Naudiz


[Racconto di Paola Manoni]

Prima parte


Jackie (racconta): La storia che sto per raccontarvi è accaduta poco dopo un misterioso abbattimento degli alberi di giunco e di sambuco avvenuto nel Bosco Fitto in circostanze ancora avvolte nel mistero (in Alberi mitologici)…

 

Era una mattina dal freddo pungente e io decisi comunque di sfidare il rigore invernale andando a correre nel bosco innevato.

Sulla strada c'erano le pozzanghere d'acqua gelata che mi divertivo a rompere atterrandovi di slancio a piedi pari.

Il tempo era bellissimo: il cielo limpido e luminoso.

Arrivai al sentiero che conduce al bosco, fuori dal paese.

Mi fermai al fontanile a bere un sorso d'acqua e notai qualcosa di insolito.

Mi accorsi che sulla pietra della fontana vi erano incisi dei segni: erano delle rune.

Ma solo successivamente ebbi la traduzione di quel che vi era scritto:

“Nessuno incida rune se non le conosce perfettamente.

Si incontra già qualche uomo che vaga fuorviato da un oscuro asse inciso.”

Allora, non sapevo chi fossero questi uomini o, meglio, non ero ancora in grado di riconoscerli.

Al fontanile ero completamente solo.

Si sentivano solo il rumore dell’acqua e poi il tonfo dei miei passi che affondavano nella neve...

Pochi gli uccelli a cantare.

Solo qualche scoiattolo che, velocemente, volava su e giù per i tronchi degli alberi.

 


E anche quando tornai indietro non incontrai anima viva.

C'erano solo le impronte delle mie scarpe.

Con uno sprint finale raggiunsi il laboratorio, dando il massimo nella corsa.

Girai le chiavi dell'uscio che avevo ancora un gran fiatone.

Mi stupii molto di trovare il camino acceso... forse il topo, Emanuele... ma chissà come avrà potuto... quel topo continuava e continua a stupirmi: ne sa veramente una più del diavolo!

In ogni caso, non lo trovai in casa.

Mi feci velocemente una doccia e gustai una zuppa di bacche di stagione.

Avevo un appuntamento con Nimphea per andare a vedere uno spettacolino che i Betulli avevano organizzato in occasione delle celebrazioni per la fondazione del loro gruppo storico, il Settimo Betullico.

Si trattava di una pièce teatrale, diretta e sceneggiata da Percy Bet:

Sogno di una mattina di mezzo inverno.

Ero contento perché non vedevo Percy da parecchio tempo e dunque era un'occasione per ritrovarci.

Nimphea arrivò all’appuntamento, puntuale e bellissima.

Ci stupimmo entrambi per la scarsa affluenza di gente allo spettacolo.

Ci stupimmo ancor di più dello spettacolo che iniziò in ritardo perché gli stessi attori non solo si erano dimenticati dell'orario ma anche d’indossare i costumi di scena...

Per qualcuno di loro la recitazione era assai problematica e il suggeritore si dava un gran da fare per salvare il salvabile.

Mi sentivo a disagio per Percy il quale, quando lo andammo a trovare nei camerini, sembrava non curarsi molto di quanto era accaduto.

Mi accolse in modo molto strano.

Mi chiese come mai mi trovassi lì.

Si profuse poi, con genuina convinzione, nel tessere le lodi dei suoi ragazzi…

E con queste parole e una pacca sulla schiena mi salutò, assolutamente indifferente di tutto.

Io e Nimphea eravamo allibiti.

Ci incamminammo nel freddo della notte e poco dopo iniziò a nevicare.

Correvamo felici sotto i fiocchi sempre più fitti, giocando a rincorrerci.

L'indomani Nimphea si alzò molto presto.

Ci ritrovammo con il topo, tutti in cucina a far colazione.

Il topo, come al solito, inzuppava un biscotto quasi più grande di lui nel latte fumante.

