Rischi da uso cellulare: Tar ordina campagna informativa
di Lucina Paternesi
Anche in Italia si farà una campagna informativa sui rischi e le corrette modalità d’uso dei cellulari e sui rischi per la salute e l’ambiente. Lo ha stabilito il Tar del Lazio con una sentenza storica che ha accolto, almeno in parte, il ricorso promosso dalla A.p.p.l.e. , l’associazione per la prevenzione e la lotta all’elettrosmog difesa e rappresentata dagli avvocati Renato Ambrosio, Stefano Bertone, Chiara Ghibaudo e Luigi Maria Angeletti dello studio Ambrosio&Commodo di Torino. Del ricorso si era occupato anche Report nell’inchiesta 'Onda su onda’ andata in onda lo scorso 26 novembre, dedicata ai rischi connessi all’uso del cellulare e allo sviluppo delle nuove tecnologie come il 5G.
Secondo i giudici, dagli atti depositati dal pool di avvocati in giudizio, risulta che già nel 2012 il ministero della Salute aveva evidenziato che il tema dei possibili rischi per la salute conseguenti all’uso del cellulare fosse attenzionato in seno alla stessa istituzione e un parere del Consiglio superiore di Sanità, datato 2011, raccomandava «di mantenere vivo l’interesse della ricerca e della sorveglianza sul tema, in attesa che le nuove conoscenze risolvano le attuali aree di incertezza, suggerendo nel contempo l’avvio di una campagna d’informazione al pubblico». Il Tar, constato che «nonostante il ragguardevole lasso di tempo intercorso, la preannunciata campagna informativa non risulta ancora essere stata attuata» ha pertanto ordinato al ministero della Salute, dell’Ambiente e dell’Istruzione di provvedere entro sei mesi ad adottare una campagna informativa rivolta all’intera popolazione, riconoscendo valore ai documenti tratti dalla letteratura scientifica e prodotti in giudizio, dai quali emerge che l’utilizzazione inadeguata dei telefoni cellulari o cordless, comportando l’esposizione di parti sensibili del corpo umano ai campi elettromagnetici, può avere effetti nocivi per la salute umana, soprattutto con riguardo ai soggetti più giovani e, quindi, più vulnerabili, potendo incidere negativamente sul loro sviluppo psico – fisico.
«E’ una sentenza storica e senza precedenti – è il commento dell’avvocato Stefano Bertone che ha seguito il ricorso – soprattutto perché arriva nel momento in cui l’industria, con l’introduzione del 5G, chiede che i limiti di esposizione previsti dal decreto del 2003 vengano innalzati dagli attuali 6v/metro ai 61 v/metro come quelli suggeriti dall’Icnirp, la commissione internazionale di protezione dalle radiazioni non ionizzanti. Ora il governo può scegliere, se stare con l’industria o tutelare la salute di 60 milioni di persone e chiedere di rallentare fino a che non avremo le prove che le nuove tecnologie sono senza rischi per la salute umana».
Non ci sarà un appello della sentenza da parte dell'avvocatura dello stato. I tre ministeri - si legge in un comunicato congiunto, diramato dalle istituzioni - recepiscono con favore la decisione giurisdizionale, convinti della necessità di sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema e di promuovere misure di prevenzione. I ministeri sono già al lavoro per la costituzione di un tavolo congiunto che avrà la finalità di dare seguito a quanto deciso dai giudici amministrativi.
(ultimo aggiornamento giovedì 17 gennaio 2019)