"Salve, sono Jo Peg, prima web-gallerista nella storia della Rete... Per coloro i quali raggiungono per la prima volta le pagine della mia gallery ricordo che le personali e le mostre che via via presentiamo trattano quadri interattivi di personaggi illustri i quali vengono fantasticamente intervistati secondo i prodigi tecnici raggiunti nel mio atelier. E tra breve, ancora qualche minuto... tutti i pixel saranno dedicati alla più famosa donna scienziato della fisica e della chimica moderne.
ore 19.00 UTC... A tutti gli internauti collegati, ecco a voi il volto di una Signora che ha veramente fatto un'epoca... Ecco a voi Madame Curie." Stacco musicale e, dissolvenza del ritratto, a lenta animazione. Bevo un bicchiere d'acqua, mi schiarisco la voce... alla terza mostra monografica non devo tradire l'emozione... l'apprensione di intervistare gli illustri... ma stavolta, accidenti... se penso ai miei voti a scuola nelle materie scientifiche... mi sento proprio male! Sarò all'altezza di questa intervista? Sfuma la musica e il ritratto della Curie è in primo piano. La prima impressione è di una persona dimessa, dagli abiti neri e lisi. Ma lo sguardo è diretto e penetrante. "Ehm... benvenuta professoressa, cioè Madame", La Curie mi lancia un'occhiata severa... ecco che ho già sbagliato! "Buongiorno a lei", nonostante l'austerità, la voce oltre alla fermezza ha un tono benevolo e vagamente delicato. "Comprende che lei sia nota alla storia come la favolosa Madame dei premi Nobel e non viene immediatamente evocato il titolo di professore alla Sorbona!" "Comprendo, signorina...", risponde con affabile concessione. Poi però più incalzante: "Di cosa vogliamo parlare?" "Della sua infanzia", rispondo risoluta, "Quale il clima della Polonia di Marya Salomee Sklodowska, nata a Varsavia il 7 novembre 1867??" "Sono cresciuta con mio padre e con lui iniziai a studiare. Mia madre, tubercolotica, morì ben presto. Non ho avuto quasi alcuna interazione affettiva con lei. Il babbo allevò i suoi figli nel patriottismo e nell'amore della scienza. La Polonia, allora dominata dalla Russia zarista, spazzava via la cultura polacca. A scuola vivevamo nella clandestinità." "Clandestini, in quale senso?" "Avevamo un doppio orario: uno ufficiale e l'altro nascosto. Voleva dire che le ore dedicate alla storia, alla lingua e alla letteratura polacca figuravano sotto altre discipline. A una campanella convenuta, in caso di ispezione governativa, occultavamo i libri e si inscenava una normale lezione autorizzata." "Pur tuttavia dovevate conoscere la lingua russa?" "Pur tuttavia...", fa laconicamente eco la Curie. "Quante lingue conosce, professoressa?" "Domanda insulsa... si conoscono le lingue che occorrono!", risponde secca lei. "Giuuuusto... ", esito ma non mollo... e riprendo, "... giusto, dal suo punto di vista. Comprende però che per il nostro pubblico potrebbe essere interessante avere questa risposta." "Il russo di imposizione; il francese di adozione. Inglese e tedesco per scambio professionale. Altre lingue ma con minore fluenza... le tralascio..." "Torniamo sulla formazione scolastica: da qualche parte ho letto della sua iscrizione all'Università Volante. Ci vuole spiegare di più?" "Le donne, dopo il diploma ginnasiale, non avevano il diritto di frequentare alcuna accademia. Tuttavia a Varsavia un gruppo di insegnanti di ispirazione positivista, diedero vita a un sistema clandestino di istruzione superiore a cui erano iscritte oltre mille donne." "E dove si svolgevano i corsi?" "Per lo più nelle case degli insegnanti... finché i russi non li scoprivano. Mia sorella Bronya e io seguivamo i corsi, pur sognando di diventare rispettivamente medico e scienziato e di frequentare la Sorbona." "E così faceste?" "E così facemmo, a costo di sacrifici immensi. Mio padre, pur essendo professore, non aveva fondi sufficienti per farci studiare all'estero." "E così prese lei, a diciassette anni, una radicale decisione: sovvenzionare gli studi di sua sorella, più grande di tre anni, andando a lavorare come istitutrice.
