Deposizione integrale presso la Commissione Cosmica della Luce Naturale di Sir Atreius delle Tenebre & C.

[Racconto di Giovanna Gra]

 

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durata 22 minuti

Onorevole Spettro.
Onorevoli colleghi e Pigmenti.
Ministri dell'Iride.
Sono lieto, in qualità di Signore delle Ombre, di far parte di questo supremo concorso.
Ho ascoltato con molto interesse coloro che mi hanno preceduto.
Ho assunto dati.
Formulato tesi e antitesi.
Tratto le mie conclusioni.
E vi confesso, miei cari colleghi, fratelli e associati, che questo dibattito, invero, tratta non di sfumature, non di tonalità, come può apparire a un auditore superficiale.
No, quelle sono apparenze!
La sostanza qui (e diciamolo una volta per tutte) verte attorno ad una cosa sola.
Perché la verità vera è che un'unica ragione ci preme.
Un solo contrasto è in atto, una sola guerra.
L'arcano dualismo.
Il vero concetto.
Dato inconfutabile, infatti, è che noi qui si dibatte fra luci ed ombre.
E chi, fra ombra e luce, abbia la supremazia!

Sì, è vero, ciascuno di noi vorrebbe essere il primo colore dell'Iride, ma nella vita le cose non hanno mai mezzi toni: sono bianche o sono nere, questa è la realtà!

Così come accade nel mondo, del resto, ove tutto si dimena fra notte e giorno, fra sì e no.
Fra caldo e freddo.
Fra sinistra e destra.
Fra cielo e terra.
Nero e bianco, gli opposti inconciliabili, gli estremi.
Come l'urlo e il silenzio.
Il giorno, regno di luce, di caldo, di sole; la notte, patria del buio, del freddo, di luna e stelle.

Paradossale dunque che io, Atreius delle Tenebre, sia qui per... semplificarvi la vita e sia costretto in ciò ad illuminarvi più di altri.

Sì, il mio nome è Atreius e deriva dal termine ATER, l'antico nome del nero. Quel nero-nero ove i colori sono assenti, la luce è assente e regna finalmente l'ombra.

Signori:
io sono dei colori la sintesi, la somma, il nulla!

"In principio Dio creò il cielo e la terra.
La terra era sterminata e vuota,
le tenebre erano sulla faccia dell'abisso..."
[Genesi I 1-2]

Questo è stato scritto poiché questo ERA!
La mia famiglia, la mia casata, regnavano sulla volta del mondo!

Non credo che quei Bianchi cerulei ed efebici possano aver molto da dire, no!
Non vi do udienza!

Vi dirò una cosa, pallidi omini senza storia.

La mia è la mano che ha tenuto spente le stelle!
Sì, questa!
Questa è la mano che ha impugnato l'universo.
Certamente!
Esattamente!
E fra le cinque dita chiuse in un pugno ho covato quel grumo di energia nera, densa, informe che ha dato inizio alla vita cinque miliardi di anni fa!
Tanti di più ne ho vissuti.
Il silenzio ruotava attorno ad una galassia dispersa.
Vi erano polveri di stelle, gas iridescenti e invisibili, respiri del cielo.

Pallide ombre di uomini di là da venire vagavano in cerca di un soffio.

Ombrosi scorci di mondo si smaterializzavano fra fumi nerissimi ed espansi.

Questo ho covato per millenni!

 

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Immagine dell'oceano nero (Per leggerne la descrizione proseguire nel link). Si vedono onde nere con frangenti di schiuma bianca. Sullo sfondo, un cielo nero, puntellato da stelle.Particolare delle onde, lato destro.Particolare delle onde, lato sinistro.
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Poi, per una congiuntura di forze, tutto prese a girare...
Tutto si concentrò.
Tutto si dispose nel vortice di un'immensa spirale.
Tutto:
idee, passato, futuro, presente.
Guizzi antichi, impeti futuri.
Visione prospettiche del divenire, tracce dell'andare e del passato.

Ma ancora, impugnandole fiero, dominai le forze rotanti per molti anni.
Sì, io, il NERO INIZIALE!
L'oscura materia compressa, il NERO CREATIVO: il colore della pasta da cui nasce la prima idea.
Il pigmento del principio.

