Titina al Polo Nord

[Racconto di Paola Manoni]

 



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durata 26 minuti



"Brr... che freddo... ho trasformato l'atelier in una cella frigorifera... ghiaccio e neve per un effetto d'ambiente polare...
La mostra che stiamo per inaugurare richiede un'accoglienza ricercata...
A breve manderemo in Rete le immagini di una personale interattiva veramente di eccellenza!
Io, Jo Peg, prima web gallerista, intervisterò il grande Umberto Nobile, che per primo sorvolò il polo Nord...
E se questi ghiaccioli non si scioglieranno anzitempo (che disastro se ci fosse un blackout)... accoglieremo il ritratto del grande esploratore in un posto polare..
Eccì eccì... se non mi ammalo prima... accidenti... con questo raffreddore lo streaming della mia voce nasale non sarà gradevole..."

Ore 19.00 UTC inizia il collegamento.
Effetto folata di vento con tendenza alla burrasca.
Musica in dissolvenza e primo piano del ritratto di Nobile...
Occhio di bue sul mezzo busto...
Tre, due, uno...

"E' con vivo piacere che inauguriamo la mostra personale dedicata al generale, ingegnere Umberto Nobile, che ho l'onore di intervistare!"
"Il piacere è il mio, cara signorina, trovarmi a contatto con milioni di internauti, in compagnia di una bella donna... e in un luogo un po' freddino... ecco l'unico svantaggio!"
Ma come, non ha gradito la scenografia...!
Devo dire subito qualcosa per rimediare...
"Comprendo, Generale ma... noi si vive di reality, scenari realistici... sicché l'ambientazione polare pareva indicata per questa intervista..."
"Darling, nessuna critica... posso avere una coperta, uno scialle?
Non ho portato il pellicciotto eschimese!!!"
Uff... questi famosi... sempre pieni di fisime e ironia... ma non ho tempo da perdere... procediamo con l'intervista!
"Certamente, Generale... e mentre lei si ammanta con il plaid, vengo subito alla prima domanda...
Il nostro pubblico vorrà sapere ogni dettaglio delle esplorazioni polari.
Le circostanze, l'organizzazione... e una data: 10 aprile 1926... "
"... Sì, cara signorina: alle ore 9.22 di quel giorno iniziava il primo volo in dirigibile verso il Polo Nord..."
"Ma quali furono i preliminari... siamo ansiosi di conoscere l'origine della grande spedizione..."
"Ovviamente tutto parte dalla mia esperienza di costruttore di dirigibili.
Dirigevo lo Stabilimento Militare di Costruzioni Aeronautiche, in Roma.
Costruivamo dirigibili per l'esercito e per la marina italiane.
Ma la notorietà del mio Istituto era internazionale."

 

