Mostrare la Siria al mondo a 360°


screenshot del video su YouTube di "Nobel's Nightmare"

SMART News Agency è un’agenzia di stampa indipendente che produce contenuti in Siria. Di recente ha iniziato a sperimentare con la realtà virtuale.

Quest’anno ha prodotto Nobel’s Nightmare, un film in realtà virtuale girato a 360° che segue un gruppo di operatori di ricerca e salvataggio, gli elmetti bianchi siriani.

Abbiamo parlato con il direttore del film, Chamsy Sarkis.

Quando e come è nata SMART News?

Inizialmente SMART era un gruppo di attivisti dell’informazione creato nell’aprile 2011, quando ha avuto inizio la rivoluzione siriana. Abbiamo deciso di aiutare gli attivisti in Siria a far arrivare i loro video e le loro notizie ai media internazionali.

Nel 2013, abbiamo ufficialmente lanciato SMART News Agency, che fornisce a giornalisti professionisti notizie verificate, foto e video.

Al momento lavoriamo con 50 reporter fissi, che abbiamo formato su Skype negli ultimi anni. I team che si occupano dell’editing si trovano fuori dalla Siria, prevalentemente in Turchia, Germania e Francia.

Quali sono le sfide principali quando si tratta di raccontare quello che accade in Siria?

Ci sono numerose difficoltà da superare quando si lavora in Siria.

Prima di tutto la sicurezza. Chiunque stia lavorando in Siria è in pericolo, inclusi i nostri reporter. Si rischia di essere imprigionati dal regime, uccisi durante un attacco aereo o rapiti da gruppi estremisti.

Poi c’è la questione della logistica. In alcune aree in Siria, le infrastrutture elettriche e della telecomunicazione sono state distrutte. Occorre costruirsi la propria infrastruttura per avere elettricità ed accesso a internet, per esempio.

Infine, c’è la questione della credibilità. Molte fonti hanno paura di raccontare le cose come stanno, dal momento che potrebbero venire identificati da alcune degli attori del conflitto. A volte hanno anche paura per i propri familiari, che potrebbero essere arrestati o uccisi come rappresaglia. In questi casi, il lavoro di verifica è più difficile. Per questo motivo cerchiamo sempre di incrociare informazioni da almeno tre fonti diverse prima di pubblicare i nostri pezzi.

Perché avete scelto di affidarvi alla realtà virtuale?

Quando abbiamo iniziato a lavorare come attivisti nel 2011, quando mandavamo un video a un media internazionale, normalmente aggiungevano la dicitura “non è possibile verificare questa informazione/video”. Quindi abbiamo deciso di concentrarsi sullo streaming live per cercare di risolvere il problema della credibilità dei video.

Fare affidamento sulla realtà virtuale è anche un modo per aumentare la credibilità delle immagini. Lo spettatore non è più semplicemente un osservatore. È un testimone di ciò che accade. In aggiunta, la realtà virtuale permette alle persone di osservare dettagli che normalmente non avrebbero modo di individuare in video normali.

Crediamo anche che la realtà virtuale possa rafforzare le tendenze pacifiste dell’opinione pubblica.

Come avete lavorato per produrre questo video?

Per produrre il video, i nostri reporter ad Aleppo hanno lavorato embedded con gli elmetti bianchi per molte settimane, filmandoli durante le loro operazioni di soccorso e durante la loro vita quotidiana.

Non eravamo in grado di sapere con certezza come sarebbero state le immagini prima di ricevere il girato grezzo da montare in Turchia. Dal momento che i file generati per realtà virtuale sono piuttosto pesanti, i nostri reporter non erano in grado di inviarli via internet. Quindi, per vedere le prime immagini abbiamo dovuto far passare un hard disk attraverso il confine tra Siria e Turchia.

Pensa che i media di servizio pubblico stiano facendo un buon lavoro nello spiegare al pubblico cosa sta accadendo in Siria?

Ad essere sincero, molti di questi non hanno nemmeno un giornalista che parli arabo in grado di seguire le notizie dalla Siria.

Ancora si sentono alcuni giornalisti che dicono che non c’è informazione in arrivo dalla Siria. Ma è un’idea sbagliata. Nella storia della guerra, questa è la prima volta in cui una guerra è documentata così intensivamente. Milioni e milioni di video sono stati girati e caricati da citizen journalists, uffici stampa, aggregatori e da noi in Siria. La difficoltà è che con questa massa di informazioni, occorre essere uno specialista per lavorare con questo materiale, curarlo e verificarlo.

Secondo me, c’è anche un’altra questione; i giornalisti professionisti sono stati destabilizzati dall’emergere del citizen journalism in Siria. Alcuni media hanno capito cosa stava accadendo e sono riusciti a maneggiare il contenuto proveniente da questi cittadini. Tuttavia, senza dubbio l’esistenza di una agenzia credibile e professionale in Siria sarebbe un grande incentivo per molti media.

Un altro limite del servizio pubblico è probabilmente la mancanza di esperti di Siria. Questo paese non erano molto conosciuto prima. In aggiunta, la situazione all’interno è molto complicata, con centinaia di fazioni in lotta e molta propaganda.