Pellegrinaggio a Lourdes

[Racconto di Massimo Pedroni]

 



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durata 24 minuti




Senza aver incontrato nessuno della gens Meniconi, rientrai nel mio appartamento.
Con Claudia, che mi aveva riaccompagnato, c'eravamo salutati poco prima scambiandoci due casti baci sulle guance.
Baci sui quali, è inutile negarlo, facevo scorrazzare le mie fantasie di possibili sviluppi di accettazione e affettuosità.
Nonostante l'ora tarda – si erano fatte le due di notte passate – assolutamente fuori dai miei ritmi di vita ordinari, avevo uno stato d'animo così frizzante che a tutto pensavo meno che ad andare a dormire.
Mi sedetti sul divano e, tenendo fra le braccia Cleofe prontamente accorsa a darmi il benvenuto, feci una delle cose più banali che si possano fare in occasioni del genere.
Accesi la televisione, nella speranza di sopire le inquietudini montanti del mio stato d'animo di quel momento.
Armato di telecomando, cominciai a perlustrare la prateria dei programmi che le varie emittenti offrivano ai nottambuli telespettatori del momento.
Filmetti, filmacci, giochi d'azzardo, letture delle carte, oroscopi e altra immondizia indifferenziata galleggiava nell'oblò televisivo.
Smanettando con apprezzabile celerità sul telecomando, avevo individuato altri due generi di trasmissioni.
Dato l'orario, uno di essi era più che prevedibile che fosse mandato in onda.
Del secondo, mi intristiva la collocazione senza senso nella tarda fascia oraria.
La cosa non fece altro che provocarmi un moto di stizza.
Era l'abbinamento del confinamento di questi due generi così distanti tra loro nel palinsesto notturno che mi indignava.
Proposte di contatti telefonici hot che più hot non si può potevano anche rientrare nell'ordine delle cose.
Iniziative promosse da fanciulle con voci suadenti, dall'abbigliamento e comportamento ammiccante e scollacciato quanto dovuto, imperversavano in quella fascia oraria, come naturale che fosse.
Ma, in questo ginepraio, saltellando di canale in canale, tra una proposta audace e l'altra, si poteva beccare casualmente una trasmissione, magari riproposta a distanza di anni, dal valore culturale a mio avviso inestimabile.
Cito solo un episodio che mi è rimasto particolarmente impresso: la riproposizione della celebre intervista che Ezra Pound concesse a Pier Paolo Pasolini a notte fonda, che mi capitò di intercettare tempo fa.
L'arte e la cultura sono materiali incandescenti da trattare, meglio piazzarli in orari da clandestinità, confusi tra un film spinto e l'altro!
Inconsapevolmente, gli strateghi dei palinsesti si rendono conto che entrambe le eterogenee tematiche producono eccitazioni diverse, ma pur sempre eccitazioni...
La riflessione mi aiutò a sviare un poco l'attenzione dal mio stato di agitazione complessiva.
Come spesso mi accade, il passaggio da uno stato euforico a quello di un sonno profondo non fu poi così difficile da raggiungere.
Cosa che avvenne senza aver avuto il modo di rendermene pienamente conto.

Al mattino il risveglio si connotò di tinte bizzarre.
Sentivo che qualcuno, con un fare preoccupato, mi scuoteva per una spalla.
Dovevo carburare meglio, ero ancora in quel limbo di sensazioni magiche e misteriose che s'interpongono tra il risveglio e la piena lucidità.
"Ma che, non se sente bene?"
Questa frase ripetutami più volte e il persistente scuotimento accompagnarono la mia piena ripresa di coscienza.
Mi trovai un volto quasi schiacciato sul mio e una voce, che ancora sentivo lontana, che continuava a dire: "Ma che, non se sente bene?"
Era la Speraindio, coniugata Meniconi.
Feci un sobbalzo che provocò la caduta di Cleofe e del telecomando dalle mie ginocchia.
Mi resi anche conto che la televisione era rimasta accesa, sintonizzata su un canale che stava svelando al mondo, in quei momenti, i segreti per fare un vero piatto di pasta all'amatriciana.
"Scusatemi, me so' preoccupata.
Ma che l'ho spaventata?"
"No, no, anzi grazie."
Mi aspettavo da un momento all'altro qualche domanda che, considerando la scalpitane curiosità di Venanzia, giunse puntualmente.
"E' stato bello 'l teatro?"
Alzandomi con l'ausilio della stampella, dissi un sì dettato dall'educazione.
"Se vole, je porto la colazione che è pronta."
"Ottima idea."
"Così poi me ne posso anna'.
C'ho tanto da fa' e lei po' anna' a governasse."
Fu molto celere.
In breve portò in tavola, che aveva già apparecchiato dalla sera, miele, fette biscottate e caffè.
Ringraziai e ci salutammo con cordialità.
Consumai quanto detto, mentre il programma in corso stava toccando il momento cruciale.
Si rivelava, in modo incontrovertibile, che un elemento fondamentale per fare una autentica amatriciana è quello di usare del guanciale, e non, come qualche sprovveduto fa, della pancetta.
Acquisito il dato e fattone tesoro, andai a governarmi per poter fare tutto quello che mi premeva fare.

