I vincitori del Prix Italia 2016: Cyberbully


La giuria della categoria fiction televisiva ha conferito il primo premio a Cyberbully, prodotto da Raw TV per Channel 4.

Cyberbully è un thriller in tempo reale, in cui il computer di un’adolescente britannica, interpretata da Maisie Williams, viene hackerato e lei è tenuta in ostaggio dall’hacker.

Secondo la giuria, “la fiction rappresenta con successo un tema sociale attuale in modo visivamente innovativo e formalmente originale. Grazie a una regia brillante e a una recitazione misurata della sua unica attrice, Cyberbully parla al cuore del pubblico giovane e lo informa in modo intelligente.”

Abbiamo parlato dell’idea dietro il film e delle sfide incontrate nella sua produzione con Richard Bond, produttore esecutivo di Raw TV, e il regista Ben Chanan.

Come avete scelto questo argomento?

Ben Chanan: Channel 4 ci aveva chiesto una storia che riflettesse alcune delle paure e preoccupazioni attuali. All’epoca, c’erano molte storie di cyber bullismo e addirittura cyber suicidio sui giornali e in televisione. Ho pensato che fosse un’occasione per parlarne. Una delle storie era quella di una webcam che era stata hacherata. Ho pensato, “se è possibile fare una cosa del genere, allora è possibile prendere in ostaggio qualcuno”. Sapevo che sarebbe stata una buona base per un thriller in tempo reale, girato in un’unica location.

Richard Bond: Volevamo parlare alle persone che sono maggiormente interessate dal fenomeno del cyber bullismo, ovvero i ragazzini che crescono in una sorta di selvaggio West digitale. Volevamo coinvolgerli in una riflessione, senza però fare i moralizzatori.

Mentre facevamo ricerca sul tema, abbiamo trovato la storia di una ragazzina che era stata hackerata e spiata. Quello è stato il nostro punto di partenza; ne abbiamo discusso con il regista, Ben Chanan, ed eravamo tutti d’accordo sul fatto che fosse un fantastico spunto drammatico, che ci avrebbe permesso di sviluppare una storia che comprendesse anche altri temi che ci interessavano, come la colpevolezza, l’anonimato ecc.

In aggiunta, c’era anche l’idea che qualcosa di terribile potesse accadere nel posto più sicuro, mentre i tuoi figli sono a casa.

Come avete lavorato a partire da questa idea iniziare?

Richard Bond: Abbiamo deciso di girare l’intero film in tempo reale e in un’unica stanza. Era una sfida, ma quei limiti ci hanno costretti anche a essere più creativi.
Una volta preparato il copione, era fondamentale trovare la persona giusta per recitarlo. Dovevamo trovare un’attrice che fosse abbastanza brillante da farcela. Per me Maisie Williams era una scelta ovvia. Siamo stati molto fortunati perché il copione le è piaciuto molto da subito.

Ben Chanan: Il coinvolgimento di Maisie ha trasformato il film. Eravamo piuttosto soddisfatti del copione, ma un copione non fa un film. Quando Maisie ha detto di sì ho realizzato che sarebbe andato tutto bene. È affidabile, di talento e riesce a sostenere ritmi di ripresa molto lunghi.

Di norma quando si ha un’idea e la si vuole rendere reale, si fanno dei compromessi e si finisce con qualcosa di diverso. Invece, in questo caso il sogno è diventato realtà, per così dire.

Quali sono state le maggiori difficoltà?

Richard Bond: C’erano tutte le difficoltà di mettere in piedi un film che mantenesse costante un certo livello di suspense, allo stesso tempo rispondendo ad alcune domande importanti.

Un altro aspetto importante era chiarire la distanza tra il mondo reale e quello digitale. Si trattava più che altro di difficoltà tecniche, soprattutto per quanto riguardava l’interazione in tempo reale con lo schermo del pc. Per questo motivo abbiamo girato tutto in ordine cronologico, una cosa piuttosto inusuale. Ci sono voluti dieci giorni; è stato un vero e proprio viaggio emotivo.

Ben Chanan: Ovviamente girare in tempo reale e con una singola location ci ha imposto dei limiti, ma io preferisco lavorare con delle limitazioni. Erano dei limiti che mi ero imposto da solo, dopotutto. Rendere il tutto plausibile è stato un altro aspetto difficile, ma direi che ce la siamo cavata.

I primi 15 minuti del film sono stati i più difficili da filmare e da montare. C’era molto testo scritto e Casey, la protagonista, che scriveva o guardava lo schermo. Abbiamo dovuto pensare ad un modo di inserire momenti in cui Casey potesse parlare a voce alta in modo plausibile. Cosa avrebbe potuto borbottare tra sé e sé? Quando avrebbe potuto smettere di scrivere per fare una telefonata o guardare un video?

Qual è stata la reazione del pubblico?

Richard Bond: Quando Cyberbully è andato in onda per la prima volta, la risposta del pubblico è stata stupefacente e si trattava di un pubblico più giovane della media per il canale. Siamo stati molto felici del fatto che i più giovani non si fossero sentiti trattati in maniera paternalistica.

È stato recepito bene anche dai genitori, che potrebbero aver bisogno di aiutare i propri figli a fronteggiare situazioni come quella rappresentata nel film.

Ben Chanan: Il film ha avuto una risposta molto positiva; le persone sembravano riconoscersi nella storia che abbiamo raccontato. Spero di essere riuscito a rappresentare come è essere un teenager nell’era digitale. Sono un padre io stesso. Guardiamo i nostri figli mentre cercano di capire il senso del mondo con una pressione addosso che noi non abbiamo sperimentato a quell’età. Già era abbastanza difficile essere un adolescente alla mia epoca, ma immaginatevi di esserlo in un tempo in cui tutto quello che fai viene visto e registrato. In aggiunta, il cyber bullismo è diverso dal normale bullismo anche perché non è possibile lasciarselo alle spalle, è sempre lì anche quando si torna da scuola.

Infine, un commento sulla vittoria al Prix Italia di quest’anno.

Richard Bond: Siamo molto felici di aver vinto il Prix Italia; è un premio davvero prestigioso.

Ben Chanan: È stata una bellissima sorpresa e siamo davvero onorati sia di aver vinto sia di aver concorso nella categoria con gli altri finalisti. In particolare, sono molto felice che la giuria fosse composta da persone provenienti da tutta Europa. Significa molto per me in un momento in cui il mio paese ha deciso, a mio parere in modo avventato, di lasciare l’Unione Europea.