Domus Aurea

 

La più ampia delle dimore imperiali. Svetonio, per darne una grandezza di misura, la paragona a una estensione che include: "Tre portici lunghi un miglio e uno stagno, anzi quasi un mare, circondato da edifici grandi come città".
Insomma, la residenza occupa quasi tutto il centro dell'antica Roma andata distrutta dall'incendio del 64.
Sempre Svetonio descrive i locali, le stanze e gli arredi ornati di oro, gemme e conchiglie.
Sale da pranzo con soffitti ricoperti da lastre perforate di avorio per consentire cascate di petali di fiori e aspersione degli ambienti con profumi nonché bagni forniti di acqua marina solforosa per rilassare il corpo. La maestosa Domus, alla fine della costruzione, occupa effettivamente un'area immensa: dal Palatino e dalla Velia (ubicazione del vestibolo) fino al Celio.
Il progetto è a firma degli architetti Severo e Celere che in pochi anni realizzano gran parte dell'opera ma non si conosce la condizione degli operai, degli schiavi che effettivamente innalzano gli edifici. Tuttavia studi recenti datano differentemente la costruzione e indicano diversi e successivi tempi di esecuzione, fino al completamento della Domus durante l'impero di Ottone.
Si sa invece con certezza che Nerone la occupa per poco tempo perché muore tragicamente nel 68. Il ricordo dell'imperatore, folle e odiato, non sarà duraturo nella Domus.
Infatti con la costruzione delle terme di Traiano, dopo l'incendio del 104, gli ambienti della dimora neroniana vengono inglobati nelle murature delle fondazioni delle terme e quindi interrati, non senza aver prima asportato tutto ciò di riutilizzabile.
Le prime scoperte della Domus Aurea risalgono al Rinascimento.
Quel che resta oggi della dimora imperiale è uno dei padiglioni sul Colle Oppio.
La cosiddetta Sala Ottagona, in questo padiglione, è orientata sulla posizione del sole all'equinozio di autunno dell'anno 64, pochi mesi dopo il grande incendio.

 

 

Città imperiali, città semidistrutte

 

 

 Torna all'elenco dei racconti  Torna al sommario