Arrivo e soggiorno a Lourdes
[Racconto di Massimo Pedroni]
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[ascolta l'audioracconto] durata 23 minuti
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L'atterraggio fu eccellente.
Eravamo stati accolti da una bella giornata di sole, non calda ma di una gradevole temperatura primaverile.
Le operazioni di sbarco dal velivolo furono effettuate dagli appartenenti all'Ordine di Malta con perizia, efficienza e calda cordialità.
Claudia era incaricata di prendersi cura di me anche in quelle fasi.
Il duo costituito dalla Saporini e dal sottoscritto se la cavò con apprezzabile disinvoltura.
Colei alla cui tutela ero stato assegnato, prima di scendere, si premurò di verificare che non avessimo dimenticato nulla e con garbo si impossessò del mio bagaglio a mano, sollevandomi così dall'adempimento di quella piccola incombenza.
Non era certo questa la prima attenzione che lei e i suoi compagni, o forse sarebbe il caso di dire commilitoni, mi riservavano dall'incontro a Fiumicino per la partenza.
Tutte piccole cose che, nella complessità delle vicissitudini quotidiane da affrontare, mi risparmiavano fatiche e imbarazzi.
A qualcuno sembrerà questione di poco conto, ma posso assicurarvi che un bel risparmio di energia e tensione emotiva sono ottimi propellenti per mettersi in giusta sintonia con la giornata.
Guardando di sottecchi Claudia, cosa che ammetto mi sorprendevo io stesso a fare con una certa frequenza, non riuscivo pienamente a capacitarmi della situazione nella quale mi trovavo.
Mai avrei ipotizzato di potermi confrontare, in una circostanza di così alta spiritualità qual è un pellegrinaggio, con la mia compagna del corso di recitazione di anni prima.
Dall'imparare insieme i primi rudimenti dell'arte teatrale sulle assi del palcoscenico, me la ritrovavo ad assistermi in divisa candida e mantello nero, con tanto di fiammante Croce ottagona bianca in campo rosso appuntata al petto.
Una delle sorprese che quotidianamente ci riserva la vita!
Scesi le scalette del velivolo tenendomi al corrimano e appoggiandomi alla stampella.
Come sperato, fui gratificato da un "bravo" della mia accompagnatrice.
Gli apprezzamenti e gli incoraggiamenti sono sempre un ottimo sprone.
Intanto, i responsabili dell'organizzazione avevano cominciato a mettere in fila i pellegrini per farli salire sul pullman che ci avrebbe portati a Lourdes.
Il loro impegno nel mettere seduti comodamente tutti i partecipanti al pellegrinaggio e nel sistemare i bagagli fu rilevante, ma assolto con collaudata rapidità ed efficienza.
Quattro Cavalieri erano rimasti ad aiutare uno di noi che, essendo alto e di corporatura robusta ma di mobilità più ridotta della mia, aveva bisogno di assistenza particolare per poter scendere dall'aereo.
L'Andy di turno avrà avuto un poco più di quarant'anni e quando sorrideva illuminava se stesso e chi gli stava intorno.
Si chiamava Gianni.
Con lui e Arturo, un ex-Carabiniere diventato disabile per cause di servizio, fummo alloggiati nella stessa stanza.
In seguito venni a conoscenza del fatto che anche Gianni era un ex-militare.
Per tutti, Dame e Cavalieri, la nostra diventò la stanza dei Carabinieri.
Cosa che mi costringeva, con i miei interlocutori occasionali, a puntualizzare che io non lo ero.
Sarei stato orgoglioso di appartenere all'Arma, ma ero solo un semplice giornalista e non era mio costume creare fraintendimenti.
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Era il mio primo pellegrinaggio.
La prima volta che mi recavo in un luogo di fede.
Volevo nasconderlo un poco anche a me stesso, ma più mi avvicinavo alla meta, più cresceva l'emozione.
Essa era dettata dalle riflessioni su come tutta quella vicenda era nata.
Mai avevo chiesto, o solo pensato, di partecipare a un pellegrinaggio.
Ero incerto se considerare tutta quell'esperienza una casualità oppure no.
Questo stato d'animo dubbioso mi indusse, quasi inavvertitamente, a prendere la mano di Claudia, che anche sul pullman mi si era seduta accanto.
Il naturale sguardo interrogativo della Saporini che ne seguì, mi trovò imbarazzato.
Mi ritirai, quasi scusandomi.
Come risposta ebbi un luminoso sorriso.
In breve arrivammo a Lourdes.
Avremmo soggiornato nel Santuario della Cittadella, riservata alla Madonna e ai suoi credenti.
La zona delimitata comprendeva la Grotta dove si era verificata l'apparizione della Vergine Maria.