 

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Ero già, almeno con la mente, in Pellegrinaggio per Lourdes.
Dopo una corroborante doccia, nonostante la notte malamente passata seduto sul divano, avevo organizzato le idee.
Poco dopo le nove ero sceso dal taxi che mi aveva portato di fronte al Bar dei Sognatori.
Al bar o in redazione dovevo intercettare Mezzacapa.
Tra Lourdes e me, il primo ostacolo da superare consisteva nel riuscire ad addomesticare le convinzioni da impenitente scettico, ateo, materialista, con alcune venature da mangiapreti d'epoca, che in più di un'occasione avevo sentito esprimere e sostenere dal Direttore.
Come sperato, e parzialmente previsto, lo intercettai al bancone, mentre era tutto intento a confabulare con il Cavezzoni.
Si stava facendo suggerire i lieviti migliori con i quali avrebbe potuto accompagnare il primo cappuccino.
La sua attenzione era particolarmente mirata su quelli ripieni.
Di marmellata, crema, cioccolato, nutella...
Tutte cose per lui dannosissime.
"Caro Guglielmo, il Direttore sarà mio ospite per la colazione.
Consumiamo al tavolo.
Due cappuccini e due cornetti integrali."
Senza alcuna manifestazione di entusiasmo o di gratitudine, con lo sguardo dalla golosità spenta, l'invitato accettò implicitamente quanto da me così disinvoltamente proposto, raggiungendo il tavolo.
La sua andatura era così mesta, che poteva ricordare quella di un condannato a morte mentre va al patibolo.

"Buongiorno Tornelli, incontrarti in questi frangenti, come ben sai, non è che sia il massimo delle mie aspirazioni."
Sospirò, e con un lieve ma visibile tremolio di pancia aggiunse: "Cosa è che ti ha fatto scapicollare così presto, senza neanche farmi prima una telefonata?"
"La proposta di un mega servizio, per sviluppare il quale avrò a disposizione tre giorni."
Con un atteggiamento sospettoso e contrariato, diede il primo morso a uno dei due cornetti integrali, che erano stati appena portati al tavolo da uno degli inservienti del bar, assieme ai due cappuccini fumanti.
Circospetto chiese: "Sarebbe?"
"Un reportage sul soggiorno di tre giorni che farò a Lourdes."
Quasi soffocandosi con il pezzo di cornetto che stava mangiando, esclamò un "Cosa?" accorato e intriso di stupore.
Riprendendo fiato: "«L'altra Campana» dovrebbe investire dei soldi per mandare in giro per santuari dei giornalisti in cerca di miracoli?"
Continuò per almeno cinque minuti in uno sproloquio sul fatto che non aveva la minima intenzione di fare da supporto, con la testata da lui diretta, alla credulità popolare.
Seguirono considerazioni non tra le più lusinghiere sui preti e sul mondo ecclesiastico in genere.
Tutto previsto.
Lo lasciai sfogare completamente.