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Immagine del dirigibile Norge-N1 (Per leggerne la descrizione proseguire nel link). Si vede il dirigibile, di colore grigio, con la scritta Norge, su di uno sfondo di cielo diurno.Particolare della poppa del dirigibile.Particolare della prua del dirigibile
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"Avevate clienti come i governi di Spagna, Argentina, Stati Uniti... è così?"
"Il successo dipendeva dalla mia intuizione di mettere in cantiere aeromobili di tipo semirigido che avevano maggiore velocità e rendimento.
Avevamo progettato il dirigibile O (Osservatore) per l'esplorazione del mare e un apparecchio di ultima generazione N-1 per la Marina italiana.
Ero fermamente convinto che per le esplorazioni terrestri un aeroplano non fosse il mezzo migliore."
"Perché no?"
"Almeno per i velivoli che conoscevamo allora: perché la velocità di un aereo rispetto al suolo non poteva essere ridotta a piacimento dal pilota, non poteva volare al di sotto della nebbia e soprattutto non poteva atterrare sul ghiaccio con un buon margine di sicurezza."
"Tuttavia fin qui non c'era ancora l'idea concreta di un volo sul Polo Nord."
"Lo Stabilimento si stava attrezzando per questo quando a Roma arrivò un telegramma proveniente da latitudini più settentrionali."
"Si riferisce all'appello che le rivolse il norvegese Roald Engelbregt Gravning Amundsen?"
"L'esploratore norvegese mi invitava a Oslo per un incontro segreto..."
"E come si svolse la vostra riunione?"
"Splendidamente.
Amundsen mi chiese conferma della capacità di N-1 di trasvolare sul Polo Nord.
Io gli spiegai che l'aeronave era in grado di fare non solo il viaggio fino al Polo ma... con un hangar disponibile presso la Baia del Re avrebbe potuto volare anche per perlustrazioni nelle zone limitrofe."
"Come le apparve l'esploratore norvegese?"
"Determinato quanto me e noncurante dei pericoli!
Aveva in mente un'impresa pazzesca: intendeva risolvere il dilemma che, all'epoca, imperversava in ambiente di esplorazioni geografiche..."
"Sarebbe? Non ci tenga sul filo..."
"Voleva percorrere gli oltre 1500 chilometri che separano il Polo Nord dall'Alaska per verificare l'esistenza di un continente artico."
"Insomma... il dilemma del passaggio a Nord-Ovest?"
"Esattamente, signorina...
Solo che Amundsen voleva risolvere tutta la preparazione in meno di un anno!"
"Ma lei, Generale, non si è mai tirato indietro al cospetto dell'audacia..."
"L'N-1 doveva essere preparato.
Dovevamo eliminare la cabina passeggeri, rinforzare diverse strutture, soprattutto per agganciare facilmente il dirigibile ai piloni, a prua, così da consentire un comodo rifornimento di idrogeno e benzina.
Dovevamo poi studiare la rotta, stabilire l'atterraggio in Alaska, scegliere l'equipaggio... il tutto in meno di un anno... ed eravamo nel luglio 1925..."
"... E partiste nella primavera dell'anno successivo..."
"Il fatto è che c'era molta competizione.
Si stava svolgendo una vera corsa.

 

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Immagine del quadro di Umberto Nobile in figura intera (Per leggerne la descrizione proseguire nel link). Si vede l'esploratore vestito in divisa di aviazione militare, di colore grigio.Particolare della parte inferiore del ritratto di Nobile in figura intera.Particolare del busto del ritratto di Nobile in figura intera.
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Nello stesso anno in Germania si progettava una spedizione polare con il percorso identico al nostro.
E negli Stati Uniti, il dirigibile Shenandoah, ben più grande dell'N-1, si stava preparando all'impresa...
Mi domando ancora cosa sarebbe stato se il presidente Coolidge non avesse proibito l'impresa nell'estate del '25..."
"La storia non è fatta né di se... e né di ma..."
Eh! Questa citazione va sempre bene nelle mie interviste...
"... Così l'N-1 partì aggiungendo alla sigla italiana il nome di Norge", concludo io.
"Fu una spedizione italo-norvegese... ma con tecnologia tutta tricolore!!!"
"E, a proposito di vessilli, partiste con il proposito di depositare al Polo Nord le bandiere dei rispettivi paesi, prima di addentrarvi nel territorio inesplorato..."
"Vero!", conferma Nobile.
"Con noi c'era anche l'americano Lincoln Ellsworth che sosteneva finanziariamente la spedizione...
Sorvolando il Polo Nord, lanciammo anche le stelle e strisce statunitensi!"
"Ma ho letto che oltre agli altri uomini dell'equipaggio, salì a bordo un ospite di eccezione..."
"Brava signorina: è ben documentata!
La mia cagnetta fox-terrier, Titina, mi seguiva ovunque... partecipò anche lei..."
"Posso chiederle, Generale, di darci un breve riassunto per tappe della spedizione del '26."
"Con grande piacere:"

"10 aprile 1926: partenza da Ciampino (Roma)

Prima tappa, Ciampino-Pulham (Inghilterra): 32 ore di navigazione, percorsi circa 2200 chilometri alla velocità media di 70 chilometri orari.

Seconda tappa, Pulham-Oslo: attraversiamo il Mare del Nord e dopo un volo di 1175 chilometri, in circa 12 ore raggiungiamo Oslo.

Terza tappa, Oslo-Gatschina (ex Unione Sovietica): il 15 aprile lasciamo Oslo e puntiamo verso la Finlandia.
Attraverso il Golfo di Bothnia giungiamo dopo 43 ore di volo a Gatschina. Percorsi 1230 chilometri.

