Cronache dei colori - Eventi e storie del mondo cromatico : Storia dei colori

Storia dei colori


 

 

Rosso Porpora

La porpora, simbolo di fascino e di potere, è stata di grande attrazione presso le civiltà antiche. Platone, nel Timeo, la considera un impasto di colori, derivante dal rosso mescolato al nero e al bianco.
Ma la sua origine viene dal mare.
Una prima memoria risale ai fenici. Un'antica leggenda racconta che un cane del dio Mekarth, protettore della città di Tiro, si macchiò il muso per aver morso una conchiglia. Il popolo fenicio aveva una grande tradizione in quanto a tinture di stoffe e furono i principali produttori e commercianti di porpora del bacino Mediterraneo. Avevano compreso che dai molluschi del genere Murex, essiccati al sole e poi bolliti con l'orina, è possibile produrre il prezioso colorante porpora. Questa conoscenza si diffuse tra cretesi, greci e romani.
Tra questi ultimi, le stoffe porpora erano simbolo di nobiltà e dunque di prestigio. Nel periodo repubblicano i generali vittoriosi in battaglia si ammantavano di porpora. E nel IV secolo il colore viene riservato all'imperatore, l'unico ad avere il diritto di indossare vestiti tinti di questo colore.
Esistevano tintorie specializzate per ottenere la porpora. Queste officine potevano operare solo con il consenso imperiale.
Ma tornando ai primi re, esisteva all'epoca di Numa Pompilio il Collegio dei tintori, suddivisi fra i flammarii per la tintura giallo-arancio estratta dal carcamo, i crocotarii per la produzione di tessuti gialli ottenuti con l'impiego dello zafferano, gli spadicarii che derivavano il blu dal tannino e, infine, i purpurii per la raffinata porpora.
Plinio nella Storia Naturale, descrive lungamente le conchiglie originarie del colorante rosso porpora.
Nel racconto naturalistico viene narrato che nella cavità dei molluschi murici vi è una vena bianca in cui si raccoglie il liquido della porpora. Dopo averli catturati, si raccomanda di gettare la conchiglia ed estrarre il mollusco per ucciderlo in acqua dolce. Ma, se di piccole dimensioni, Plinio raccomanda di triturare gli animali vivi.
Al di là di queste immagini di sterminio di molluschi, Plinio si sofferma sulle tipologie delle conchiglie che producono la porpora.
Queste sono il buccino e, denominata con lo stesso nome del colorante estratto, la porpora. La prima è di più piccole dimensioni mentre la seconda, è caratterizzata da un rostro sporgente e da un'apertura laterale, con diverse spine tra le spire. Plinio conta sette aculei per giro i quali non sono presenti nel buccino. In entrambe le tipologie le spire indicano gli anni di vita della conchiglia.
Plinio si sofferma sulle porpore, altrimenti dette pelagie, che classifica in diverse varietà, in funzione dell'alimentazione e terreno di riferimento. Ad esempio, la porpora lutense che si ciba di fango limaccioso oppure la alghense che si nutre di alghe o la teniense che si raduna in banchi di scogli o infine la calcolense che prende il nome dalla ghiaia marina.
Il grande naturalista latino scrive ancora che, ai fini della tintura, l'estratto dal buccino non è considerato valido perché non produce un colore resistente al tempo ma è un'ottima base colorante se fissata con la porpora pura.
In tutt'altra epoca e cultura, i messicani di Tehuantepec, senza arrivare a trucidare i molluschi, usavano raccogliere il liquido emesso dai molluschi soffiando semplicemente sulla conchiglia. Quest'azione innestava la reazione istintiva dell'animale il quale si ritraeva nel guscio facendo secernere alcune gocce di liquido che i pescatori raccoglievano, lasciando vivo e libero il mollusco catturato.
Il liquido estratto si presenta come una sostanza molto densa e vischiosa e ha un odore nauseante. Appena raccolto ha un colore giallo ma con l'azione della luce esso muta in verde, blu, rosso, fino a raggiungere un tono porpora.

 

 

 

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