E' corretto?" "Corretto", e percepisco un certo stupore nella Curie che alza lievemente un sopracciglio mentre risponde. "Ehm", anche se ho fatto centro, sa mettermi comunque in grande imbarazzo questa signora, "può allora accennare qualcos'altro a riguardo... per i nostri internauti devoti alla scienza?" "Per la mia devozione scientifica e spirito fraterno decisi che Bronya avrebbe frequentato la Sorbona, dando corso al suo sogno: diventare un medico. La famiglia Zorawski, dove andai a lavorare, che viveva a un centinaio di chilometri da Varsavia, mi retribuiva con 500 rubli l'anno. Bronya si iscrisse all'Università e si laureò regolarmente." "E lei come visse il suo impiego di istitutrice?" "Il fine giustificava i mezzi. Non voglio dire altro se non che, come impegno gratuito e sociale, mi occupavo in quegli anni dell'istruzione dei bambini illetterati di campagna. Questa attività didattica era naturalmente proibita dai russi. Facevo lezione in cucina, con l'avallo degli Zorawski che tutto sommato dimostrarono almeno in questo della generosità..." "Dopo la laurea di sua sorella, andò anche lei a Parigi..." "Non prima di aver subito diverse umiliazioni. Mi ero innamorata del figlio maggiore dei miei datori di lavoro, di nome Casimir il quale studiava matematica all'Università di Varsavia. Noi ci volevamo addirittura sposare... fu la sua famiglia che allora impedì il nostro progetto, facendomi sentire una ragazza povera, derelitta, sgraziata e senza futuro." Ohibò... la Curie ha rotto il ghiaccio... e parla di fatti di vita personale... fantastico!!! "Ma poi andò in Francia con l'aiuto di sua sorella..." "La quale nel frattempo si era anche sposata mentre io cedevo alla depressione... mi ci volle del tempo per riprendermi dalla delusione di Casimir e partire per il progetto di studi." "Ci parli della sua nuova vita a Parigi." "Mi iscrissi alla facoltà di scienze e firmai i moduli di iscrizione alla francese: Marie... che mi sembrava un altro soprannome... come il precedente... in famiglia mi chiamavano Manya..." "Marie Sklodowska era la prima della classe... lo sappiamo... allieva prediletta del famoso Henri Poincaré." "Sì, era un grandissimo professore, eccellente matematico. Ma prediligevo particolarmente il lavoro sperimentale e dividevo il mio tempo tra i laboratori e la biblioteca, soprattutto nel periodo in cui vivevo con mia sorella, quando la casa era un luogo poco favorevole allo studio." "Troppo rumore?" "La casa era in periferia. Piccola e affollata di pazienti, dovendo fungere oltre che da abitazione anche da studio medico di mia sorella e di suo marito, anch'egli medico..." "Le sue biografie ci dicono però che lei abitasse in una desolata soffitta nel Quartiere Latino, gelida e spoglia... è vero?" "Era molto fredda, è vero, mi ricordava il clima polacco a cui ero abituata. Andavo a letto aggiungendo sulla coperta tutti gli abiti che avevo. Ma studiavo ed ero felice. Ha letto, cara signorina, il breve ma significativo saggio della Woolf: Una stanza tutta per sé?" "Certamente", rispondo con slancio, "dove la scrittrice discute, tra le altre, l'importanza per una donna di avere uno spazio individuale per poter lavorare...", ma le domande qui devo farle io... non lei... riprendo prontamente il mio ruolo. "E nella solitudine produttiva della sua soffitta si laureò riportando risultati eccellenti! Orgoglio di tutte le donne dell'epoca e delle generazioni future! Come definirebbe la situazione sociale delle donne ai tempi della sua laurea?" "Non diversa dalla situazione polacca di allora. Senza alcun diritto, né di studio né di autodeterminazione... le donne scienziato, poi, erano totalmente invise... considerate anomale e mascoline... e potevano ambire al massimo al ruolo di assistenti, ovviamente invisibili, di qualche collega uomo. Da un punto di vista sociale, una donna era vista primariamente nella sua funzione riproduttiva. Il resto, veniva dopo." "Che effetto dirompente ebbe la sua nomina come premio Nobel in fisica nel 1903?" "Ero la prima donna a cui si accordava considerazione scientifica... ma non creda: la ebbi a caro prezzo... il premio era diviso con mio marito Pierre e Henri Becquerel... inoltre solo su insistenza di mio marito e di altri amici i quali testimoniarono che il merito sulla ricerca del radio era solo mio."
