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Signori Azionisti,
La Rai nel 2011 registra un utile di 39,3 milioni di Euro (4,1 milioni di Euro a livello di Gruppo),
con una posizione finanziaria netta positiva per la Rai (0,8 milioni di Euro) e negativa per il Gruppo (272,4milioni di Euro)
sostenendo investimenti per lo sviluppo del digitale terrestre sia in termini di
offerta (14 canali free) che tecnologici necessari per l’avanzamento della Rete
digitale, ormai prossimo al completamento.
Il risultato 2011 risulta in netto
miglioramento rispetto al consuntivo
dell’esercizio precedente che chiudeva
con una perdita di 128,1 milioni di
Euro (98,2 milioni di Euro a livello di
Gruppo).
Dopo cinque esercizi, e perdurando la strutturale contrazione delle risorse, nel
2011 la Rai ha quindi finalmente invertito il trend negativo delle risultanze
di bilancio, consuntivando un sostanziale pareggio.
L’adeguamento del canone unitario, in linea con il trend storico, ancorato al
tasso inflattivo, ha determinato – anche per effetto del positivo contributo della
riscossione coattiva – maggiori risorse pubbliche per 23 milioni di Euro.
Su tale risultato ha favorevolmente
inciso la dinamica dei nuovi abbonati,
ancorché in flessione rispetto al 2010:
gli utenti paganti hanno superato la
soglia di 16 milioni di famiglie.
Dopo la pesante diminuzione – per
circa 230 milioni di Euro – sofferta nel
biennio 2008-2009 e il recupero di
poco superiore a 30 milioni di Euro del
2010, i ricavi pubblicitari hanno ceduto
per quasi 60 milioni di Euro nel 2011,
corrispondenti a poco più di 6 punti
percentuali. Il costante peggioramento
delle prospettive economiche, unitamente alla scarsa prevedibilità delle
intenzioni di spesa degli inserzionsiti, ha
infatti costretto a ripetute revisioni al
ribasso delle stime iniziali, con una
flessione di quasi 90 milioni di Euro.
Gli altri ricavi, ossia quelli tipicamente
commerciali oltre le convenzioni con la
Pubblica Amministrazione, presentano –
nonostante la generale fase di
debolezza economica – una leggera
ripresa rispetto all’esercizio precedente,
nell’ordine di quasi 3 milioni di Euro.
Sul versante dei costi operativi – pur
scontando l’assenza, come in ogni
esercizio dispari, di costi per grandi eventi
sportivi – si è rafforzata, a perimetro
costante ossia a sostanziale invarianza dei
layout produttivi, la tendenza alla
diminuzione della spesa mediante un
insieme di progetti coordinati.
Le azioni di razionalizzazione ed
efficientamento e le riduzioni di spesa
dispiegate su tutte le aree aziendali,
inclusa l’area del prodotto e i correlati
investimenti, hanno infatti avuto un
impatto positivo immediato e posto le
condizioni per consolidarne i benefici in
via permanente, mantenendo la
leadership di ascolto nel mercato
televisivo e conquistandola nel mercato
delle tv specializzate.
Questi risultati sono stati ottenuti
attraverso un complesso ragionato, e
non certo lineare, di interventi mirati e
selettivi che hanno consentito di
raggiungere reali e significativi
incrementi di efficienza operativa e di
ottimizzare il livello di utilizzo delle
risorse interne, anche attraverso
l’adozione di modelli produttivi più
snelli ed efficienti.
Il conto economico beneficia inoltre di
una sostanziale stabilità del costo del
lavoro, con una dinamica attestata al di
sotto del tasso di inflazione.
Gli interventi gestionali posti in essere,
incluse le incentivazioni all’esodo e il
sostanziale blocco delle politiche
retributive, hanno peraltro consentito di
ripristinare la componente retributiva
legata al raggiungimento di specifici
target/obiettivi, non accertata
nell’esercizio precedente in assenza dei
relativi presupposti.
Più in particolare, per quanto riguarda i
ricavi, il canone di abbonamento per il
2011 è stato incrementato in termini
unitari dell’1,4% (da 109,0 a 110,5
Euro), una percentuale sostanzialmente
allineata al tasso di inflazione
programmato.
La politica di adeguamento annuale del
canone unitario è stata confermata,
sulle stesse basi, anche per il 2012, con
un aumento di 1,5 Euro (112,0 Euro).
Il canone di abbonamento – ancorché
sarebbe più appropriato parlare di
canone obbligatorio, per marcare la
sostanziale differenza rispetto a una
decisione volontaria quale appunto
l’abbonamento – si mantiene il più
basso tra le emittenti pubbliche europee
e detiene anche il negativo primato di
un tasso di evasione particolarmente
elevato, stimato nell’ordine del 27%,
superiore per quasi il 19% alla media
europea.