Quarta tappa, Gatschina-Vadsö (Norvegia): partiamo la mattina del 5 maggio per giungere il giorno dopo a Vadsö.

Quinta tappa, Vadsö-Baia del Re: nella stessa giornata ci dirigiamo verso la costa occidentale di Svalbard.
Alle 21.15 facciamo la conoscenza del primo iceberg!
Dopo una turbolenta navigazione sul Mare di Barents atterriamo il 7 maggio alla Baia del Re.
Siamo ormai alle porte del Polo Nord!

Sesta Tappa, Baia del Re-Teller (Alaska): dopo una sosta di quattro giorni nella Baia, partiamo di buon mattino l'11 maggio 1926.
Destinazione: Polo Nord!
Dopo circa due ore arriviamo al margine del pack.
Il giorno dopo, all'1.30 del mattino, nel silenzio del deserto di ghiaccio impartisco l'ordine di lanciare sul pack tre bandiere: quella norvegese, quella statunitense e quella italiana. Spegniamo i motori, nella sacralità del gesto.
Poi riprendiamo la rotta verso le coste del Nord America.
L'idea di partenza era quella di arrivare in Alaska fino a Nome, presso la costa meridionale della penisola Seward, famosa località per i cercatori d'oro.
ma... a causa delle pessime condizioni meteo incontrate lungo la costa dell'Alaska e sullo stretto di Bering, il volo si interrompe a Teller: villaggio di pescatori. E' il 13 maggio 1926."

"I nostri internauti saranno affascinati dalla rotta...
Così tanti chilometri per intersecare il vertice del mondo... e con un mezzo che, a paragone con quanto oggi..."
"Signorina, cosa insinua?", interrompe Nobile.
Non mi dà nemmeno il tempo di tentare una risposta che, continua:
"Voi avete l'elettronica... a noi invece bastava applicare il principio di Archimede per far muovere le nostre aeronavi!"

"Ma non volevo, io...", tento di dire ma ancora il Generale mi incalza...
"Ma non voleva: cosa?!
Conosce o non conosce il famoso principio?", ecco che mi interroga pure...
"Senta, non volevo fare paragoni di epoche... solo che..."
"Solo che non sa cosa sosteneva Archimede, tutto qui!", conclude Nobile, "E per toglierla dall'impaccio glielo ricordo io.
Il principio di Archimede consiste in un teorema riguardante l'impatto dei fluidi con i corpi che vi sono immersi.
Archimede lo presenta nella sua opera Sui corpi galleggianti.
Ogni corpo che si trova in un fluido riceve una spinta verso l'alto pari al peso del fluido spostato.
Il dirigibile è immerso nell'aria che avvolge la Terra.
La spinta ascensionale che esso riceve corrisponde al peso dell'aria che occupa nel suo volume meno il peso della sua struttura sommato al gas di cui è riempito.
Occorrono dunque grandi volumi di gas leggeri per sollevare pesi.
I motori hanno pertanto solo una forza propulsiva e non di sostentazione, come per gli aerei.
Questo vuole dire che a motori spenti il dirigibile non precipita, essendo condotto dal vento e sostenuto dall'aria in cui galleggia."

"Generale, la ringrazio per questa spiegazione erudita, semplice ed efficace che ci ha fornito.
ma... per riassumere, può cortesemente proporci una sintesi sui punti di forza e i punti di debolezza di un dirigibile?"



 

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Immagine della rotta del Norge N-1, da Roma a Teller, in Alaska (Per leggerne la descrizione proseguire nel link). Si vede la cartina geografica in cui è tracciata con una linea nera la rotta del dirigibile Norge N-1.Particolare della rotta, dalla Russia a Roma.Particolare della rotta, dall'Artico in Alaska.
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"Certo che sì, darling... con vero piacere!", meno male, iniziavo a preoccuparmi del tono aggressivo del mio ospite.
"Fra i numerosi aspetti positivi vorrei ricordare:
- la possibilità di procedere a bassa velocità nonché di compiere soste in volo;
- il decollo verticale o quasi... che non richiede lunghe piste;
- i consumi di carburante ridotti;
- lo spazio a bordo: ampio e confortevole;
- la grande autonomia di navigazione.
Venendo ai punti di debolezza, anche alla luce delle attuali cognizioni tecniche:
- Le velocità mai superiori a 150 chilometri orari;
- Le grandi dimensioni del mezzo rispetto al carico (poiché i pesi vanno commisurati al volume di gas contenuto...);
- Il costo elevato degli hangar;
- Gli equipaggi numerosi, a terra e in volo.
Mentre, per quanto riguarda la sicurezza, questa non è richiamata tra i concetti-limite poiché un dirigibile resta un mezzo, tutto sommato, poco pericoloso!"

