ragionamenti e ancora non ci riesco.

Provate a immaginare la scena al rallentatore.

Il giovane golden, avvertito dal rumore del motore del bus eccessivamente su di giri, cerca di arrestare l'attraversamento della sua padrona sulle strisce, strattonandola dalla parte opposta.
La donna non capisce.
Resiste.
Avanza.
A quel punto, chiunque può intuire che Luciana a quella velocità, calcolando le dinamiche e le forze in campo, è spacciata.
Il ragionamento di Ugo è repentino:
"Non posso permetterlo!"
Non vedo un secondo di esitazione e tutto succede in una frazione di secondo.
Il tempo di voltarsi, un battito di ciglia, meno di un nano secondo per pronunciare il suo nome:
Ugo!
Così il giovane golden dà uno strappo repentino affinché Luciana perda il controllo del guinzaglio, poi corre come una scheggia verso il bus.
Un pullman contro una palla di pelo di media taglia, una figurina esile, un grumo di nevrile energia.
Un esserino amorevole, devoto e deciso.
Un grande cane guida.

Dalla cabina di comando, Orazio Bergamini fu richiamato alla realtà da quella figurina che gli si parò di fronte all'ultimissimo minuto.

Sudò freddo e pigiò il piede sulla frizione per scalare le marce, poi affondò giù sul freno lasciando sull'asfalto una scia di gomma e scintille.

Questo non servì molto ad arginare il contatto con il povero Ugo, che lasciò sull'asfalto una scia di peli, amore e qualcos'altro di sé.

Fra la gente, qualcuno più solerte e altruista, corse in aiuto di Luciana che, presaga di quello che era accaduto, tremava e piangeva visibilmente.

Ugo fu portato in ospedale.
Aveva riportato tutti i traumi possibili da contusione e impatto.
Fu condotto d'urgenza in camera operatoria e, presto, considerato fuori pericolo.
Fu costretto a subire ulteriori interventi, ma poi, finalmente, fu anche in grado di riprendere la sua vita di sempre, stavolta però con le mostrine da eroe.



Susy e Luciana, a molti mesi dall'incidente, ne riparlarono commosse e furiose.
Anche io e Ugo eravamo indignati.
Ma almeno eravamo di nuovo tutti insieme!

Questa storia ve l'ho voluta raccontare per farvi capire i rischi che noi e i nostri compagni corriamo ogni giorno.

Per raccontare la dura realtà delle nostre strade.
Città piene di gente stressata e distratta.

Eh, già, le persone sono sempre più prese dai loro problemi e dai loro guai, e sembrano non avere alcuna percezione di quello che gli capita intorno.

Così era accaduto quella mattina a Orazio Bergamini, che non aveva minimamente pensato di mettere da parte le proprie beghe personali per dedicarsi con serietà al proprio lavoro, e aveva così messo a rischio la vita di Ugo e di Luciana.

Una mancanza di attenzione inammissibile, vieppiù pensando a chi ha più difficoltà di altri nel vivere la strada.

Conosco moltissimi amici di Susy che portano un handicap e che dovrebbero essere considerati degli autentici eroi per il coraggio che hanno nel vivere quotidianamente nei nostri centri urbani.
Per loro, purtroppo, non vi sono città a misura, MAI!
E la giungla di semafori, incroci, macchine, motorini, parcheggi impossibili che si trovano a dover affrontare è veramente indecente.
E, per quanto lo si cerchi, non vi è traccia di alcun ausilio per un transito sicuro.
Ci sono i semafori con i segnali sonori, mi direte voi.
E' vero, quelli ci sono, ma quanti sono?
Ve lo dico io.
Generalmente li troviamo nelle vie più importanti, nelle città più famose.
E allora?
Cosa dovrebbe fare un non vedente?
Percorrere solo alcune vie?

Qui mi voglio ricongiungere al mitico Gigi Randall.

In un famosissimo film della Walt Disney, i cani comunicavano fra loro tramite il telegrafo di Londra.
Un latrato lontano, proveniente da ovest, veniva ripreso via via da altri cani che recapitavano, a suon di uggiolii, la notizia al capo opposto della città.
Era un passaparola di un cartone animato e, se vi piace, immaginatelo cosi.

Perché è così che è andata il giorno in cui Gigi ha insegnato a noi tutti a leggere la segnaletica delle città, così da comprendere come orientarsi in questa giungla di metallo e cemento.

Ve ne parlerò nelle prossime puntate, però, oggi vi posso parlare del segnale che quell'ottuso autista volutamente ignorò.
La presenza delle strisce pedonali, in Italia, viene spiegata e normata dall'articolo 3, comma 1, punto 3, che recita la seguente frase:
"Parte della carreggiata, opportunamente segnalata e organizzata, sulla quale i pedoni in transito, dall'uno all'altro lato della strada, godono della precedenza rispetto ai veicoli."
Vi è anche da dire che nel nostro paese esiste una segnaletica con codici, forme e colori ben precisi.
Nel caso di cui abbiamo parlato, infatti, in prossimità delle strisce vi era un cartello di forma tonda con lo sfondo blu e la sagoma di un pedone in bianco intenta ad affrontare l'attraversamento pedonale.
La segnaletica del nostro paese è composita e complessa, un palo ove svetta un cartello rotondo con lo sfondo blu, a esempio, segnala a tutte le persone in transito che vi è indicata una prescrizione (normata nel Decreto legislativo numero 493).
Il cartello segnala agli automobilisti che vi è un attraversamento di persone.

Tutti sarebbero tenuti a conoscere tale segnaletica.
Tutti sarebbero tenuti a osservarla e a rispettarla.

Gigi Randall ne ha fatto un manifesto ed è quello di cui intendo parlarvi nelle prossime storie.

Nel frattempo, state all'erta ragazzi!
Un caro saluto da me.
WOW!

 

 

 

 

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