La realtà virtuale è stata salutata da molti come la vera svolta degli ultimi anni e di recente ha iniziato a rivendicare un ruolo anche in campo giornalistico, con numerosi progetti nati in diverse parti del mondo, dagli Stati Uniti all’Europa.
Per tentare di comprendere la complessa relazione tra realtà virtuale e giornalismo abbiamo parlato con Ville Juutilainen, un giornalista specializzato in data journalism e storie interattive, che lavora con il Plus Team del servizio pubblico finlandese, YLE.
Allora, Ville, la realtà virtuale è la nuova frontiera del giornalismo? Quanto è praticabile non solo tecnicamente ma anche in termini di costi e di etica?
Sì, nel senso che le possibilità di utilizzare mondi ed oggetti virtuali nell’ambito del giornalismo sono aumentate rapidamente.
La fattibilità dipende dal tipo di esperienza che si vuole creare. Una foto sfera con degli occhiali per realtà virtuale è decisamente facile da realizzare, mentre cose come la realtà mista - ovvero la manipolazione di oggetti virtuali in uno spazio reale - è qualcosa che dovremmo aspettarci di più nel futuro.
Gli aspetti cruciali sono l’accessibilità e la regolamentazione dell’ecosistema della realtà virtuale. Pubblicare ed aver accesso a contenuti di realtà virtuale dovrebbe prima o poi diventare semplice come accedere a qualsiasi altro prodotto in internet, e la privacy degli utenti dovrebbe essere rispettata.
Quali sono i pro e i contro di esperienze “di immersione” nel proporre le notizie?
Vogliamo che le persone vengano coinvolte, ma la competizione per la loro attenzione è dura.
Esperienze “di immersione”, quando si tratta di giornalismo, potrebbero attrarre nuovo pubblico ed avere un impatto maggiore. Ma c’è sempre il rischio di esagerare e produrre qualcosa che emotivamente è troppo intenso per gli spettatori.
A proposito di questo aspetto, quando è che la realtà virtuale diventa troppo forte secondo te?
Direi che sarebbe troppo per alcune persone se si chiedesse loro di provare una esperienza in una zona di guerra o sulla scena di un attacco terroristico.
A cosa bisogna prestare attenzione nel momento in cui si realizza una realtà virtuale?
I media (tradizionali) hanno delle linee guida per quanto riguarda il tipo di filmati che possono essere mostrati in televisione o quanto può essere pubblicato su un giornale, ma non abbiamo sufficiente esperienza nella realtà virtuale per questo. L’utente non può allontanarsi o guardare da un’altra parte altrettanto facilmente. Controllare una realtà virtuale è diverso dal tagliare una foto o montare un video.
Questo che conseguenze potrebbe avere nel momento in cui si raccontano storie dal forte contenuto umano, come nel caso delle storie di migranti e rifugiati?
Costruire un ambiente virtuale per una storia dalla grande portata emotiva è una grossa sfida. Nel caso di una ricostruzione in 3D, per esempio, bisognerebbe prestare molta attenzione a come vengono rappresentate le persone nella storia.
Per quanto riguarda l’etica professionale, tutto si riduce alla stessa domanda che giornalisti in zone di disastri naturali o in zone di guerra devono porsi. In che modo stiamo aiutando?
Alcuni dicono che la realtà virtuale non è ancora diventata la svolta degli ultimi anni e che nessuno ha ancora creato una “killer app”, senza contare il costo di strumenti come i caschi per realtà virtuale. Quali saranno i prossimi passi secondo Lei?
Arriveremo ad avere a disposizione strumenti e contenuti pronti al consumo, come la Playstation per realtà virtuale che uscirà ad ottobre. Se dovessi fare una previsione, direi che la prima “killer app” sarà un videogioco. E probabilmente anche Apple avrà presto qualche novità.
E per concludere può raccontarci di un progetto a cui sta lavorando al momento?
Stiamo lavorando ad un progetto in cui sarà possibile osservare uno spazio virtuale da prospettive diverse. Quello che rende questo lavoro unico è il fatto che non siamo solo sviluppando realtà virtuale, ma anche sviluppando le nostre capacità tecniche e incoraggiando nuovi modi di narrare storie, che sono utili anche in altri progetti.
Questo è solo il primo di una serie di appuntamenti in cui parleremo con giornalisti che lavorano con la realtà virtuale per innovare i modi di raccontare le storie del nostro tempo.