Un piccolo uomo in transito




[Racconto di Giovanna Gra]


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durata 15 minuti - Credits





Salve a tutti, viaggiatori della metropolitana!
Oggi è un giorno caldo, è un giorno da vivere, un giorno tutto da cominciare!

Benvenuti nel mondo sotterraneo.
Welcome babies!
I miei omaggi, cittadini dell'underground, popolo dell'autostrada del sottosuolo!

Già, questa è la vostra terra madre... escursionisti della vita.
La vostra dimensione, la vostra eterna corsa e voi siete i meravigliosi gitanti del business.

Prego, prego, sedetevi pure, qui c'è un posto per ognuno di voi, cari i miei croceristi di città.
Sistemate pure i vostri bagagli, mettetevi a vostro agio, questo è il mondo dove nessuno vi chiederà un check-in.
Pronto per voi il primo stacco musicale della giornata, miei instancabili marciatori...


E adesso, come di consueto, vi leggerò i primi messaggini che stanno arrivando:

"Ehi... Metro... che tempo fa oggi?"
Ve lo dico subito, ragazzi!
Il cielo è terso, il sole sorge alle sette e quindici ma tramonta alle diciassette e trentatré.
Durata del giorno dieci ore e venti minuti.
Sarà che è venerdì ma le borse europee non stanno aprendo bene.
Il Dow Jones ha perso oltre mille punti.
Il listino cede fino a meno sette per cento trasformandosi in un down

Jones
!
Niente allarmi, gente, in serata, sono certa, si riprenderà.

Eccomi qui!
Il vostro vero e unico Caronte urbano e grazie alle mie frequenza ascolterete le storie di altri globe trotter come voi, altri magnifici irripetibili viaggiatori del sottoterra.

 

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Immagine di un treno (Per leggerne la descrizione proseguire nel link). Vista frontale dall'alto.Particolare degli sportelli e dei finestrini.Particolare della locomotiva.
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Vi delizierò di particolari, pronta a ricevere le vostre dediche e i vostri messaggini, pronta a fare del gossip da binario a binario e descrivervi le mie istantanee dai tanti finestrini che fuggono via.

Sì... perché nel pavimento profondo, vicini al cuore pulsante della città, in questa trama del sottosuolo le vostre vite s'intrecciano, deviano dalle mete, si uniscono e si sciolgono eternamente.

Cielo, gente, non ditemi che non ve ne siete accorti!

Dal centro alla periferia, dalla zona residenziale a quella industriale, dai vecchi giardini alla villa comunale, si tracciano i corsi e percorsi della vostra vita quotidiana.
L'eterno giro della cintura urbana.

Qui, dove le vostre vite corrono lungo la tangenziale, le preoccupazioni si perdono in tutte le indicazioni.
I ritardi si nascondono sotto i cavalcavia in cerca di scuse per le uscite d'emergenza... qualcuna agguanterà la coincidenza altre perderanno l'ultimo treno, continuando a galoppare di borgata in borgata fino al centro città.

"Forse le fermate sono solo illusione", mi scrive Giorgia con un messaggino.

E io le rispondo:
"Sì, Giorgia, hai ragione, le fermate sono luoghi dove il tempo non si ferma, dove il tempo corre più di prima.
Ma cosa importa?
Tanto ognuno ha la propria urgenza:
si sale si scende, si va via."

Quella che sto per raccontarvi è la storia di uno di voi.
Tempo: casa e ufficio venti minuti circa, amici, siamo tutti di passaggio.

Insomma, un tipo da quattro tappe e poi al lavoro.

Grazie alle telecamere a circuito chiuso, finalmente, lo vedo arrivare.
Trafelato, incerto, preoccupato.
Strano.
Cosa può essere successo d'imprevisto nella sua monotematica vita?
Ripeto, stiamo parlando di un:
Casa e ufficio, venti minuti circa... questi è Gianni.


 

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Immagine della strada (Per leggerne la descrizione proseguire nel link). La fermata della metropolitana e la sua insegna.Particolare dell'insegna della metropolitana.Particolare dell'esterno urbano di una stazione.
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Un dirigente semi rampante che vive e lavora in un'altra città da quella natale cioè Torino.

"Torinesi falsi e cortesi!", avverte Lillo su WhatsApp.
"Ma no Lillo, non generalizziamo, a volte sono solo timidi", dico io.
Comunque, Gianni a Torino ha lasciato la sua famiglia destinando unicamente a sé stesso una vita da pendolare.
E del resto non avrebbe mai costretto la sua Martina, adorata Martina, cioè la sua unica figlia, a scendere in quella caotica città, fatta di ruderi e gente strillante.

Trasferitosi quindi a Roma e lasciata la famiglia lassù, non ha mai smesso di patire l'invadenza della capitale e dei suoi cittadini.
"Ma... ai romani secondo voi je frega di quello che patisce Gianni?", ci chiede il messaggio di Nando.
Beh, risponderò io per voi:
"No, non credo importi granché a nessuno."
Ma di questo Gianni ne ha fatto, quasi, un'offesa personale ed è la ragione per cui il suo livello di tolleranza per i modi e l'estro capitolino è quasi nullo.
Perciò, diciamoci la verità, a volte si scopre a pensare alla sua Torino con piacere quasi incontenibile.
Gli piace e gli dà un senso di piacevole vertigine: quanto e come la sua la città custodisca a modo la sua famiglia, distanziandosi da antri caciaroni e nel complesso poco urbani che ha imparato a conoscere in quel di Roma.