Giacché nella mia melma oscura si mescolavano e si scioglievano tutte le idee latenti di principio.
Perché sappiate che è nel nero che le idee prendono a coagularsi, come in una pentola furiosa che ribolle di ipotesi, di sensazioni, di suggestivi spunti.
Ah-ah!
Adesso rimanete silenti!
Adesso rimanete incantati!

Era una notte buia e tempestosa direbbero alcuni!
Lo era, lo era...

Sono passati decenni da quando il brodo nero si rimestava sempre più violentemente.
Un vortice oscuro avvolto su se stesso.
E anche se, talvolta, qualche stella s'infiammava, veniva spenta subito dopo dagli schizzi oscuri, da gocce d'ombra, da onde di onice, dalla fretta, dalla veemenza e dalla furia della creazione.

Poi l'idea nacque e il cielo s'infiammò.
Usci dall'uovo del cosmo e io, IO permisi alle stelle di scaldarsi le punte e di accendersi a loro piacere!

Per questo il mio secondo nome è Caos.

Poiché era tutto qui, dentro al mio palmo.

Ivi inclusi quelle migliaia di piccoli neutrini che io, io solo scagliai contro le stelle e che, incontrandone una appena nata, ebbero l'esplosiva intuizione e diedero origine all'universo o, se volete, alla sua idea.

Io lanciai la bomba!
Non le stelle, no!
Le stelle stavano a guardare!

Io fui la causa del cosmico botto, ergo, rivendico in questo variegato consesso la palma di COLORE MATRICE!

Io, che viaggio nella biosfera sotto forma di particelle al secolo note come melanine.
Mi diffondo nella litosfera come un minerale, come carbone, come petrolio.
Mi riconosco nello spazio come piccole particelle di grafite.
Io che sono ovunque, ovunque mi cerchiate.

Oh, sì, quei Verdi invidiosi si domandano retorici:
Nero?
Un colore?!
Come può esserlo se è assenza di luce?

Ignoranza sovrana!
Ignoranza sovrana!

Noi siamo fatti così, è questo che ci differenzia e ci distingue: pigmenti che anziché riflettere la luce l'assorbono.
Questo dà luogo al nero!
Il nero è l'unico colore che cattura la luce!

Ma voglio stupirvi e vi dirò, Signori, che anche il sole è nero.
Ah no?
No?!
Dicono quei Bianchi, pallidi per la notizia...

 

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Immagine stilizzata, a tratto nero, di uno scarabeo (Per leggerne la descrizione proseguire nel link). Al centro, la figura di uno scarabeo disegnato su fondo giallo-arancio.Particolare dell'addome dello scarabeo.Particolare della testa dello scarabeo.
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Certo che non mento e vi spiego perché.
Nero si dice, in fisica, di un corpo luminoso che non riflette ma assorbe tutta la luce.
Ergo, in fisica, il sole ha le caratteristiche del nero.

Cosa berciano quei Gialli asfittici?
Non hanno forse letto ciò che annuncia l'egiziano Libro dei morti, al capitolo 64?

"In verità io trabocco di possibilità senza limiti e il mio nome è
'il Grande Tenebroso'.
Ciò che in me è celato,
conformemente al ritmo del tempo
Io lo manifesto attraverso il mutamento delle mie cangianti forme."


Oh, quante storie in questa iridescente assemblea!
Quanta ignoranza!
Che terribile pressappochismo!

Cosa ha da dire ancora il Giallo?
Sì, è vero, voi avete vestito l'Olimpo e, perbacco, lo stesso Zeus; ma anche noi abbiamo la nostra storia e non di minor rango!

E dunque io invoco:
Ah, pensaci tu agli stolti Artemide fiera!
Poiché costoro non sanno del tuo lato oscuro.
Artemide, dea della vita, potente e arcana.
E regina di morte efferata e sovrana.
Te che chiamavano Melanide.
Te che chiamavano Scotia.
Te che nei tuoi nomi nascondi i significati del nero.
A te, dunque, l'ultima parola!

E mi rivolgo anche a te, adorato Anubis, nero Egizio.
Tu che sorvegli i giardini dei morti, le necropoli, il silenzio.
Tu, Dio sciacallo dalla testa nera, che vigili sulla grande fine!

Ma Signori Pigmenti!
Signori Pigmenti, per favore!