Facemmo ancora qualche ironia sul teatro e sulla recitazione dei betulli, poi con lo Stravacante riaccompagnai Nimpha alla reggia.

Faceva forse troppo freddo per volare ma Nimphea voleva vedere il Fiorfiore dall'alto, sommerso dalla neve.

Atterrai sul terrazzino vicino alla guglia più alta e lasciai lo Stravacante ancorato e assicurato con due cime a terra.

“Ti accompagno fin dentro, così saluto le reginsorelle”, dissi scendendo dal velivolo.

Scendemmo la scala che conduce verso la sala delle udienze.

Stranamente le due guardie betulliche ci sbarrarono la strada serrando le lance.

All’ordine: “Altolà! Per di qua!”, ci chiesero le nostre generalità.

Non riuscivamo davvero a comprendere questo comportamento!

 

Nimphea:”Kaspar e Gaspar!

Ma sono io, la principessa Nimphea, e questo è Jackie!”

 

Jackie: Come se non avessero sentito o compreso nulla… imperterriti urlavano che dovevamo identificarci.

 

Nimphea: “Sono Nimphea, figlia del barone Virgulto, e con me c’è il prof. Jackie Astronotus… E si dà il caso che io abiti qui perché le reginsorelle sono mie zie...”

 

Jackie: I betulli non desistevano e a turno continuavano a urlare la stessa cosa, con tono sempre più incalzante.

A questo punto Nimphea andò su tutte le furie.

 

Nimphea: “Lo scherzo è bello quando dura poco, adesso basta! Fateci passare!”

 

Jackie: “Siamo amici di Percy Bet!”… con nostro sommo stupore i betulli si misero a  parlottare fra loro, perché avevano la sensazione di conoscere costui… Percy Bet… e così decisero di farci passare!

Era il colmo!

Non sapevano che Percy fosse il loro capo!

Senza dirci niente altro ci precipitammo di corsa lungo le scale per cercare gli altri della corte.

Era chiaro che stesse succedendo qualcosa di grave.

Al piano di sotto incontrammo subito Floriflora che vagava nei corridoi con aria completamente stralunata.

La regina esordì dicendo di aver perso la strada… di non sapere come tornare a casa!

Attraversammo nuovamente il palazzo e ci imbattemmo in Fanfauna e il gatto Iggy, entrambi con lo zaino sulle spalle.

Sembravano in buona forma e pronti a partire… ma poi quando Fanfauna disse al suo consigliere felino di non ricordare la destinazione del viaggio… ci scorammo ancora di più!

Anche Iggy era ignaro di tutto.

Feci molte domande a Fanfauna per capire da quanto tempo si trovasse in quella situazione ma purtroppo non sapeva assolutamente dircelo.

Mentre cercavamo di far parlare la reginsorella, arrivò Primity che candidamente ci chiese conferma della stagione in corso.

Che sfacelo!

Primity non sapeva che stavamo per entrare nell'inverno!

La situazione si presentava veramente tragica e oscura.

Era chiaro che tutti a corte avessero perso la memoria.

Compreso Toty che come un matto sfrecciava nelle sale del palazzo con il suo skate.

Notammo anche che nel bailamme generale mancava Vernon, ma allora non ci sembrò rilevante.

Interrogammo tutti, scendemmo anche nelle cucine dove i cuochi, dimentichi di quanto bolliva nelle loro pentole, bruciavano tutte le pietanze.

Impressionante la pasta del pane: dopo ore e ore di lievitazione che nessuno aveva pensato di controllare, era cresciuta enormemente.

Usciva dai contenitori, colava sui tavoli sembrando una strana creatura viva.

“Dobbiamo verificare la gravità della situazione e sperare che nel resto del Fiorfiore non sia dilagato il virus che cancella la memoria!”

 

Nimphea: “Sì! Muoviamoci da qui. E' fin troppo penoso vedere i nostri cari in questo stato.”

 



... fine prima parte.

 

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