Era giunto il mio momento di parlare, cercando di portare argomenti sufficienti per risalire la china.
Dovevo tirare fuori quelle che, con un voluto gioco di parole, definirei tutte le abilità dialettiche di un disabile.
"Ho proposto il servizio da giornalista e come tale voglio farlo.
Non vado a caccia di miracoli.
Vado a cercare di capire perché tanta gente, da tutto il mondo e da tanti anni, continua a recarsi in quel luogo dove apparve la Madonna.
Cosa certa è che fenomeni inspiegabili scientificamente, definiti miracoli da chi ha fede, si sono venuti a verificare in più occasioni."
"D'accordo, ma..."
"Scusi se la interrompo, non le ho detto la cosa forse più importante."
Con percepibile alterazione, replicò come di consueto: "Sarebbe?"
"Viaggio e soggiorno mi sarebbero offerti, in quanto disabile, dall'Ordine di Malta, che tra le altre iniziative si è specializzato da anni nell'offrire l'opportunità di fare questi Pellegrinaggi.
Quindi rimarrebbe da stabilire solo la mia prestazione professionale.
Il resto, per la testata, sarebbe gratis."
Mi ero tenuto per ultima la parola gratis, ben consapevole che questa avrebbe prodotto effetto da melodia celestiale nella testa del Mezzacapa.
E così avvenne.
"Questo cambia tutto, ma proprio tutto."
"La partenza è prevista per dopo domani", mi affrettai a puntualizzare.
"Cosa stiamo aspettando allora?
Tanto è tutto organizzato."
"Nei minimi dettagli.
Con efficienza militare.
Non per niente si chiama Sovrano Ordine Militare."
"Per me, a questo punto, è cosa fatta", sentenziò Mezzacapa.
La potenza della parola gratis, in certi casi, risulta essere più efficace di sofisticati grimaldelli.

Gongolante per avere ottenuto il risultato anche questa volta, mi accinsi ad andare, non senza sottolineare: "Caro Direttore, come detto, per la colazione è ospite mio.
Gratis quindi.
Se vuole può consumare un altro cornetto di suo maggior gradimento.
Io tanto non la vedo, perché devo andare."
Uscendo, rivolto al titolare: "Cavezzoni, poi facciamo tutto un conto.
Soddisfa le richieste di Mezzacapa in maniera a lui più congeniale.
Un caro saluto a tutti."
Mi dileguai con il telefonino in mano, componendo il numero del radiotaxi.

 

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Raggiunto lo Studio del Dott. Egisto Ghirlandoni, il mio medico di base, mi feci fare la scheda della diagnosi sulla mia patologia e gli eventuali farmaci che prendevo abitualmente.
Elementi che sapevo essere necessari per viaggi del genere, che avrei dovuto far pervenire agli organizzatori del Pellegrinaggio.
Mentre stavo recandomi dal medico, fui raggiunto da una chiamata di Gasparone La Guardia.
Lo misi rapidamente a parte di tutti gli sviluppi che si erano determinati dall'incontro con Claudia in poi.
Come sempre, senza alcuna richiesta da parte mia, si mise a disposizione per accompagnarmi all'aeroporto per la partenza.
Accettai la proposta con entusiasmo.
"Com'è che hai deciso di andare fin lì?
Speri in qualche miracolo?"
Nel tono di Gasparone non c'era nessuna vena di sfottò o d'ironia.
Voleva capire.
"Non ho lo spessore per potermi permettere di aspirare a tanto.
Ma l'atmosfera che credo si respiri in un luogo simile non potrà che farmi bene."
"Inoltre...", fece Gasparone con tono decisamente più impertinente.
"Inoltre passerò quei giorni in compagnia di Claudia..."
"Che si prenderà cura di te."
"Esatto.
Caro il mio Capitano, mi sto macchiando forse di qualche reato?
In più coglierò l'occasione per fare un bel servizio giornalistico."
"Bingo".
Presi gli accordi per il giorno della partenza, ci salutammo con palpabile buon'umore.

Con Claudia organizzammo al volo un fugace incontro davanti allo Stadio dei Marmi, luogo che risultava idoneo a lei per i suoi giri consueti e comodo per me, data la possibilità di parcheggiare con facilità.
Mi disse che, per quanto riguardava il viaggio, non mi sarei dovuto preoccupare di nulla.
Neanche di portare la sedia a rotelle.
Avrebbero provveduto loro anche a questo.
Avemmo solo il tempo di scambiarci un sorriso e un abbraccio.
Orari e date di partenza e ritorno erano oramai concordati.

"Il Sovrano Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme di Rodi e di Malta, o anche semplicemente detto Ordine di Malta, è un Ordine religioso cavalleresco canonicamente dipendente dalla Santa Sede con finalità assistenziali."
Così recitava il primo incipit informativo dell'Ordine su internet.
In quel cavalleresco c'è tutto un universo di persone con necessarie origini blasonate che si attivano per le iniziative assistenziali promosse dall'Ordine.
Come da una nebbia lontana, affiorò un ricordo di tanti anni prima con la Saporini.
Tra una conversazione e l'altra, una volta disse, a una tavolata di studenti del corso di recitazione, che aveva nobili ascendenze.
Lo disse fugacemente, una sola volta, ma lo disse.
A me tornò improvvisamente alla mente.
Ora mi diventava tutto più comprensibile.