"Torniamo a parlare dei suoi voli, se non le dispiace!"
"D'accordo, torniamo pure all'avventura!", risponde Nobile con entusiasmo.
"Della calotta artica, dopo il volo del Norge, rimanevano altri quattromilioni di chilometri quadrati, ancora sconosciuti all'uomo.
Sicché lei, due anni dopo, si prepara a partire nuovamente per dare un contributo alla conoscenza dell'artico... Giusto?"
"Giusto, signorina!
Lei fa riferimento alla spedizione del dirigibile Italia la quale aveva diversi obiettivi: scientifici oltre che esplorativi.
Nell'equipaggio vi erano tre scienziati, Frantisek Behounek dell'Istituto Radio di Praga, Finn Malmgren dell'Università di Uppsala e Aldo Pontremoli dell'Università di Milano.
Avrebbero rispettivamente studiato l'elettricità atmosferica, l'oceanografia e il magnetismo terrestre in ambiente artico."
"Quante persone in tutto a bordo?"
"L'equipaggio si componeva di 16 persone tra i quali vi erano inoltre due giornalisti."
"E la cagnetta Titina?"
"Titina, inutile dirlo, era al suo secondo viaggio polare."
"Ho letto da qualche parte che la trasvolata del Norge aveva dimostrato l'efficacia del dirigibile come mezzo di esplorazione, senza tuttavia portare grandi risultati da un punto di vista scientifico e cartografico...
Per questo si organizzò la spedizione dell'Italia...
Lo può confermare?", speriamo che non se ne abbia a male per questa domanda...
"Il Norge aprì la via al Polo Nord... mentre con questo secondo viaggio si intendeva proseguire...
Ci vedo solo un filo di continuità tra le due imprese..."
"Anche il papa Pio XI fu coinvolto in questo secondo viaggio, vero?"
"Pio XI ci ricevette per conoscere i dettagli del nostro progetto... si diceva fosse un papa alpinista, conoscitore di ghiaccio e neve...
A noi consegnò una croce di quercia da portare al Polo Nord...
"Ci può dare un resoconto anche delle tappe del dirigibile Italia, come abbiamo fatto per il Norge?"
"E perché no?

Prima tappa, Ciampino-Milano: Primo tragitto del dirigibile Italia, il 19 marzo 1928.

Seconda tappa, Milano-Stolp: Partenza effettiva della spedizione, il 15 aprile. Alle 7.50 del giorno dopo arriviamo a Isseritz, presso Stolp in Pomerania. Qui ci fermammo due settimane circa per alcune necessarie riparazioni, per via di danni causati dalla grandine.

Terza tappa, Stolp-Vadsö: riprendiamo il viaggio il 3 maggio e l'indomani arriviamo a Vadsö.

Quarta tappa, Vadsö-Baia del Re: Dopo un'eccellente navigazione sul Mar Baltico, Finlandia e Mare di Barents, l'Italia atterra il 6 maggio e si prepara a compiere i previsti voli polari.

I voli polari: Il mio progetto contemplava cinque voli con partenza e rientro alla Baia del Re, così da coprire i diversi territori dell'Artico...
"

"E invece i voli saranno tre..."
"Andiamo per ordine, signorina... non mi domandi subito dell'incidente!"
"Ma non era questa la mia intenzione, Generale!"

"Il primo volo fu dell'11 maggio.
Si concluse dopo sole otto ore, per via della formazione del ghiaccio sui timoni.
Questa volta le condizioni meteorologiche erano molto poco invitanti..."