Voci oranti erano udibili per tutti i viali alberati.
Un ulteriore tocco di pace era dato dallo scorrere di un piccolo fiume, il Gave, che attraversava tutta l'area del luogo dedicato a culto mariano.
Quel posto era immerso in una placida preghiera, un elemento che costituiva una novità per chi, come me, era abituato alla concitazione metropolitana.
Quell'atmosfera faceva sentire meno pesanti i problemi personali di ciascuno.
Non ebbi molto tempo, almeno in quella fase, per fare ulteriori considerazioni alate.
La perfetta macchina organizzativa che ci aveva condotto fin là mi richiamava all'ordine: era tempo di prestare attenzione all'assegnazione delle stanze.
Fummo alloggiati in una palazzina dove era presente anche la sala ristorante.
Le cucine erano affidate a personale francese.
Forse si trattava di un espediente per mantenere desta e senza distrazioni l'alta atmosfera di spiritualità, ma non posso dire che le pietanze fossero esempi di alta cucina...
Per dirla tutta si mangiava abbastanza male... e soprattutto sciapo!
Ma lo scopo del viaggio non era certo enogastronomico.
Ricordo che alla sommità della palazzina vi era una grande terrazza, unico luogo dove era consentito fumare a condizione che fosse presente qualcuno dei responsabili.
In seguito compresi la motivazione di una loro presenza che, inizialmente, mi parve un eccesso di zelo.
In realtà, rispecchiava il loro spiccato senso del dovere e l'assoluto impegno nell'offrire le maggiori sicurezze e garanzie agli assistiti.
L'impronta data a tutto l'impianto organizzativo era finalizzata alla salvaguardia dei pellegrini.
Tra le prime richieste ci fu, infatti, quella di informare l'organizzazione del piano terapeutico che ognuno di noi era tenuto a seguire: quali farmaci doveva assumere e con quale periodicità.
Ai piani, dove affacciavano le nostre stanze, era presente un presidio h24 di almeno un paio di membri dell'Ordine che nel giro di un niente, in caso di necessità, avrebbero fatto sopraggiungere dei medici.
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Nulla era lasciato al caso, c'erano regole precise da rispettare per ogni momento della giornata.
Il mattino sveglia alle sette data dai Cavalieri che, in tuta nera, cinturone e basco nero da pellegrinaggio, sarebbero entrati nelle stanze.
Ognuno di loro si sarebbe preso cura di uno di noi.
Il mattino è un momento particolarmente complesso per gli Andy.
Ricomporsi, lavarsi e vestirsi sono azioni che comportano mille difficoltà.
Posso confessarvi che certe mattine, al risveglio, vorrei tanto essere uno scozzese.
Non per diventare spilorcio, caratteristica che le malelingue attribuiscono a quel nobile popolo, ma per non dover mettere e togliere quotidianamente i pantaloni.
Indossando un kilt, sarebbe veramente tutta un'altra cosa!
Ma torniamo ai nostri risvegli: i Cavalieri rimanevano a disposizione per aiutarci in tutte le fasi di preparazione.
La camera che dividevo con i miei due compagni di avventura era abbastanza grande, con arredi sobri ed essenziali e soprattutto idonei per fare fronte alle nostre specifiche necessità di Andy.
Arturo e io eravamo abbastanza autosufficienti, per cui l'aiuto sempre ben accetto dei Cavalieri consisteva praticamente nelle rifiniture: abbottonare meglio i polsini delle camicie, aiutare ad allacciare le scarpe ecc.
Nel mio caso arrivarono pure alla squisita gentilezza di farmi la barba.
La prima mattina della nostra permanenza, uscendo dalla stanza con Arturo muniti chi di bastone, chi di stampella, mi resi conto che i nostri Cavalieri, con l'aiuto di un quarto sopraggiunto, erano intensamente impegnati a prendersi cura di Gianni.
Nella sala da pranzo era allestita la colazione.
Tra una chiacchiera e l'altra, Arturo e io terminammo nel giro di breve di sorseggiare le nostre bevande calde e mangiare qualche biscotto.
Di Gianni e i nostri Cavalieri non v'era traccia.
Fummo improvvisamente raggiunti al tavolo da Claudia con il suo portato di energia positiva: sorrisi, scambi di bacini di buongiorno, brevi considerazioni sul come era andata fino a quel momento.
Lei, come tutti gli altri dell'Ordine, quando non erano in servizio alloggiavano in strutture alberghiere fuori dal Santuario.
Da quando ci avevano assegnate le stanze era la prima volta che ci incontravamo.
Oggi avrebbe fatto servizio all'organizzazione dei trasporti degli assistiti, ci avrebbe condotto lei al punto di partenza e ci avrebbe presentati e affidati ai barellieri di riferimento.