Un progressivo allineamento allo
standard europeo, con un conseguente
recupero di importanti risorse, stimate
nell’ordine di 500 milioni di Euro annui,
presupporrebbe una revisione dei
meccanismi di riscossione, da integrare
con un rafforzamento degli strumenti
normativi di contrasto all’evasione, oggi
palesemente inadeguati. L’esperienza
europea in termini di riscossione si basa
su tre modelli.
Nel Regno Unito, il canone è dovuto da
chi possiede un device (Tv, pc, cellulare)
utilizzato per la ricezione Tv. Le utenze business pagano il canone in base al
numero dei device presenti.
In Germania, dal 2013 l’imposta sarà
dovuta per ogni abitazione (non più per
il possesso dell’apparecchio); le utenze
business pagano in base al numero dei
lavoratori con una serie di esenzioni e
limitazioni.
In Francia, il canone è dovuto per il
possesso dell’apparecchio televisivo,
che si presume a seguito della titolarità
di un contratto elettrico, salvo prova
contraria. E’ riscosso insieme alla tassa
di abitazione.
Una maggiore efficacia delle iniziative
per ampliare in modo importante il
portafoglio abbonati consentirebbe alla
Rai di perseguire al meglio la propria
missione di Servizio Pubblico in un
contesto in veloce trasformazione che
impone di effettuare consistenti
investimenti nella tecnologia e
soprattutto nell’offerta.
Tali provvedimenti avrebbero ricadute
positive per la stessa utenza, in una
logica di equilibrata condivisione dei
vantaggi derivanti dall’abbattimento del
tasso di evasione, nonché sull’industria
dell’audiovisivo nel suo complesso.
Si rammenta inoltre, sulla base delle
risultanze della contabilità separata
2010, certificata da un revisore
indipendente, che lo squilibrio tra le
risorse pubbliche e i costi sostenuti dalla
Concessionaria per l’assolvimento dei
compiti di Servizio Pubblico ammonta a
481 milioni di Euro.
Tale squilibrio si riduce a 364 milioni di
Euro dopo l’attribuzione della quota
specifica della pubblicità raccolta sul
palinsesto.
Lo squilibrio, calcolato sulla base dei
deficit emersi dai conti annuali a partire
dall’esercizio 2005, ammonta a oltre
1,7 miliardi di Euro, sostanzialmente corrispondente al valore annuale dei
ricavi da canone.
Il quadro congiunturale dell’area Euro è
stato piuttosto debole, con
un’accentuazione negativa nell’ultima
parte dell’anno, comportando una
revisione al ribasso anche delle
prospettive di crescita per il 2012. La
dinamica del prodotto risente del rialzo
dei costi di finanziamento, per
l’aggravarsi della crisi del debito
sovrano, e del rallentamento del
commercio mondiale, che comunque
continua a fornire sostegno all’attività
economica. In riduzione della domanda
interna operano anche le manovre
correttive di finanza pubblica, peraltro
indispensabili per evitare più gravi
conseguenze sull’attività economica e
sulla stabilità finanziaria.
In questo contesto, il mercato della
pubblicità, dopo la flessione di oltre il
13% registrata nel 2009 e il recupero
per quasi il 4% nel 2010, ha
consuntivato nel 2011 una flessione
prossima al 4%, con quella televisiva che
ha segnato una diminuzione di poco
superiore al 3%.
Venendo invece allo scenario più
specifico del mercato di riferimento, va
sottolineato come il contesto
competitivo sia profondamente
cambiato, caratterizzato da una
concorrenza allargata, più articolata e
multilivello, in sostanza
multidimensionale: una competizione
tra piattaforme, modelli di business e
operatori.
La competizione si gioca pertanto su più
livelli: tra piattaforme trasmissive e
commerciali per contendersi il pubblico
in uscita forzata dalla televisione
analogica terrestre per effetto del
processo di switch-off per aree tecniche,
ormai prossimo al completamento; tra
offerta gratuita e offerta a pagamento; tra gli operatori attivi nei due segmenti
di mercato.
I principali attivatori dell’evoluzione del
contesto competitivo sono il passaggio
alla televisione digitale e il
consolidamento di Internet.
Il passaggio alla televisione digitale ha
determinato, dapprima, un grande
sviluppo delle tv a pagamento e,
successivamente, la creazione di
interessanti spazi di mercato per
l’affermazione di nuove offerte gratuite
specializzate, determinando una forte
accelerazione nel processo di
frammentazione dell’audience a scapito
delle tradizionali offerte generaliste.