"Infatti il premio fu motivato, lo cito: in riconoscimento dei servizi straordinari che essi hanno reso nella loro ricerca congiunta sui fenomeni radioattivi scoperti dal professor Henri Becquerel. Mentre il Nobel in chimica nel 1911, per la scoperta degli elementi del radio e del polonio sarà effettivamente solo suo e con la seguente motivazione: in riconoscimento dei suoi servizi all'avanzamento della chimica tramite la scoperta del radio e del polonio, dall'isolamento del radio e dello studio della natura e dei componenti di questo notevole elemento. Dico bene? "Sì! Ma andiamo per ordine? Eravamo ancora ai miei studi alla Sorbona!" Come sono metodici gli scienzati... "D'accordo, avanti con la cronistoria... come ha conosciuto Pierre Curie?" "Per motivi di ordine scientifico, ovviamente. All'epoca dovevo condurre una ricerca sulle proprietà magnetiche di vari acciai. Sicché mi venne segnalato Pierre per la sua esperienza e invenzioni di dispositivi di ambito elettromagnetico. All'epoca Pierre lavorava in un modestissimo laboratorio dell'EPCI (Ecole de Physique et Chimie Industrielle) di Parigi. Lui era una persona schiva, non amava mettersi in mostra, incapace di vendersi né vantava diritti di élite come facevano altri. E prima che me lo chieda lei, le esplicito che sto facendo allusione alla dinastia dei Becquerel che avevano frequentato l'ambita Ecole polythecnique ed erano stati eletti all'Accademia delle Scienze. Pierre era un genio che amava il suo lavoro. E amava anche me, avendo come lui le medesime esigenze intellettuali e approccio alla vita. "E' vero che non andaste alla cerimonia di consegna del Nobel e solo Becqurel, elegantemente vestito, fece la sua prolusione?" "Vero... per diversi motivi non andammo. Solo successivamente Pierre, in un suo discorso pubblico, spiegò il lavoro che ci aveva portato al Nobel e il mio ruolo nella ricerca." "In parole semplici: quale fu il merito di Becquerel e quale quello dei coniugi Curie nello studio della radioattività?" "Becquerel, nel suo laboratorio presso il Museo di Storia Naturale, ben fornito di strumenti e di campioni su cui lavorare, decise di studiare i raggi X, da poco scoperti dal fisico tedesco Röntgen, con l'uso di sali di uranio fosforescente. Mise in relazione la fosforescenza dell'elemento con una emissione di raggi molto più potenti che tale elemento emanava. E designò come raggi Becquerel tali emanazioni. Noi studiammo invece tale energia, la radioattività, scoprendo che non era una caratteristica legata alla fosforescenza dell'uranio, come sosteneva Becquerel. Ma ben altri elementi come ad esempio il torio avevano una radiazione energetica importante. Decisi allora di ampliare la ricerca per testare la radioattività su altri composti ed elementi puri. Già nel 1898 fui in grado di dimostrare che diversi minerali emanavano raggi energetici superiori all'uranio puro. "Ma oltretutto scoperse come misurare la radioattività! Dico bene?", mi sembra doveroso interromperla per questo rilievo. "Giusto", asserisce frettolosamente e continua, "e questo lo devo a Pierre per aver scoperto la piezoelettricità con cui ho misurato le radiazioni." "Nella corsa allo scoprire il più rapidamente possibile i fenomeni radioattivi, ebbi l'intuizione di lavorare sui residui di pechblenda che giacevano in tonnellate in una foresta al confine tra la Germania e la Cecoslovacchia. Dal minerale era stato già estratto l'uranio utilizzato nella creazione delle vernici luminose che decoravano i vetri e le porcellane di Boemia. La pechblenda dava risultati sorprendenti perché, pur privata dell'uranio, aveva una produzione radioattiva enormemente superiore. Quindi, doveva contenere un altro elemento misterioso che io dovevo isolare. Pierre, che all'epoca ancora annaspava negli ambienti accademici, ebbe la possibilità di avere dalla Sorbona l'assegnazione di un laboratorio. Si trattava di un capannone che si affacciava su di un cortile, un tempo utilizzato per la dissezione di cadaveri e poi giudicato non più idoneo, nemmeno per la autopsie... Era veramente un luogo dimesso e desolato. Poi fu sempre Pierre che riuscì a trovare la maniera di avere gratuitamente le tonnellate dei residui della nera pechblenda e un benefattore che ne pagò il trasporto fino al cortile del laboratorio, a Parigi." "E qui comincia la grande avventura, non è vero?", dico io. "Qui inizia la nostra intensa attività di laboratorio, la mia ossessione nel voler isolare nel miglior tempo l'elemento misterioso che secondo me emanava la potente radiazione."