Di Gianni ancora nessuna notizia, stavo cominciando a preoccuparmi.
La Messa, alla quale come da programma dovevamo recarci, sarebbe cominciata di lì a breve.
Chiesi alla Saporini se poteva reperire qualche informazione su Gianni dai suoi commilitoni.
Non ce ne fu bisogno perché sopraggiunse Venanzio, il più esperto dei nostri Cavalieri.
Era un uomo alto almeno uno e novanta, prestante, che seppi in quella sede essere al suo ottavo pellegrinaggio a Lourdes.
Ci consigliò di andare, altrimenti avremmo fatto tardi alla funzione.
Gianni non avrebbe partecipato a causa del suo stato di salute.
Vivendo quei giorni a Lourdes con i miei compagni ebbi modo d'imparare tanto su quanto possano essere severe alcune condizioni, più di quanto possa apparire da evidenze già di per sé gravose.
La storia di Gianni ne era un esempio crudo e amaro.
Durante le chiacchierate di fine giornata, prima di addormentarci, venni a sapere da lui stesso che, oltre al già ragguardevole carico di disabilità, doveva fronteggiare pure le crudeltà mentali che la moglie operava ai suoi danni quotidianamente da quando era precipitato nel gorgo della disabilità.
Le cose che disse Gianni mi lasciarono stordito dallo stupore e dall'incredulità, in balia di un senso di profondo dolore e amarezza.
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Sollecitati da Venanzio, ci avviammo.
Il veterano dei pellegrinaggi si adoperò prendendosi cura di Arturo, io fui assistito da Claudia.
Arrivammo al pianterreno ove, in un'atmosfera di composta ma frenetica efficienza, Dame e Cavalieri organizzavano i trasporti.
La superficie del Santuario è molto estesa e per questo da molto tempo, per raggiungere i vari punti al suo interno, sono a disposizione dei mezzi appositi.
Si tratta di calessini, con la cappottina alzabile in caso di pioggia, tirati a mano da un volontario.
Sono delle voiture dall'estetica di fine Ottocento-primi del Novecento: una sorta di risciò della solidarietà.
Alla prima funzione del pellegrinaggio alla quale avrei assistito, in una delle chiese del Santuario, sarei stato trasportato da Raimondo, Cavaliere al quale fui presentato da Claudia.
Lei era di servizio ai trasporti degli assistiti; rimase quindi alla stazione di partenza dei calessini per cercare di dare il maggior ordine e conforto possibile agli utenti tra il via vai di arrivi e partenze.
Raimondo, il mio primo barelliere del pellegrinaggio, era un laureando in Ingegneria Informatica di Bergamo, al suo secondo soggiorno a Lourdes.
Era molto cordiale e garbato, nonostante la fatica che doveva provare scarrozzandomi per il Santuario.
Tuttavia, teneva bene la conversazione.
Parlando del più e del meno, avvicinandoci alla nostra destinazione, avvertivo crescere in lui una certa preoccupazione.
La Messa sarebbe cominciata nel volgere di poco, bisognava affrettarsi.
Cosa che, grazie a Raimondo, riuscimmo a fare anche noi.
Giunti all'ingresso dell'edificio sacro, mi resi conto della problematica che doveva destare una certa apprensione nel mio barelliere.
Continuavano a sopraggiungere voiture su voiture.
Il problema, non di poco conto dato che la chiesa ne era già quasi piena, consisteva nel come riuscire a farle entrare tutte.
In quell'occasione, sotto i miei occhi ammirati, si dispiegò tutta l'efficienza organizzativa dei componenti dell'Ordine.
Saremmo stati circa tre o quattrocento assistiti con relativo calesse da sistemare.
Attenendosi scrupolosamente alle disposizioni date da un Cavaliere di età matura, evidentemente in possesso di notevole esperienza, tutto fu ottimamente ordinato e organizzato.
Tutti i calessini erano stati disposti in modo da non dare intralcio e da lasciare autonomia di movimento alla singola carrozza, per ogni eventuale necessità.
Provai una grande emozione quando fui portato a vedere la Grotta dove avvennero le apparizioni della Madonna, nella quale ora è collocata una statua mariana di fronte alla quale si prega per tutto il giorno.
Mi fu data la possibilità, come a tutti gli altri pellegrini, di poter toccare la roccia della Grotta.
Tutte le sere, di fronte alla statua della Madonna, si recita il rosario.
Devozione e speranze sono palpabili nell'aria.
Tutta l'atmosfera che si vive nel Santuario ha l'impronta dell'accoglienza e di sentimenti profondi.
Io stesso percepivo un nuovo stato d'animo completamente diverso in me.
Difficile da definire e comunque tangibile, nel segno di un arricchimento interiore.
