Rai Documentari presenta: Il mio nome è battaglia

13 settembre 2024 ore 15:30

Tuesday, October 1   |   Martedì 1° ottobre

21:00-22:30
Massimo Cinema, room 2
IT sub en
Preview
Anteprima Rai Documentari: Il mio nome è Battaglia
Rai Documentari preview screening: Her Name is Battle

Regia di Cécile Allegra
Prodotto da Zenit Arti Audiovisive e Nilaya Productions
per Rai Documentari e France Télévisions

Directed by Cécile Allegra
Produced by Zenit Arti Audiovisive and Nilaya Productions
for Rai Documentari and France Télévisions

Logline

Letizia Battaglia ha fatto della sua vita una conquista e della sua arte un impegno permanente. Ha documentato i crimini della mafia, denunciato la corruzione, reso visibili gli emarginati, colto la tenerezza dei bambini e la resilienza del corpo delle donne. Attraverso i suoi scatti iconici e la voce dei testimoni a lei vicini, riemergono gli anni di sangue della storia italiana contemporanea, colti attraverso lo sguardo di una fotografa innamorata della libertà.


Sinossi

Nel 1945, Letizia ha dieci anni. Palermo è in rovina. La guerra è finita, la sua inizia. In un vicolo, un uomo si mostra nudo davanti a lei. Dopo questa aggressione, suo padre non le permetterà più di uscire. Perde la sua libertà. Crede di ritrovarla sposandosi a 16 anni. Invano, è rinchiusa nel suo ruolo di donna e madre, nella Sicilia molto patriarcale degli anni '60. Dopo una grave depressione, scopre la psicoanalisi, divorzia e parte per Milano dove diventa fotogiornalista. Fotografa la rivolta dei movimenti studenteschi e la vita quotidiana degli emarginati.
Nel 1974, viene richiamata in Sicilia dal giornale l'Ora. In quel periodo, nel clan dei Corleonesi, Toto Riina, Bernardo Provenzano e Leoluca Bagarella, si combattono per la conquista del potere. Regolamenti di conti, corruzioni e traffici di droga fanno della Sicilia un territorio in guerra. Palermo vive anni di sangue.
Letizia vive "in apnea", macchina fotografica al collo, telefono collegato 24 ore su 24, sempre pronta a saltare sul suo scooter per coprire i crimini mafiosi. Donna in un ambiente di uomini, diventa una delle poche a passare i cordoni di sicurezza. Fotografa i morti, ma non solo. Documenta anche i danni collaterali: la quotidianità della malavita, le donne in lutto, i bambini con un destino fragile, tutto un popolo divorato dalla povertà. Letizia rende visibile l'invisibile, e rompe l'omertà. Dà un volto alle vittime, ma anche un volto ai criminali, e a coloro che li combattono.
Negli anni '80, segue il lavoro del pool antimafia composto dai giudici Falcone e Borsellino. Fotografa gli arresti e i processi dei mafiosi. Misura il prezzo da pagare. I "giustizieri" antimafia vengono assassinati uno dopo l'altro. Lei stessa riceve minacce di morte. Ma persiste.
A partire dal 1987, si impegna in politica a fianco del sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, per combattere la corruzione. Cerca di ridare vita ai quartieri storici, di salvarli dall'abbandono e dalle speculazioni immobiliari della Piovra. Letizia si avvicina agli abitanti più disagiati, prostitute, piccoli delinquenti, bambini di strada, tutti prigionieri della città che ama. È volontaria presso l'ospedale psichiatrico di Palermo. Accoglie una delle giovani internate, una schizofrenica abbandonata dai genitori.
All'inizio degli anni '90, inizia una dolorosa discesa agli inferi. Il giudice Falcone viene assassinato. Il 19 luglio 1992, è sul posto quando il giudice Borsellino viene assassinato a sua volta. Si rifiuta di fotografare la scena. Traumatizzata, decide di non recarsi mai più sulle scene del crimine. Il giornale l'Ora chiude i battenti. Sua madre muore. Franco la lascia. Parte per un viaggio in Groenlandia per cercare di dimenticare il suo passato e i suoi "archivi di sangue" in quei paesaggi deserti e ghiacciati.
Di ritorno a Palermo, Letizia cerca di ricostruirsi. Ora fotografa solo i bambini e le donne, queste siciliane che, in prima linea nella lotta antimafia, rappresentano per lei una speranza di pace e giustizia. Nel suo progetto "Rielaborazioni", sovrappone ai suoi archivi insanguinati corpi femminili poetici e nudi, simboli di un futuro possibile, riparato.