Onorevole Spettro.
Onorevoli colleghi.
Colori!
E voi, Ministri dell'Iride!
Se continua questo bisbigliare, se gli argomenti che fin qui vi ho enunciato non confortano a dovere le miei ragioni...
Forse, forse, è opportuno che vi rammenti la mia parentela con Lucifero.

Forse è bene che vi rammenti che le mie regioni si estendono a sud dell'alba e a nord del tramonto.
Forse è indispensabile che vi convinca che ancora oggi io stesso governo pattuglie di demoni.
Che fra i miei neri cieli volano streghe e fantasmi.
Nonché belve, aridi mostri e... curiose e inaccettabili parti di voi stessi.

Io posso gettarvi nel terrore, posso avervi in mia balia.
Posso, nel mio silenzio, dilatarvi il tempo e lo spazio.

Ah, non credono alle mie parole quei tetri Violetti?
Chiedetelo allora a Giona chiuso nel buio del suo pesce!

Egli invoca il Signore, teme il buio degli inferi ove si sente smarrito, conta il tempo che rallenta e pare eterno.
Piange la profondità degli abissi, del nero cuore del mare, patisce l'oceano oscuro che lo avvolge.

Questa la sostanza delle sue cronache al buio.

E poi Signori, è talmente vero quel che sostengo, che, se fosse falso, non mi si consentirebbe il patrocinio di un'arte!
Certo, dell'arte nera: l'alchimia!
Non conoscevate il suo etimo?

Eruditevi, gente!

 

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Immagine del caos (Per leggerne la descrizione proseguire nel link). Si vede uno sfondo scuro di cielo, illuminato da stelle dilatate dalla luce, con al centro un turbine concentrico di scia luminosa bianca.Particolare di due stelle.Particolare della scia luminosa.
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Del resto, non sono stati i pigmenti della mia casata a decidere i destini del nobile Egeo?
Come dite?
Davvero gli Arancioni non conoscono la storia?

Dunque, che mi si conceda silenzio e la racconterò!

Voglia la favella essermi amica.
Accadde molto tempo fa, sebbene anche allora, come oggi, l'orizzonte si contendesse il confine con il cielo.

Egeo scrutava lontano e cercava prove del ritorno del figlio suo.

Teseo, il figlio, era partito e aveva condotto con sé vele bianche e vele nere nel lungo viaggio.

Egli era andato per la sua guerra:
per la sua Arianna e per uccidere l'orribile Minotauro che voleva ingoiare la donna.
Così, egli aveva ordinato al suo equipaggio due cose:
issare vele oscure in caso di disfatta e di sua morte, o armare vele bianche in caso di trionfo e vittoria.
Ma il vento soffiava e non spirava buone nuove né cattive in verità, piuttosto spirava vuoto.
Il vento spirava oltre i destini e lungi da lui l'idea di svelare ciò che sarebbe accaduto.

Ma accadde l'inevitabile.

E ora Teseo, il figlio atteso, viaggiava veloce.
Aveva già la vittoria fra le mani e solo voglia di tornare.

Ma Teseo navigava anche nel suo mare di tristezza.
Così, in effetti, l'eroe piangeva da molte notti.

Ricordava la sua Arianna, morta, destino ingrato, senza di lui.
A nulla era valsa la sua furia contro il Minotauro poiché ella, ora, più non sorrideva.

E adesso egli era talmente dedito alla sua fretta e al suo dolore che aveva scordato il colore delle vele della sua nave.

Quelle vele nere che aveva voluto tese di dolore il giorno della partenza, il giorno in cui morta Arianna, morto il Minotauro, aveva deciso di tornare al padre.
Ma Teseo, poco prima di avvistare la paterna terra, si dimenticò di mutare quelle vele in vele bianche e impedì così che la lieta novella del suo ritorno giungesse a suo padre prima di tutto.
E suo padre Egeo, che lo attendeva come il domani, scorse le vele di lontano, scorse la barca e vide che ella era tristemente armata.

Ed ecco che Egeo, come pattuito, si fece interprete di quel segno:
la morte del figlio.
Così da padre straziato dal dolore e dal destino, nel mare si perse e si lasciò cadere.

Per questo, oggi, quel mare si chiama come lui... Egeo.
Per delle vele nere.
Ma altri bisbigli giungono alle mie orecchie...
Non mi sembrano enunciabili i dubbi di quei Signori Purpurei laggiù!
Come dite?