Il consolidamento di Internet, in termini
di volumi e frequenza di utilizzo, e la
connessa capacità di attrarre
investimenti pubblicitari, hanno reso il
mezzo irrinunciabile per gli individui e
per gli inserzionisti. Inoltre, grazie alle
innovazioni sul fronte dei
contenuti/servizi e delle prestazioni delle
infrastrutture trasmissive e dei device di
fruizione, si sono create le premesse per
la definitiva affermazione di un nuovo
mercato caratterizzato dall’ingresso
prepotente di player globali, spesso di
matrice originaria non editoriale.
Internet si sta infatti affermando come
piattaforma in concorrenza diretta con i
tradizionali mezzi di comunicazione.
L’offerta free, con la progressiva
affermazione del digitale, è
profondamente cambiata: non più solo
canali generalisti, ma un’offerta ampia
e variegata, che ammonta a oltre 60
canali e che è destinata a un ulteriore
aumento. Le reti generaliste, dopo aver
subito la concorrenza dei canali pay,
stanno ora subendo la rapida ascesa
dei nuovi canali gratuiti, trainata dalle
reti semigeneraliste e da quelle dedicate
ai bambini.
Il quadro delineato trova
rappresentazione nell’evoluzione delle
risorse del sistema televisivo,
caratterizzato dall’importante crescita
dei ricavi dalla spesa diretta degli
spettatori per l’accesso ai servizi di pay
tv e pay per view – ormai pari a oltre il
35% sul totale – e nelle quote di
mercato della raccolta pubblicitaria,
con la stabilità di Mediaset, il
significativo aumento del peso di Sky e
la flessione di Rai.
La Rai è Radio, la Rai è Televisione. La
Rai, grazie al continuo impegno nello
sviluppo del presidio dei nuovi canali
distributivi su protocollo Ip, è sempre
più anche Internet.
In un mercato così complesso e sempre
più aperto, la Rai si conferma, anche
nel 2011, indiscusso leader nel mercato
televisivo: con il 40,2% di share nelle
24 ore e con il 41,3% nella fascia di
prima serata, Rai prevale sul Gruppo
Mediaset con un vantaggio di circa 4
punti percentuali.
Rai è leader anche nell’offerta
specializzata. Con un’offerta di 11
canali semigeneralisti e specializzati, Rai
registra complessivamente il 4,8% di
share medio superando quella di
Mediaset (4,4%) e quella dell’editore
Sky (4,0%).
Un primato dal lato degli ascolti ma
successi anche per la Corporate
reputation di Rai. Il giudizio complessivo
sull’operato della Rai come Servizio
Pubblico è in crescita per il secondo
semestre consecutivo portandosi su un
valore di 7,1 punti su una scala di
valutazione 1/10 (a giugno 2011 era
pari a 6,9).
L’incremento è legato, in particolare,
alla crescita del contributo specifico
dell’attività Rai sulle diverse piattaforme
e all’attenzione dedicata alla
programmazione per i diversamente abili.
La Rai, in presenza di una situazione di
debolezza strutturale delle risorse e
della necessità di rafforzare comunque
la propria offerta per mantenere un
ruolo di rilievo all’interno del sistema
dei media tradizionali e dei servizi
media di rete, sta predisponendo con
una stesura quasi definitiva, il Piano
industriale 2012-2014, che conterrà le
iniziative necessarie a proseguire il
percorso virtuoso, iniziato con successo
nel 2011, verso un sostenibile e
duraturo equilibrio economico
prospettico che rappresenta la base per
lo sviluppo e il rilancio culturale e
tecnologico dell’Azienda.
Lo sforzo più intenso, in termini di
investimenti, è stato dedicato negli
ultimi anni allo sviluppo del digitale
terrestre, per rispettare il calendario di
switch-off per aree tecniche decretato
dal Ministero competente. Un progetto
che richiede un consistente sforzo
finanziario – a partire da quello per la
costruzione della infrastruttura di rete,
che al suo completamento avrà
assorbito risorse per circa 500 milioni di
Euro – oltre a rilevanti impegni e
investimenti nell’area dei contenuti per
l’ampliamento dell’offerta.
La Rai sta affrontando questo imponente
programma di investimenti, peraltro a
redditività quantomeno differita e in una
fase di mercato particolarmente difficile,
con risorse proprie, senza alcun
sostegno finanziario pubblico che tenga
conto delle specificità della
Concessionaria e della stessa
particolare configurazione di rete.
All’acclarata insufficienza delle risorse
da canone rispetto ai costi sostenuti per
le attività di Servizio Pubblico delegate
alla Concessionaria si associano anche
le perduranti incertezze relative alla
dinamica dei ricavi pubblicitari. La
debolezza del ciclo economico e il
peggioramento delle prospettive di crescita con il protrarsi della fase
recessiva si inserisce peraltro in una fase
già estremamente critica per il fatturato
pubblicitario Rai, rischiando di
amplificarne gli effetti negativi.