Nota della regista

È impossibile pensare Palermo senza Letizia Battaglia. Palermo è Letizia e Letizia è Palermo. Diceva: "c'è qualcosa qui che mi appartiene, o meglio, io le appartengo". Tutta la città conosceva la sua chioma rosata, i suoi abiti rigorosamente neri, le sue scarpe da ginnastica e il suo aspetto infantile: una figura che appariva in qualsiasi momento, all'angolo di una strada, in mezzo a una manifestazione, a una processione, a un momento di emozione o di disperazione. I suoi occhi verdi e la sua voce sicura che diceva a una passante: "mettiti lì, ecco". Poi il clic.
L'avevo incontrata nel 2016. Stavo girando il film "Stato-mafia, un patto sanguinario" e mi aveva ricevuta nel suo grande appartamento nel centro di Palermo invaso di fotografie e scatole di negativi. Mentre la interrogavo sul periodo dell'emergenza del pool antimafia di Falcone e Borsellino, tirò una lunga boccata alla sua sigaretta. All'improvviso, Letizia tornò indietro, ai tempi delle corse sfrenate a Palermo, dei marciapiedi insanguinati, delle folle in lacrime, dei poliziotti sbalorditi. Sussurrò con una voce esausta, in una nuvola di fumo: "Non sapevamo niente, niente di niente... Non capivamo niente. Non potevamo capire niente".
Eppure, Letizia con le sue fotografie ha contribuito a illuminare una delle pagine più importanti della storia d'Italia. Ad aprire gli occhi di un intero paese. Mi sono spesso chiesta quale sarebbe stata la traiettoria dei giudici del pool antimafia di Palermo, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, se non fossero esistite le fotografie di Letizia e del suo compagno Franco Zecchin… Bisogna immaginare questa Italia degli anni di piombo, il terrore, la legge del silenzio, l'opacità totale della cosa politica, la rassegnazione degli italiani... Per capire la potenza delle immagini di Letizia.
Il suo lavoro emerge a cavallo degli anni '60, in un momento in cui la doxa sia politica che popolare vuole che la mafia non esista, in cui si dispera di riuscire un giorno a capire perché l'Italia sia preda di una tale violenza. In quell'epoca, in cui le parole si soffocano, le immagini di Letizia diventano il controcampo esatto, l'impietoso rivelatore di ciò che l'omertà che strangola il paese cerca allora di seppellire. Ognuna delle sue foto è un grido.
"La fotografia, come la musica, fissa l'istante che non riusciamo a cogliere, ciò che siamo stati, ciò che avremmo potuto essere" diceva Antonio Tabucchi. Letizia Battaglia ha sempre cercato di catturare quell'istante, in bianco e nero, con una scienza dell'ombra che alcuni hanno detto ricordare il Caravaggio. Il contrasto spesso violento dei suoi scatti è un riflesso esatto dello stato della sua terra, la Sicilia... e del suo paese - il mio paese - l'Italia. Un paese diviso in due, tra tentazione dispotica e democrazia, tra ombra e luce.
Cécile Allegra.


La regista

Nata a Roma nel 1976, Cécile Allegra ha studiato scienze politiche e filosofia, prima di lavorare come documentarista e reporter in tutto il mondo. Vincitrice del Premio Albert Londres e del premio Etoile della Scam 2015 per "Voyage en Barbarie", realizzato con Delphine Deloget, i suoi film sono regolarmente trasmessi su Arte e France Télévisions, selezionati e premiati in numerosi festival in Francia e all'estero (Primed, Festival des films du monde de Montréal, Fifdh, Nyciff). Il suo ultimo film, uscito nelle sale nel 2023, è intitolato "Le chant des vivants". È anche la fondatrice dell'associazione "LIMBO" che sostiene giovani sopravvissuti ai campi di tortura in Sudan, Egitto e Libia. E' attiva anche come membro del Consiglio di amministrazione di Radio Erena, radio libera della resistenza Eritrea. È inoltre membro volontario dell'associazione Il Tappeto di Iqbal, che recupera i bambini di strada a Napoli e insegna loro il circo e il teatro.

In Italian, her name means "Battle." Letizia Battaglia died on April 13th, 2022. A politically active journalist and photographer, she documented and denounced the mafia and corruption for over 20 years, in Palermo from the 70s to the early 90s. She was the friend of judges Falcone and Borsellino. Her 600,000 photos bear witness to the blood crimes and thousands of faces of Sicily in those terrible times.

 

 

 

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