Certo, ho manie di grandezza, voi non l'avreste potendo sedere a fianco della Notte?

Certamente, della Notte ho detto!
Da giovane io ero ospite nei suoi giardini.
Impeccabili notti d'estate quelle, dove mi divertivo a giocare con i suoi figli, i
figli della notte:
Hypnos, il sonno, e Thanatos, la morte.
Fratelli e gemelli, miei inseparabili amici.

Al tramonto noi la vedevamo uscire, la Notte, con il suo cocchio trainato da quattro cavalli neri e seguivamo il suo furente galoppo in compagnia delle Erinni, persecutrici notturne degli uomini colpevoli.

 

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Immagine stilizzata, a tratto nero, di Anubi (Per leggerne la descrizione proseguire nel link). Si vede la testa della divinità egiziana rappresentata di profilo. E' rappresentato con la testa di sciacallo coperta dal tipico copricapo egizio, il klaft, con due lembi a ricadere sulle spalle.Particolare della testa di sciacallo.Particolare del copricapo.
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Ma cos'altro posso dire per dimostrarvi il potere che mi ammanta?
Posso forse recitarvi le parole dei salmi?

"Egli abbassò i cieli e discese fosca caligine ai suoi piedi.
Cavalcava un Cherubino e volava,
si librava sulle ali del vento.
Si avvolgeva di Tenebre come di velo,
acque oscure e dense nubi lo coprivano."


Accidenti, io sono ovunque ed è solo questo che dovete accettare!
Io sono il colore dell'inchiostro.
Sono la pece, il carbone.
Sono nelle dodici ore del cielo notturno.
Sono nella profondità delle grotte.
Sono nei pensieri nefasti.
Sono negli umori in picchiata.
Sono nelle pupille di tutti.
Sono fra le nubi, quando le nubi covano i temporali.

Sono colui da cui dovrete scappare per venire alla luce.
Sono colui da cui tornerete quando vi spegnerete.

Sono uno scarabeo nero che attraversa le dodici ore notturne, noto e adorato, Sole Nero del potente Egitto.

Sono nel tredicesimo arcano dei tarocchi: la morte.
Sono tessuto nelle trame.
Sono in tutti i lunedì che vi è un ritorno.
Sono la toga del giudice e l'abito talare del prete.
Sono la parte indispensabile delle scacchiere.
Sono l'ultima maglia del giro d'Italia.

Sono un buco nero, da cui la luce emessa al suo interno non può fuggire.
Per questo non mi potete osservare direttamente.

Sono in quelle pietre nere con cui i Romani indicavano i giorni tristi.
Sono nel mantello di Plutone.
Scintillo sulla barba di Caronte.

In Cina sono il colore del Nord e il colore dell'acqua.
Sfreccio sulle tavole dei biliardi come palla numero otto: la nera, l'ultima che deve raggiungere la buca, quella che, se cade prima, sancisce la sconfitta.

Sono nei tartufi di valore.
Sono il diesis.

E mi vanto poiché vesto molti eroi.
Sono la maschera di Diabolik, il mantello di Zorro.
Sono il costume del mitico Batman.
Ho vestito le epoche, le mode, le correnti, dai dark agli skinheads.
E sono ambito e scelto perché rendo gli uomini e le donne magri e filiformi.

Nelle guerre stellari sono arruolato come Lato Oscuro.
Sono quella parte del lavoro che non emerge.
Sono il primo attore di una black commedy.

Sono nero di pelle.

Sono l'opposto, l'altra parte, quella sempre in ombra, il bastian contrario...
E sono nei proverbi inglesi quando recitano:
"Nella casa dove vive un gatto nero non mancherà mai l'amore."

Ma voglio lasciarvi con le parole dei grandi.
"La notte ci piace perché, come il ricordo, sopprime i particolari oziosi", diceva Jorge Louis Borges.

E ancora, il divin Michelangelo...

"O notte, o dolce tempo, benché nero [...] o ombra del morir, per cui si ferma, ogni miseria, a l'alma, al cor nemica."

Questo sono, in musica, un lungo silenzio da cui stanno per sgorgare le note!
Sono la quinta dei sogni.
Sono dentro di voi e un giorno dovrete trovare la forza di guardarmi, perché solo allora, Signori, potrete dire di essere liberi.

Era una notte buia e tempestosa...
Non dimenticatelo!

 

 

 

 

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