Le prospettive per il 2012 – facendo
affidamento sul ripristino, in parte in
atto, di una normalizzazione delle
condizioni dei mercati finanziari e del
credito che limiterebbe la flessione delle
attività produttive e sul positivo impatto
delle misure strutturali per il rilancio
dell’economia, con i conseguenti
benefici anche sulle decisioni di spesa
delle famiglie – sono di segno
tendenzialmente positivo.
Infatti, le possibili tensioni in termini di
ricavi pubblicitari verranno
controbilanciate sia dai benefici attesi
dalle entrate connesse ai cosiddetti
‘canoni speciali’ sia, e soprattutto, dai
miglioramenti che deriveranno dai
programmati e sempre più estesi e
incisivi interventi di razionalizzazione
della spesa. Influiranno anche, sempre
per accrescere efficienza e
specializzazione, le importanti
discontinuità di carattere organizzativo
recentemente assunte, tra cui le
principali sono rappresentate dalla
costituzione della Direzione
Intrattenimento, nell’ambito della
revisione per Generi/Canali, e dalla
riconfigurazione delle responsabilità
connesse al genere Fiction.
Contribuirà, da ultimo, anche – nella
salvaguardia dei livelli occupazionali –
una evoluzione del costo del lavoro
sempre più coerente con le dinamiche
del mercato.
Un apporto di rilievo sul fronte delle
entrate è atteso dai canoni speciali, per
i quali la percentuale di evasione è
estremamente elevata. E’ stata infatti
introdotta nella Legge 22 dicembre
2011, n. 214, un’apposita norma che
dispone, per le imprese e le società, l’indicazione – ai fini della verifica
del pagamento del canone di
abbonamento radiotelevisivo speciale –
del numero dell’abbonamento nel
modello della dichiarazione dei redditi.
La Rai, per effetto dell’orientamento
espresso in alcuni provvedimenti
giurisprudenziali, rientra nella categoria
degli organismi di diritto pubblico, con
la conseguente necessità di dover
applicare le disposizioni previste nel
Codice dei contratti pubblici relativi a
lavori, servizi e forniture.
La Rai, pertanto – pur operando in una
situazione di concorrenza effettiva in un
mercato sempre più competitivo,
dovendo contendere importanti risorse
pubblicitarie – è tenuta, per la
soddisfazione dei propri fabbisogni di
approvvigionamento, unica tra gli
operatori del settore, al rispetto dei
principi e delle procedure a evidenza
pubblica previsti dal Codice, fatte salve
le esclusioni e le semplificazioni previste
dalla disciplina, specie in
considerazione delle prerogative e delle
caratteristiche dell’attività televisiva.
Una peculiarità che caratterizza anche
gli investimenti tecnologici legati al
processo di switch-off, rigidamente
disciplinato nella tempistica dal
calendario ministeriale e alle
assegnazioni definitive, spesso
purtroppo tardive rispetto alle esigenze
di pianificazione, delle relative frequenze.
La Rai, la Concessionaria del Servizio
Pubblico, è – potremmo dire, non in
senso proprio – parte integrante delle
istituzioni del Paese, perché a essa lo
Stato ha affidato compiti fondamentali
che altrimenti dovrebbe svolgere
direttamente.
La Rai – Servizio Pubblico e Azienda –
avverte questa responsabilità, che
significa al contempo vicinanza e indipendenza: interpretazione delle
aspirazioni e delle esigenze dei cittadiniutenti,
tradotte in una proposta ricca,
variegata e di qualità nell’informazione,
nel divertimento, nella divulgazione e
nella cultura e visione plurale e
pluralistica.
La Rai deve e intende essere sinonimo
di offerta integralmente di Servizio
Pubblico, perché Servizio Pubblico non
significa solo tipologia delle tematiche
trattate ma anche, nella costante ricerca
della qualità, dell’innovazione e della
distintività, modalità e linguaggio di
rappresentazione del prodotto
editoriale, radiofonico, televisivo e
multipiattaforma.
Innegabilmente, le sfide – anche in
termini di approccio culturale e di
responsabilità sociale – che attendono
la Rai sono grandemente impegnative,
dal punto di vista tecnologico e
dell’offerta. Ognuno di noi sta infatti
personalmente sperimentando quanto le
proprie abitudini di consumo e di
fruizione dei diversi mezzi di
comunicazione stiano radicalmente
mutando.
La volontà di essere in sintonia con il
Paese e di stare al passo con le
trasformazioni che si susseguono nel
mercato non può fare a meno di un
quadro finanziario, normativo e
istituzionale quanto più possibile chiaro
e stabile.