NOTIZIE
Boffo, dietrofront di Feltri: ''Caso chiuso''
La retromarcia del direttore de Il Giornale sull'attacco a Dino Boffo
Vi ricordate “Farabutti”, la puntata con cui abbiamo aperto questa stagione? Ai tempi teneva banco la vicenda Boffo, l’ex direttore di Avvenire che secondo Il Giornale di Feltri era implicato in una vicenda di molestie a sfondo sessuale. La campagna denigratoria a mezzo stampa che provocò le dimissioni di Boffo, si basava sulla pubblicazione della fotocopia del suo casellario giudiziale e su una “nota” che definiva il direttore di Avvenire “noto omosessuale attenzionato dalla polizia”.
Oggi Feltri ammette che la nota era solo un pretesto inventato con lo scopo di condurre una rappresaglia nei confronti di Boffo, colpevole di avere criticato i comportamenti privati di Silvio Berlusconi.
Noi lo abbiamo detto fin da subito, la notizia è che oggi lo riconosce anche Feltri. Meglio tardi che mai.
Oggi Feltri ammette che la nota era solo un pretesto inventato con lo scopo di condurre una rappresaglia nei confronti di Boffo, colpevole di avere criticato i comportamenti privati di Silvio Berlusconi.
Noi lo abbiamo detto fin da subito, la notizia è che oggi lo riconosce anche Feltri. Meglio tardi che mai.
Qui sotto l’intervista di Corrado Formigli a Feltri e l’ammissione pubblicata oggi dal direttore del Giornale.
Caro Direttore,
ho letto nel suo fondo alcune considerazioni su Dino Boffo, il direttore di Avvenire che si dimise in seguito a una intricata vicenda di molestie. Devo dirle che mi sono sempre domandata perché una cosa così piccola sia diventata tanto grande al punto da procurare un fracasso mediatico superiore a quanto meritasse. Lei che ha acceso la miccia che ne dice a distanza di tre mesi?
Eva Cambra
Gentile Signora,
Quando abbiamo pubblicato la notizia, per altro non nuova (era già stata divulgata da Panorama sia pure con scarsa evidenza) eravamo consapevoli che non sarebbe passata inosservata. Ma non per il contenuto in sé, penalmente modesto, quanto per il risvolto politico. Infatti era un periodo di fuochi d’artificio sui presunti eccessi amorosi di Berlusconi. La Repubblica in particolare si era segnalata con servizi quotidiani da camera da letto. Il cosiddetto dibattito politico aveva lasciato il posto al gossip usato come arma contro il premier anche in tivù, oltre che sulla stampa nazionale e internazionale.
Persino l’Avvenire, di solito pacato e riflessivo, cedette alla tentazione di lanciare un paio di petardi. Niente di eccezionale, per carità: data però la provenienza, quei petardi produssero un effetto sonoro rilevante. Nonostante ciò, personalmente non mi sarei occupato di Dino Boffo, giornalista prestigioso e apprezzato, se non mi fosse stata consegnata da un informatore attendibile, direi insospettabile, la fotocopia del casellario giudiziale che recava una condanna del direttore a una contravvenzione per molestie telefoniche. Insieme, un secondo documento (una nota) che riassumeva le motivazioni della condanna. La ricostruzione dei fatti descritti nella nota, oggi posso dire, non corrisponde al contenuto degli atti processuali.
All’epoca giudicammo interessante il caso per cercare di dimostrare che tutti noi faremmo meglio a non speculare sul privato degli altri, perché anche il nostro, se scandagliato, non risulta mai perfetto.
Poteva finire qui. Invece l’indomani è scoppiato un pandemonio perché i giornali e le televisioni si scatenarono sollevando un polverone ingiustificato. La «cosa», come lei dice, da piccola è così diventata grande. Ma forse la cosa sarebbe rimasta piccina se Boffo nel mezzo delle polemiche (facile a dirsi, adesso), invece di segretare il fascicolo, lo avesse reso pubblico, consentendo di verificare attraverso le carte che si verificava di una bagatella e non di uno scandalo. Infatti, da quelle carte, Dino Boffo non risulta implicato in vicende omosessuali, tantomeno si parla di omosessuale attenzionato.
Questa è la verità. Oggi Boffo sarebbe ancora al vertice di Avvenire. Inoltre Boffo ha saputo aspettare, nonostante tutto quello che è stato detto e scritto, tenendo un atteggiamento sobrio e dignitoso che non può che suscitare ammirazione.
Quando abbiamo pubblicato la notizia, per altro non nuova (era già stata divulgata da Panorama sia pure con scarsa evidenza) eravamo consapevoli che non sarebbe passata inosservata. Ma non per il contenuto in sé, penalmente modesto, quanto per il risvolto politico. Infatti era un periodo di fuochi d’artificio sui presunti eccessi amorosi di Berlusconi. La Repubblica in particolare si era segnalata con servizi quotidiani da camera da letto. Il cosiddetto dibattito politico aveva lasciato il posto al gossip usato come arma contro il premier anche in tivù, oltre che sulla stampa nazionale e internazionale.
Persino l’Avvenire, di solito pacato e riflessivo, cedette alla tentazione di lanciare un paio di petardi. Niente di eccezionale, per carità: data però la provenienza, quei petardi produssero un effetto sonoro rilevante. Nonostante ciò, personalmente non mi sarei occupato di Dino Boffo, giornalista prestigioso e apprezzato, se non mi fosse stata consegnata da un informatore attendibile, direi insospettabile, la fotocopia del casellario giudiziale che recava una condanna del direttore a una contravvenzione per molestie telefoniche. Insieme, un secondo documento (una nota) che riassumeva le motivazioni della condanna. La ricostruzione dei fatti descritti nella nota, oggi posso dire, non corrisponde al contenuto degli atti processuali.
All’epoca giudicammo interessante il caso per cercare di dimostrare che tutti noi faremmo meglio a non speculare sul privato degli altri, perché anche il nostro, se scandagliato, non risulta mai perfetto.
Poteva finire qui. Invece l’indomani è scoppiato un pandemonio perché i giornali e le televisioni si scatenarono sollevando un polverone ingiustificato. La «cosa», come lei dice, da piccola è così diventata grande. Ma forse la cosa sarebbe rimasta piccina se Boffo nel mezzo delle polemiche (facile a dirsi, adesso), invece di segretare il fascicolo, lo avesse reso pubblico, consentendo di verificare attraverso le carte che si verificava di una bagatella e non di uno scandalo. Infatti, da quelle carte, Dino Boffo non risulta implicato in vicende omosessuali, tantomeno si parla di omosessuale attenzionato.
Questa è la verità. Oggi Boffo sarebbe ancora al vertice di Avvenire. Inoltre Boffo ha saputo aspettare, nonostante tutto quello che è stato detto e scritto, tenendo un atteggiamento sobrio e dignitoso che non può che suscitare ammirazione.
VF