La XXI edizione della campagna è dedicata all'impatto ambientale del fast fashion
Essere sostenibili significa essere consapevoli dell’impatto ambientale di tutte le nostre azioni: nella mobilità, nell’alimentazione, nella vita domestica… C’è un tema in particolare su cui, sempre di più, stanno maturando attenzione e voglia di sperimentare nuove pratiche di produzione e consumo: la moda.
I numeri parlano chiaro. Analizzando i dati del 2020, l’Agenzia europea dell’ambiente ha calcolato l’impronta ecologica del settore tessile da una prospettiva di consumo europea. Ha stimato che in quell’anno ciascun cittadino dell’Unione Europea abbia consumato, in media, 15 kg di prodotti tessili, per un totale di 6,6 milioni di tonnellate.
Che cosa significa questo in termini di impatto ambientale?
La produzione di tutti quei capi ha richiesto l’utilizzo di 175 milioni di tonnellate di materie prime, circa 4.000 milioni di m³ di “acqua blu” (acqua dolce prelevata dalla superficie e dalle falde acquifere), circa 20.000 milioni di m³ di “acqua verde” (acqua piovana immagazzinata nel suolo e usata prevalentemente per la coltivazione) e 180.000 km² di suolo.
In altre parole, nel 2020, ciascun cittadino dell’Unione, solo con i suoi acquisti di prodotti tessili, ha consumato 391 kg di materie prime, 9 m³ di “acqua blu”, 44 m³ di “acqua verde” e 400 m² di suolo. Un consumo di materie prime, acqua e suolo che solo in piccola parte avviene in territorio europeo: principalmente, si concentra nelle importanti regioni di produzione tessile in Asia.
Le emissioni di gas serra generate da questa produzione sono state di 121 milioni di tonnellate di CO2, cioè 270 kg di CO2 a testa. Se si aggiunge il problema dei rifiuti tessili (solo l’1% degli abiti usati viene riciclato in capi nuovi), è evidente che il nostro rapporto con la moda va ripensato.
I costi ambientali della moda usa-e-getta sono enormi.
È ora di cambiare le nostre abitudini in favore di capi d’abbigliamento più durevoli. La stessa Agenzia europea dell’ambiente riferisce un dato sconvolgente: “Negli ultimi 20 anni, il tempo di utilizzo degli abiti è diminuito del 36%, con una media di sette/otto utilizzi per ciascun capo”.
Come alternativa al fast fashion, per contrastare lo spreco, sono già nate moltissime realtà che promuovono il riuso e la valorizzazione degli abiti. M’illumino di Meno quest’anno vuole dare voce a queste realtà: tutte le startup e le aziende che stanno sviluppando progetti in questo senso sono invitate ad aderire per raccontarci la loro esperienza.
M’illumino di Meno 2025 è l’edizione degli swap parties, degli abiti di seconda mano, dell’upcycling, del riciclo e della riparazione. Caterpillar propone a tutti di indossare per M’illumino di Meno un capo di abbigliamento (meglio se un cappotto) con una storia familiare e affettiva da condividere con noi. E regala il cartamodello di una toppa da ripassare e ricamare!
Scarica la locandina di M’illumino di Meno 2025 e la toppa dal press kit.
I numeri parlano chiaro. Analizzando i dati del 2020, l’Agenzia europea dell’ambiente ha calcolato l’impronta ecologica del settore tessile da una prospettiva di consumo europea. Ha stimato che in quell’anno ciascun cittadino dell’Unione Europea abbia consumato, in media, 15 kg di prodotti tessili, per un totale di 6,6 milioni di tonnellate.
Che cosa significa questo in termini di impatto ambientale?
La produzione di tutti quei capi ha richiesto l’utilizzo di 175 milioni di tonnellate di materie prime, circa 4.000 milioni di m³ di “acqua blu” (acqua dolce prelevata dalla superficie e dalle falde acquifere), circa 20.000 milioni di m³ di “acqua verde” (acqua piovana immagazzinata nel suolo e usata prevalentemente per la coltivazione) e 180.000 km² di suolo.
In altre parole, nel 2020, ciascun cittadino dell’Unione, solo con i suoi acquisti di prodotti tessili, ha consumato 391 kg di materie prime, 9 m³ di “acqua blu”, 44 m³ di “acqua verde” e 400 m² di suolo. Un consumo di materie prime, acqua e suolo che solo in piccola parte avviene in territorio europeo: principalmente, si concentra nelle importanti regioni di produzione tessile in Asia.
Le emissioni di gas serra generate da questa produzione sono state di 121 milioni di tonnellate di CO2, cioè 270 kg di CO2 a testa. Se si aggiunge il problema dei rifiuti tessili (solo l’1% degli abiti usati viene riciclato in capi nuovi), è evidente che il nostro rapporto con la moda va ripensato.
I costi ambientali della moda usa-e-getta sono enormi.
È ora di cambiare le nostre abitudini in favore di capi d’abbigliamento più durevoli. La stessa Agenzia europea dell’ambiente riferisce un dato sconvolgente: “Negli ultimi 20 anni, il tempo di utilizzo degli abiti è diminuito del 36%, con una media di sette/otto utilizzi per ciascun capo”.
Come alternativa al fast fashion, per contrastare lo spreco, sono già nate moltissime realtà che promuovono il riuso e la valorizzazione degli abiti. M’illumino di Meno quest’anno vuole dare voce a queste realtà: tutte le startup e le aziende che stanno sviluppando progetti in questo senso sono invitate ad aderire per raccontarci la loro esperienza.
M’illumino di Meno 2025 è l’edizione degli swap parties, degli abiti di seconda mano, dell’upcycling, del riciclo e della riparazione. Caterpillar propone a tutti di indossare per M’illumino di Meno un capo di abbigliamento (meglio se un cappotto) con una storia familiare e affettiva da condividere con noi. E regala il cartamodello di una toppa da ripassare e ricamare!
Scarica la locandina di M’illumino di Meno 2025 e la toppa dal press kit.