"Quale fu il metodo?", domando rapita dall'idea dell'elemento invisibile. "Sviluppai una tecnica che denominai di frazionamento che consisteva, in parole molto povere, nel bollire i distillati ottenuti dalla pechblenda e di raffreddarli al fine di separare gli elementi, ad esempio i cristalli delle sostanze più leggere che si condensavano per prime e così via con diverse temperature." "Riduzioni per lavaggio chimico?", chiedo stupita di me stessa... ma dove avrò letto di queste cose, non ricordo... "Esatto signorina; estrazione per estrazione secondo un protocollo che misi a punto in quello squallido laboratorio che io vedevo però come la geografia perfetta per la mia ricerca. Era il mio spazio in cui vivevo di giorno e anche di notte. E con mio marito contemplavano la luminosità purissima dei sali di radio quando finalmente isolai l'elemento il cui nome deriva dal latino radius ovvero raggio. Dunque il raggio per eccellenza..." "In un libro ho letto che nella vostra stanza da letto tenevate una provetta di sali di radio per contemplarla di notte... e ho letto anche che vi si rivolgeva come il mio bambino... è vero?" "Non lo nego", risolve la Curie, "Noto che le sue fonti sono precise..." "Come lei saprà, tutta la vostra documentazione di appunti, diari, carteggi, eccetera è stata portata dai vostri nipoti in deposito presso la Bibliothèque Nationale de France, a Parigi. E il fondo Curie è pubblicamente consultabile..." "I miei discendenti hanno condiviso con me l'idea che la conoscenza debba essere libera e accessibile a tutti. Secondo questa stessa convinzione io non volli sottoporre a segreto industriale l'estrazione del radio; non depositai alcun brevetto e per questo certamente non ci arricchimmo. Pierre e io condividevamo l'idea di voler lasciare libero il processo di isolamento del radio, a disposizione della comunità scientifica per dare un maggiore impulso agli studi attorno a questa scoperta." "Ma in fase di studio lei isolò prima il polonio e poi il radio. Il primo tuttavia non aveva le potenti caratteristiche radioattive del secondo..." "Denominai l'elemento nuovo, dalle caratteristiche simili al tellurio, come la mia patria, in onore quel patriottismo inculcatomi da mio padre per via delle condizioni oppressive in cui vivevano i polacchi, di cui abbiamo già parlato. Ma sa, cara signorina, che entrambe le scoperte vennero presentate all'Accademia delle Scienze di Parigi da altri scienziati, uomini ovviamente?" "Ma per certo le sue scoperte furono presentate nella sua tesi di dottorato, non è vero?" "Certamente! Ma si rende conto di come, nonostante l'immenso lavoro e la portata delle scoperte, se ne volesse ostinatamente ignorare la paternità... anzi, la maternità??? La lotta per i diritti delle donne che fine ha fatto nell'epoca contemporanea?" La Curie appare indignata... ma io non volevo... eppure avevo letto di quanto fosse attiva in tal senso... amica di molte suffragette inglesi... "Sì, ovvio ma..." "Ovvio che?", interrompe lei in modo chiaramente aggressivo, "Lei mi parla della mia tesi di dottorato. Vero; ma ignora o tale mi appare, il fatto che comunque le accademie importanti fossero precluse alle donne!!!" "Sono al corrente, eccome, delle volte che lei e anche sua figlia Irène avete fatto domanda per entrare nell'Accademia. Domande sempre respinte... un vero scandalo!" "Lo sa quale fu invece lo scandalo che venne percepito attorno alle vicende della mia vita?" "Sì, lo so", rispondo come una scolaretta, "la sua relazione con il fisico Paul Langevin, coniugato, molti anni dopo la morte del suo Pierre." "Ebbe un'assurda portata mediatica (come direste voi oggi), un vero linciaggio morale, in cui anche le tendenze xenofobe dei francesi furono sollecitate. Lo scandalo della polacca fedifraga... un modo per macchiare la reputazione di uno scienziato, ecco cosa fu!" "Ma non vi riuscirono... tant'è che lei ebbe il suo premio Nobel...
La prima donna ad avere un Nobel e l'unica persona a riceverne due!" "Ma lei non sa che la seconda nomina avvenne poco prima dello scandalo... altrimenti non me lo avrebbero mai assegnato... così mi venne confermato!" "Così l'unico scandalo sarebbe stato giudicare il valore scientifico attraverso una questione di pudore sociale." "Non commentiamo ulteriormente e andiamo avanti", suggerisce la Curie. "La Prima Guerra Mondiale la vide particolarmente impegnata sul fronte delle applicazioni radio in medicina!" "Ideai delle unità mobili per portare al fronte dei veicoli dotati di apparecchiature per eseguire lastre ed esami radiologici ai feriti, così da localizzare esattamente fratture delle ossa ma anche proiettili, schegge nei tessuti."