 

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Non accadde nulla di rilievo nei due giorni precedenti alla partenza.
Era fissata di giovedì, con rientro previsto per la domenica.
Quel giovedì facemmo a gara, con La Guardia, per vedere chi dei due sarebbe stato più puntuale sull'orario che era stato concordato, ossia le sette e trenta.
Arrivammo di fronte al portone praticamente in contemporanea.
Fu una bella pari e patta.
Il Capitano, senza tanti preamboli, essendoci scambiati solo dei buongiorno di prassi, caricò sulla sua vettura il mio bagaglio a mano.
Non riuscivo a celare compiutamente il mio entusiasmo complessivo per quella partenza.
Tanto meno sarei riuscito a nasconderlo al mio amico di sempre.
Guidando con determinata attenzione, Gasparone, con un fare da nulla, esordì dicendo: "Allora, che dici, sarà il viaggio della svolta?"
"Cosa intendi dire?"
"Non sono in grado di dire se sarai miracolato o se ti incamminerai sui percorsi della spiritualità e della santità...
Però, questa Claudia ce la vedo proprio bene accanto a te."
Avrei voluto negare subito, smentire alla radice qualsiasi sorta d'interessamento per Claudia, oltre quello inerente a un'amicizia d'annata.
Ma a uno come lui non avrei potuto darla a bere.
Oltre a conoscermi perfettamente, è anche un investigatore.
Non tentai la minima smentita, dissi solo: "Di sicuro c'è anche quell'elemento, se così vogliamo definirlo, ma bada bene non è l'unico, tanto meno il solo.
Devo fare un reportage per il giornale."
"Certo, certo, se ora si chiama reportage... cambia tutto!"
Non rise sotto i baffi, che tra l'altro non aveva, ma cominciò platealmente a sghignazzare senza remore.
Non raccolsi i sottintesi, pure perché nel frattempo eravamo arrivati.

Accostammo con la vettura, il Maggiolino d'epoca decappottabile di Gasparone.
In effetti, la scelta della macchina evidenziava qualche tratto di eccentricità del proprietario della medesima.
Se in più ci aggiungiamo che la carrozzeria era di un colore giallo limone sfolgorante, qualche ulteriore perplessità sui gusti dell'individuo si incrementava.
Degno di nota era anche il fatto che il Capitano ci teneva a ribadire che il colore originario della Volkswagen era grigio.
Lui aveva dato questa nuova impronta di vitalità, ne era molto fiero.
A me, a dire il vero, sembrava un po' fuori linea, troppo sgargiante.
Apprezzavo, invece, la scelta del modello sicuramente vintage.
Mi tornano chiaramente alla memoria i giochi di competizione fatti da bambino, fino allo sfinimento, con modellini anche di quelle macchine tedesche.
All'epoca si giocava per strada, disegnando con il gessetto sull'asfalto il circuito che avrebbero dovuto effettuare le macchinine.
Ovviamente il fanciullo Gaspare faceva parte della cricca dei ragazzi che si divertivano giocando così.
Siamo amici dall'infanzia, praticamente da sempre.
La nostra amicizia nacque tra i bambini del quartiere.
Andavamo alla stessa scuola, sia alle elementari che alle medie.
Però in sezioni diverse.
Una cosa sola gli ho invidiato e non l'ho mai confessato.
La squisitezza delle patate arrosto che faceva sua madre.
Quando venivo a sapere o a subodorare che a casa La Guardia era giorno di patate, facevo di tutto per farmi trovare di fatto invitato.
Cosa che la madre intuiva sempre, senza il bisogno che avanzassi richieste.
Esclamava, rivolta a me: "Rimani a mangiare con noi, vero?!"
Perfezionato l'invito con l'avviso dato alla mia genitrice e il conseguente consenso espresso da lei, ero già a tavola.
Gli aromi, i sapori, tutta l'amabile atmosfera che vivevo in casa La Guardia erano rimasti nel mio cuore in modo incancellabile.