"E come andò il secondo volo?"
"Diciamo che fu il volo con obiettivo scientifico effettivamente raggiunto.
In tre giorni percorremmo oltre 4.000 chilometri (per circa 48.000 chilometri quadrati di territorio mai esplorato prima di allora).
Sorvolammo le isole settentrionali della Terra di Francesco Giuseppe, arrivando fino al confine con la Terra del Nord (allora chiamata Terra di Nicola II).
Si tracciarono rilievi cartografici importanti e fu soprattutto dimostrata l'inesistenza della Terra di Gillis, l'assenza di terra ferma all'interno del Circolo Polare Artico."


 

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Immagine del quadro di Umberto Nobile in primo piano (Per leggerne la descrizione proseguire nel link). Si vede il busto del generale in divisa. Il volto con la fronte spaziosa.Particolare del volto di Umberto Nobile in primo piano.Particolare della giacca della divisa.
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"Al terzo volo le previsioni meteorologiche erano già molto incerte, è così?", chiedo pacatamente.
"L'obiettivo del terzo volo era raggiungere il Polo Nord e sbarcare alcuni esploratori che avrebbero effettuato delle misurazioni sulla banchisa.
Era tutto pronto, compreso il sacco con la tenda e le scorte di cibo.
Alle 4.28 del 23 maggio lasciammo la Baia del Re per fare rotta sul vertice artico.
Ma il vento sfavorevole ci fece cambiare programma.
Nessun esploratore a terra e nessuna croce piantata sul ghiaccio."
"Così gettaste la croce di quercia sorvolando il Polo?"
"Sì, non c'era altra possibilità!
Ma il povero prof. Pontremoli fu comunque in grado di fare alcuni rilievi.
Ricordo che con voce armoniosa ci comunicò la misura della componente orizzontale del campo magnetico terrestre."
"E poi cosa accadde?"
"ll vento era incessante.
Il governo della rotta difficilissimo.
Il ghiaccio aveva appesantito l'aeronave.
Per verificare a quale altezza viaggiavamo gettai una palla di vetro e con un contasecondi misurai il tempo di caduta.
Perdevamo quota.
La nave era fortemente appruata.
Il pericolo era grave, il pack troppo vicino, a soli 250 metri.
Diedi il comando di fermare i motori, così da riprendere quota.
Salimmo di 900 metri ma il timone di quota era in blocco per via del ghiaccio.
Facemmo ripartire i motori ma... nonostante questi tentativi, continuavamo ad essere troppo pesanti.
Ora eravamo appoppati, con un vento ingovernabile e i timoni in stallo.
Sprofondammo nell'abisso del deserto di ghiaccio."

"Riferendosi a qualche attimo prima della catastrofe, lei scrisse:

Intuii che non c'era più nulla da fare.
Il tentativo di compensare dinamicamente il grave appesantimento era fallito.
L'urto contro il suolo era ormai inevitabile: tutto al più si trattava di ridurne le conseguenze, se pure era possibile.
Freddamente diedi gli ordini opportuni: arrestare subito i motori per evitare un incendio nell'urto e lasciar cadere la catena-zavorra...
Era tutto quello che si poteva ordinare [... ]
Il mio contegno in quel momento valse a conservare perfetta la disciplina a bordo, sicché ciascuno eseguì i miei ordini come meglio potette nella vertiginosa rapidità con cui l'avvenimento si svolse."