Essendo un uomo educato, Gianni non ha mai messo in piazza i suoi sentimenti, né con i suoi colleghi, né con i suoi conoscenti, traducendoli, però, in un britannico e algido distacco.
Per questo, l'albionico , come è stato scherzosamente etichettato dai colleghi, non dà confidenza e non ne richiede.

Diciamoci la verità, come tipo mi piace perché è un maniaco della puntualità.
Lui scende nel sottosuolo sempre alla sua fermata, esattamente due, dopo la partenza dal capolinea.
E lo fa sempre alla stessa ora.
Quindi, si precipita, al suo vagone, che tendenzialmente è quello di centro.

Perché?

Perché ha letto da qualche parte, lui si basa sempre su cose lette da qualche parte, che i treni hanno dieci a uno la probabilità di deragliare piuttosto che subire tamponamenti.
Da questo assunto, poi, altrettanti studi, hanno stabilito che prima e seconda carrozza sono statisticamente le più sicure.
Già, così si dice... senza dimenticare che i sedili al centro del corridoio battono in sicurezza i sedili vicini ai finestrini.
Questo perché, se un treno deraglia, è facile che qualche oggetto si schianti contro il convoglio e penetri, all'interno, tramite la rottura dei vetri.

Perciò ligio alla sua filosofia di vita, Gianni affronta la battaglia per la sua sopravvivenza quotidiana, incominciando con l'aggiudicarsi la poltrona più sicura.

Altra regola insindacabile per Gianni, è occupare un sedile che sia rivolto all'indietro.


 

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Immagine di vagoni con gli sportelli aperti (Per leggerne la descrizione proseguire nel link). Il treno fermo al binario con gli sportelli aperti.Particolare del primo sportello.Particolare di altri sportelli.
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Questo perché la maggior parte degli incidenti avvengono alla testa di un convoglio e non alla coda.
E siccome il nostro è anche un uomo tutto d'un pezzo che qualcuno definirebbe attento, altri morigerato, altri ancora decisamente avaro, naturalmente, non esaurisce qui la rosa delle sue fissazioni...

Un momento però... diciamola tutta!

La verità è che Gianni aveva una bellissima macchina, che teneva come un gioiello e che, come un gioiello, gli è stata rubata.

"Il furto dell'auto è insopportabile, ci son passato!", ci scrive Gino con un messaggio pieno di emoticon in lacrime.

"Eh, sì, Gino, quella macchina era la sua vita e perciò da allora anche la vita di Gianni è cambiata."

Quindi, se qualcuno non lo avesse capito, questa è la piccola storia di un viaggiatore senza sosta, un globe trotter metropolitano con le sue piccolezze in transito.

Ad ogni modo, come tutte le mattine, Gianni si alza e fa colazione, quindi, dedica circa sette minuti a regolare i lucchetti della sua borsa porta laptop, del suo zainetto, della sua ventiquattro ore.
Essendo un uomo avaro, non ama pazzamente il contatto con gli altri, insomma non ama condividere nemmeno gli spazi comuni.
E nel corso degli anni il fastidio è diventato fobia.

Ma questo non ha fermato Gianni dall'usufruire dei mezzi pubblici.
Troppo costoso comprarsi un'altra auto!
E poi in lui è nato una specie di risentimento, come se gli altri prendessero la sua metro per fargli dispetto, concentrandosi su i suoi orari e alle sue fermate per affollarle esageratamente.

Per tutti questi motivi, cullato dal suo carattere, e per un pizzico di alienazione urbana, Gianni ha concepito un piano, al colmo del paradosso e del calcolo, per prendere i mezzi pubblici evitando il più possibile il pubblico e per preservare il suo mezzo.

La sua linea consta di ventisette fermate e segna un tracciato obliquo.
Tutti i santi giorni la sua metro compie la bellezza di ben 446 viaggi.
Ma Gianni, mentalità statistica, ha individuato la sua rush hour (come dicono gli inglesi per indicare l'ora di punta) nelle fasce 7.30-9.30 del mattino e dalle 5.00 alle 7.00 del pomeriggio.

In ragione di ciò, Gianni, esce di casa alle 5.00 di mattina.

Sì, sì, c'è stato un tempo in cui gli bastava essere seduto nel suo vagone alle 7 a.m. (sempre come dicono gli inglesi), ma poi, la sua fobia è peggiorata e di dieci minuti in dieci minuti è arrivato ad alzarsi prima del sole.

Alla partenza del convoglio, normalmente dal primo vagone, siede fissando l'uscita guardando con gran soddisfazione tutti quelli che terminano la loro corsa davanti alle porte di vetro appena chiuse.