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Con Claudia non è che riuscissimo a vederci poi molto, impegnata come era dagli ordini di servizio.
L'ultima sera facemmo uno strappo alla regola: andammo a mangiare fuori con gli amici di stanza e con alcuni dei responsabili.
Claudia era della partita.
Nel clima vivace e festoso che si era venuto a creare riuscimmo comunque a scambiare due parole, e non di quelle generiche o, come si dice in teatro, pure battute di servizio.
La serata fu gradevole anche perché conversando affiorarono spaccati della vita di tutti i giorni dei Cavalieri.
Argomenti connessi al lavoro, alla famiglia, alla spinta motivazionale che li induceva a prestare la loro opera a Lourdes.
Da quel che dissero sembrava fosse più quello che noi davamo a loro che non quanto loro dessero a noi.
Notai che Claudia annuiva.
Le basi per il consolidamento di future amicizie e scambi relazionali erano state poste nei fatti.
Le giornate al Santuario trascorrevano in un clima di grande serenità.
Ci sentivamo protetti e ben voluti.
In uno di quei pomeriggi, due degli organizzatori che si occupavano di noi chiesero se avessi gradito di immergermi nelle piscine di acqua benedetta.
La proposta mi entusiasmò, solo obbiettai che non avevo l'asciugamano e le altre cose necessarie all'occorrenza.
Con un gradevole sorriso sibillino, Agostino mi disse che non ce n'era bisogno.
Se volevo, a metà pomeriggio sarebbero venuti a prendermi.
Concordammo per le ore 16.
Venne a prendermi Luca.
Salii sulla voiture e cominciammo a dirigerci verso la nostra meta, scambiando qualche chiacchiera.
Luca era laureato in Geologia, ma operava nel settore immobiliare.
L'atmosfera tutta di quel pomeriggio era veramente gradevole.
Giunti all'ingresso delle piscine, trovammo una fila consistente ma ordinatissima di carrozzine e voiture, con assistiti e accompagnatori che attendevano il loro turno.
Non avevo niente con me di ciò che ritenevo essere necessario in un contesto del genere.
Riproposi le mie incertezze a Luca.
Non ebbe modo di rassicurarmi perché era giunto il mio turno e non volevo rallentare la fila.
Due volontari, credo francesi, mi accompagnarono nello spogliatoio e mi fornirono di un asciugamano per coprirmi una volta svestitomi.
Cosa che, con discrezione ed esperienza, mi aiutarono a fare, prima di portarmi alla piscina per gli uomini, a pochi metri dallo spogliatoio.
Quella che veniva chiamata piscina, era in realtà una vasca piena di acqua del Santuario.
Sorretto dai due volontari, scesi due o tre gradini nella vasca ed ebbi modo di immergermi completamente.
Non voglio cadere in passaggi retorici, però inequivocabilmente ebbi una scossa... e non certo per la temperatura dell'acqua.
Uscito dalla vasca, notai con estremo stupore che nel volgere di qualche istante ero già completamente asciutto.
Rivestitomi, uscendo incrociai lo sguardo sorridente di Luca che disse: "Avevo ragione nel dire che non c'era bisogno di niente?"
Annuii.
Ancora adesso, se ci ripenso, mi sembra inspiegabile.
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Il soggiorno denso di atmosfere e sollecitazioni spirituali stava volgendo al termine.
Il pellegrinaggio si sarebbe concluso con il nostro ritorno a casa l'indomani.
Per l'ultima serata, a coronamento della devozione per chi era credente e della partecipazione emotiva per chi era più tiepido sull'opzione di fede, era prevista una processione che si sarebbe svolta internamente al Santuario.
Avrebbe avuto inizio verso l'imbrunire e tutti – assistiti, accompagnatori e barellieri – avrebbero sfilato fino alla chiesa principale con dei lumini votivi tra le mani.
Come elemento ulteriormente gradito, ebbi al mio fianco per tutta la cerimonia Claudia.
Il colpo d'occhio che offriva nella notte il serpentone di abili e disabili nelle loro voiture o con le loro stampelle, preceduti dalle autorità ecclesiastiche officianti, destava sicuramente una certa emozione.
L'indomani fu tutta una frenesia per adempiere al meglio le pratiche per la partenza.
Nei preparativi spuntavano, come naturale che fosse, i vari souvenir acquistati.
Le classiche boccette di acqua della fonte miracolosa a forma di Madonna, ovviamente, ma anche vere e proprie taniche contenenti almeno tre litri di acqua benedetta!
La fantasia e i gusti di tutti avevano potuto trovare soddisfazione.
Anch'io riportai con me qualche ricordo, ma quello che conservo nel più profondo della mia coscienza non l'ho certo potuto acquistare su alcuna bancarella di sorta.
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