"Il pack si avvicinava in modo spaventoso.
Alle 10.33 avvenne l'impatto.
L'urto interessò prima la poppa e poi la gondola di comando del dirigibile.
Dieci di noi furono catapultati sul ghiaccio.
Parte della cabina era rottame sulla banchisa, analogamente alle nostre ossa fratturate.
Voltai lo sguardo verso l'alto e vidi che l'aerostato aveva ripreso il volo, alla mercé dei venti, portando via i restanti sei membri dell'equipaggio.
L'involucro del dirigibile con gli sventurati compagni non fu mai ritrovato."
"In quale punto avvenne l'incidente?"
"Precisamente a 81° 14' latitudine nord, 28° 14' longitudine est, a circa 100 km dalle isole Svalbard."
"La fortuna aiuta gli audaci... come faceste a uscirne vivi dal pack?"
"Ci furono due eventi molto favorevoli."
Il primo, il rinvenimento fra i rottami del sacco con la tenda rossa (colorata di rosso con dell'anilina, sostanza usata per le rilevazioni altimetriche) con i viveri e i sacchi a pelo destinati agli esploratori.
Al momento dell'urto io non indossavo abiti pesanti.
Avevo solo un panciotto di pelo di gatto e un maglione di lana.
Gli uomini dell'equipaggio montarono subito la tenda e mi misero nel sacco a pelo.
"Ma lo sa che la vostra tenda Rossa è oggi conservata nel Museo della Scienza di Milano?", interrompo Nobile pensando che la notizia possa fargli piacere.
Lui continua il suo racconto, noncurante delle notizia che ho appena dato...
"Non fu facile mettermi al caldo per via delle molte fratture alla gamba, al braccio e al piede che dolevano immensamente."
"Su quanto cibo potevate contare?"
"Avevamo settanta chili di scorte, tra pemmican e cioccolata."
"Pennicam??? Roba da pellerossa!"
"No, signorina, ho detto pemmican!
Effettivamente, il termine fa riferimento a una preparazione degli indiani d'America che trattavano le carni di daino, bisonte o manzo facendole essiccare al sole e al vento e poi, ridotte in poltiglia, le mescolavano con grasso sciolto prima di pressarle in gallette e insaccarle."
"Insomma... sorta di antiche barrette energetiche... oggi invece queste sono tutte a base di aminoacidi, proteine profumate con cioccolato, fragola e vaniglia!", commento io in modo lievemente scanzonato.
"Sta di fatto che queste scorte ci permisero di tirare avanti più di un mese!"
"Come arrivarono i soccorsi?", chiedo più seriamente.
"Come dicevo, il secondo evento fortuito fu il rinvenimento di una radio.
Non eravamo più soli!
Il radiotelegrafista Biagi si mise subito al lavoro, lanciando i primi SOS."
"Collegata alla spedizione Italia era anche la rompighiaccio Città di Milano che si trovava in zona.
Chiamavate la nave?"
"Sì, ma invano.
Solo il 3 giugno venimmo intercettati da un radioamatore russo il quale diede l'allarme generale."
"Il grande problema era ora trovarvi... in assenza di satelliti, GPS e quanto esiste oggi... i vostri soccorritori ebbero grandi problemi..."
"Si mise in moto una rete internazionale, pronta a prestare soccorso...
Il nostro recupero valse la vita a diversi soccorritori, tra cui l'amico Amundsen che per cercare noi ebbe un incidente aereo e perse la vita!"
"La mitica tenda rossa era tarata per quattro persone... mentre i superstiti, molto più numerosi!"
"Dei dieci che eravamo rimanemmo in nove... ci chiudevamo tutti lì per fuggire al rigore polare estremo."
"Nove, più la cagnetta Titina, che rimase incolume all'urto!", azzardo l'ipotesi.
"Sopravvisse all'incidente e venne portata in salvo con me sull'idrovolante Fokker il 23 giugno."
"Ma non tutti furono tratti in salvo nello stesso momento..."
"E' vero. Complessivamente ci vollero 49 giorni prima che tutti i superstiti della spedizione Italia fossero tratti in salvo e con questi diversi soccorritori rimasti anch'essi intrappolati dalla morsa mortale del pack!"

Il tempo dell'intervista volge al termine.

"Illustrissimo Generale, la ringrazio per avermi concesso questa interessante conversazione!
Il tempo del collegamento sta per terminare... vuole salutare gli internauti?"
"Nel darvi commiato vi esorto a coltivare con passione le vostre avventure... a incoraggiare le esplorazioni verso l'ignoto del mondo, sia esso fisico sia virtuale... mi riferisco alla vostra Rete...
Ma soprattutto: allargate le frontiere del vostro universo!"

Partenza della sigla conclusiva, effetto dissolvenza del ritratto.
Disconnessione terminata con successo.
Le luci sono spente e vado a casa. E' sera ormai.
Penso alle notti polari... Brr che gelo... i miei gatti freddolosi saranno acciambellati sul letto a ronfare... mica son arditi come la Titina...

 

 

 

 

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