"Guarda che siamo arrivati."
Così incancellabile, che vi ero con il ricordo piombato dentro.
Gasparone mi riportò all'ordine.
"Siamo arrivati, penso pure che dobbiamo darci una mossa a scendere, perché vedo donne e uomini vestiti non proprio all'ultima moda, muniti tra l'altro di una fiammante sedia a rotelle.
Credo proprio stiano aspettando te."
In effetti, sul marciapiede ci stava venendo incontro un sorridente drappello di tre persone capitanate da Claudia, la quale portava anche la carrozzina.
Per la precisione erano due Dame e un Cavaliere dell'Ordine.
Il trio era in divisa da Pellegrinaggio.
Le Dame con mantello nero e vistosa croce rossa ottagona.
Sotto, vestito bianco con cintura rossa.
Sulla testa un copricapo a metà tra quello di una suora e di una infermiera.
Da Crocerossina, per farla breve.
Il Cavaliere in tuta e basco nero con cinturone, con croce ottagona ovviamente.
Tuta che, dovendo muovere degli infermi, dava una buona libertà di movimenti.
Scendendo dalla macchina, il Capitano come riflesso condizionato non poté fare a meno, salutando, di farsi sfuggire un battere di tacchi.
Lo sguardo che gli rivolsi fu eloquente.
Mi mormorò, con un certo imbarazzo: "E' più forte di me.
Sai, la forza dell'abitudine."

 

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L'accoglienza che mi fu riservata da tutti loro fu cordiale e gradevolissima.
Claudia, nella veste di Crocerossina, si comportava e si muoveva splendidamente, come se non avesse fatto altro nella vita.
Vita della quale, tranne quei fugaci passaggi di gioventù, non sapevo poi molto.
In cuore mio, contavo di colmare almeno parzialmente quelle lacune nel soggiorno a Lourdes.
Con l'aiuto del baldo Clemente, il Cavaliere facente parte del drappello di benvenuto, fui fatto accomodare sulla sedia a rotelle che sarebbe stata condotta dalla mia amica.
Gasparone si aggregò al gruppo e assistette fino a che le operazioni d'imbarco non fossero state ultimate.
Entrati in aeroporto, ci dirigemmo verso il visibilissimo – data la particolarità dell'abbigliamento – gruppo dell'Ordine e pellegrini che avrebbero preso parte alla lodevole iniziativa.
Mi furono fugacemente presentate alcune Dame e alcuni Cavalieri.

Era ovviamente presente una comunità umana variamente dolente.
Da bambini ad anziani, donne e uomini.
Balzava plasticamente agli occhi come nessuno, ma proprio nessuno, bello o brutto, alto o basso, magro o grasso, venisse escluso da certe problematiche.
C'era un via vai di carrozzine.
Tutto questo in una atmosfera di composta dignità.
Alcuni avevano preferito venire con la sedia a rotelle di proprietà.
Spinta da qualche congiunto o da qualche strettissimo amico che avrebbe partecipato al pellegrinaggio come accompagnatore.
Con ottima organizzazione, cominciarono le operazioni di imbarco.
Non trovai particolari difficoltà.
In breve mi ritrovai a bordo, con seduta accanto la Saporini.
Le dinamiche di efficienza e competenza specifica che dimostravano i componenti dell'Ordine erano ammirevoli.
L'arrivo a bordo di un disabile ebbe dei momenti di difficoltà.
Il disabile in questione era un pezzo d'uomo di circa un metro e novanta di altezza, per almeno cento-centodieci chili di peso.
Per farlo accomodare dalla carrozzina al posto sull'aereo fu necessario il sapiente intervento di quattro Cavalieri in divisa da Pellegrinaggio.

I motori erano stati accesi.
Tutti erano stati sistemati.
Eravamo in procinto di decollare.
Da spezzoni di conversazioni captate qua e là, qualcuno diceva che era il suo dodicesimo
Pellegrinaggio a Lourdes nel quale prestava servizio.
Tutta l'Organizzazione rispondeva a criteri di mero volontariato.
Anzi, avendo modo di parlare più approfonditamente con qualcuno di loro, appresi che ognuno dei volontari pagava il suo viaggio e in più partecipava a sostenere i costi di viaggio e soggiorno degli assistiti.
Le ruote del carrello dell'aereo si erano staccate da terra senza scosse di sorta.
Decollati.
Eravamo tra le nuvole, le attraversavamo.
In quel momento più di uno, ci scommetto una serata al Bar dei Sognatori, ha espresso tra sé e sé un desiderio, che in quei contesti diventa il desiderio.
Io non ho avuto il coraggio di farlo, ma di striscio ci ho pensato, devo ammetterlo.
Qualcosa di questo contrastato stato d'animo era stato colto da Claudia.
Mi sussurrò confidenzialmente, cercando di distrarmi: "Sai, il momento del decollo e dell'atterraggio mi mettono ancora un certo stato di inquietudine."
"Con un baldo giovane come me al fianco non hai nulla da temere, tranquilla."
Una bella risata di entrambi coronò il siparietto tra le nuvole.

 

 

 

 
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