 

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Immagine di un binario (Per leggerne la descrizione proseguire nel link). In fondo l'apertura di una galleria e sulla banchina del binario una fila di lampioni e la galleria.Particolare del binario e della galleria.Particolare dei lampioni e della galleria.
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Sì, insomma, nel complesso è cosi che Gianni, tutte le mattine stretto alla sua ventiquattrore e al suo zainetto, parte compiaciuto verso la sua nuova giornata avvolto e gasato dalle sue meschinerie.

E in fondo, considerandosi un veterano globe trotter, oramai si sente sicuro dei suoi credo dei suoi lucchetti e delle sue strategie.

Ora, alle quattro e mezzo del mattino, per intenderci, mentre Gianni, si trascina in pantofole e pigiama a righe verso la sua immacolata caffettiera, qualcun altro, tipo Alex, sta uscendo da un locale qualsiasi fra i tanti che frequenta e di cui fra un'ora appena, a causa della notte insonne, avrà dimenticato il nome.

Alex è uno di quei giovani che vive fifty fifty:
un po' nella vita reale, un po' nella vita virtuale ma è anche uno dai molti amici virtuali e pochi amici reali.

"A me già mi piace Alex", ci scrive Romina.
E noi diciamo:
"Bene, Romina!
E se vuoi saperne di più continua a seguire la nostra storia."

Alex, ad ogni modo, prende la metro quando gli capita.
Viaggia all'alba e a intermittenza... magari, dopo una notte di chat e caffè o un grand tour nella movida della Capitale.

Al contrario di Gianni non ha famiglia e i suoi affetti si limitano a una fidanzata in chat.

Insomma, di converso a Gianni, non si può dire che Alex abbia il controllo della sua vita.
Ha un lavoro da partita IVA imposta, sempre in progress e mai sicuro.
Ha uno zaino riparato con le toppe della sua ex bici rapita una notte da chissà chi.
Perciò non ha lucchetti, lui.
Ha poche fobie e molta voglia di mordere il freno.

Che i due si siano già incontrati fra i miei vagoni, ve lo do per certo.
Ed è facile che non vi sia stata reciprocità nell'intenzione dei loro sguardi.

Alex, sicuramente, ha guardato il suo dirimpettaio con sguardo disattento e ha visto un signore dall'aria grigia, non un capello fuori posto, allacciatissimo nella sua giacca impermeabile, esattamente come le sue borse...

Mentre Gianni, abbastanza disgustato dal ragazzo, deve averlo fissato a lungo ringraziando il cielo di non avergli mandato un figlio maschio come quello.
Ringraziando il cielo di essere distante da quel giovane anni luce.
Ringraziando la sua Torino e la sua solidità.

Il bello è che, per un attimo, Alex ha anche rischiato di rubargli il posto, quello dei corridoi, lontano dal finestrino.
Quello da cui Gianni ama guardare i ritardatari e divertirsi alle loro facciate contro le porte chiuse di scatto.

E naturalmente il fatto che il suo posto ideale stesse per essere usurpato da un estraneo e poi da quell'estraneo ha riempito la mente di Gianni di sospetti.
Sospetti di essere derubato del suo cellulare, della sua ventiquattro ore prima, del suo portafoglio poi, della sua connessione wifi nel mentre, e infine, del suo cellulare... costringendolo a viaggiare con una smorfia contratta sul viso che certo non gli dona.

E la cosa si acuisce quando Alex raccoglie qualcosa per terra e quel qualcosa è la carta di debito di Gianni.
E' vero l'aveva usata per procurarsi del contante prima di prendere la metro.
Ma naturalmente a Gianni questo non basta per archiviare l'accaduto, vuole vederci del dolo, sebbene il giovane abbia chiesto subito ai passeggeri a chi appartenesse.

E intanto arriva la fermata giusta.
Gianni scende dopo aver strappato dalle mani del ragazzo il suo bancomat e con sommo sussiego attraversato le porte scorrevoli fendendo l'aria con il mento sollevato.
E' salvo, pensa.
Quel sinistro giovanotto non può più derubarlo, i suoi lucchetti lo hanno protetto, blindato, soccorso.
Gianni guarda la scala mobile che deve testé affrontare, con sommo sollievo stringendo fra le mani il piccolo bancomat di plastica.

Vede la folla che si ammassa per rincorrere i vagoni nel mondo del sottosuolo, mentre lui è già fuori.
Mentre lui è arrivato e sopra ogni cosa non è stato derubato.

Naturalmente, sono le 7.00.

Stessa ora che si riflette sull'iPad di Alex che ora sta viaggiando a sessanta chilometri orari e imboccando una galleria fra le molte che si attraversano prima di arrivare al capolinea della metro.
E mentre Alex sta digitando in chat: "Oggi, c'era..."
"Ah sì?", gli risponde qualcuno da altro account.
"Sì...", digita ancora lui e aggiunge prima d'inviare, "E credimi Martina, non si può proprio credere tu sia... sua figlia..."

Ecco, siamo arrivati anche noi con i nostri vagoni di storie, coincidenze, e gente varia.
E ora per voi l'ultimo stacco musicale.


 

 

 

 

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