"Queste unità vennero chiamate pétites Curie e con il suo stesso metodo durante la Grande Guerra vennero eseguite più di un milione di procedure radiografiche." "Il mio punto di vista era quello che l'impiego pratico della scienza dovesse essere a fini pacifici, ritenendo che tanto i raggi X quanto la più potente radioattività e il radio dovessero essere impiegati in medicina. E, per favore, non commenti ulteriormente la mia utopia." "Niente affatto", replico, "penso piuttosto all'attualità della radioterapia nella cura del cancro... ma a parte le applicazioni correnti, c'è da dire che all'alba della scoperta del radio, fiorì tutta un'industria cosmetica e paramedica che sognava gli effetti benefici del nuovo elemento..." "Producendo invero tante morti di cui allora non si sapevan bene le cause... Un esempio è il caso del pubblicizzato radithor, bevanda prodotta negli Stati Uniti contenente una parte di sali di radio, che doveva curare il cancro allo stomaco, la malattia mentale e l'impotenza. L'industriale americano Eben Byers ne bevette una bottiglia al giorno e morì con un orrendo cancro alla mascella. Il radio e la radioattività erano divenuti una mania e il fatto di non aver coperto le scoperte da brevetto produsse purtroppo anche questi fenomeni commerciali." "In quanto a mode e all'impatto della massa sul progresso scientifico di inizio Novecento, come vissero i coniugi Curie l'Esposizione universale del 1900?" "La suggestione dell'Expo era davvero imponente. Fu il trionfo dell'elettricità, con la grande Tour Eiffel eretta sulla modernità del nuovo secolo e le 5700 lampadine incandescenti del Palazzo dell'Elettricità. In questo scenario anche la radioattività giocava la sua potente mano. Per l'occasione venne chiesto a noi, come a Becquerel, di presentare alcune relazioni come contributo della celebrazione della scienza nella Esposizione universale. Fu un'esperienza importante per trasmettere al grande pubblico gli esiti del nostro lavoro." "Ancora un paio di domande e poi la lascerò alla contemplazione degli internauti..." "Prego, domandi pure...", mi risponde con tono distante. "Come giudica la sua attività di professore alla Sorbona... la prima donna a insegnare presso il prestigioso ateneo parigino..." "Mi venne assegnata la cattedra di Pierre il quale la ricevette dopo tanto lottare per un riconoscimento accademico francese... Il mio primo giorno di lezione si stipò talmente tanta gente, tra cui fotografi, giornalisti e altri curiosi da rendere quasi inagibile l'aula agli studenti, gli unici veri destinatari della mia comunicazione... che infatti deluse tutti quei ciarlatani presenti poiché io non pronunciai alcun discorso introduttivo né di circostanza e feci lezione esattamente dal punto in cui lasciò Pierre il corso, trattando in modo serrato solo temi scientifici. L'esperienza dell'insegnamento è stata appagante e le migliori soddisfazioni me le hanno procurate le mie allieve. Poiché vedere un significativo progresso intellettuale da parte di una donna è sempre un segno di grande successo che mi procura intima felicità." "Dall'insegnamento accademico alla fondazione dell'Istituto del radio... grandi fondamenta attorno al suo operato scientifico." "Pierre lottò tutta la sua vita per avere adeguate strutture di ricerca, laboratori degni di questo nome. E con tanto lavoro e fatica di persuasione, successivamente riuscii a fondare l'Istituto del radio, prima a Parigi e poi a Varsavia." "Oggi l'Istituto ha cambiato nome ed è denominato Istituto Curie!" "Lo so e me ne rallegro", risponde Madame. "A suo nome è stata intitolata l'unità di misura della radioattività, così come un asteroide, il 7000 Curie, scoperto nel 1939 e il suo ritratto riprodotto sui franchi francesi e sulle banconote polacche." "Né io né tanto meno Pierre siamo stati mai attratti dalla popolarità. E se io, rimasta sola, mi esposi di più al pubblico fu solo per trovare finanziamenti a progetti di ricerca." "L'ultimissima domanda: al di là della scienza, qual è un ricordo spensierato di Manya e non della celebre Madame Curie?" "Un intero anno trascorso in campagna, in età adolescenziale, presso alcuni parenti. Lontana dai libri, in convalescenza da uno stato depressivo. Un anno di feste e di balli, di paesaggi e profumi campestri. Credo sia stata la mia unica esperienza di divertimento." "Un caro saluto Madame Curie, la nostra intervista termina qui." "Adieu Jo Peg e ricordi sempre: una donna è veramente libera solo se impara a pensare con la sua testa."
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