Il giallo della tavola armonica




[Racconto di Paola Manoni]


ascolta l'audioracconto [ascolta l'audioracconto]
durata xx minuti - Credits



I latini dicevano che la lingua batte dove il dente duole.
Oggi esprimiamo questo proverbio in italiano e in molte altre lingue moderne perché il suo significato è sempre attuale: il dolore è centrale quando insiste... come il caso di questa storia che nel ricordo patisco ancora...
Capitò tutto all'inizio della mia carriera concertistica, che inaugurai poco più che ventenne.
I miei genitori, di nazionalità polacca, erano entrambi emigrati a Parigi con le rispettive famiglie e poi, dopo il matrimonio, si trasferirono a Firenze.
Noi figli rappresentavamo la prima generazione degli Zibraw nata in Italia e così come eravamo fieri della nostra cittadinanza, al contempo vantavamo la nostra appartenenza alla patria della musica.
La famiglia era la nostra origine musicale.
Mia madre insegnava canto lirico e mio padre, compositore e pianista, volle che ognuno di noi studiasse uno strumento sin dalla primissima infanzia.
Mia sorella Agnieszka studiò il violoncello, mio fratello Jan il flauto traverso, mentre a me, Anna, la più piccola e l'unica con un nome italiano, andò lo studio del violino.
Eravamo un ensemble a tutti gli effetti.
Io e i miei fratelli conseguimmo il diploma al Conservatorio ma subito dopo gli studi i nostri destini ci separarono.
Agnieszka si sposò giovanissima e andò a vivere con suo marito, sax contralto, negli Stati Uniti.
Jan perse la vita in un incidente d'auto subito dopo il diploma.
Fu una tragedia.
Negli anni che seguirono, disperata per questo lutto a cui non mi rassegnavo, mi abbandonai a uno studio accanito.
Vinsi un concorso che offriva una borsa di studio per frequentare un seminario internazionale sull'esecuzione del violino solista.
Era tenuto a Leida e v'insegnavano musicisti eccezionali: primi violini e maestri d'orchestra sinfonica.
Durante le lezioni conquistai la stima del direttore dell'orchestra filarmonica di Seoul il quale mi offrì una collaborazione con l'orchestra coreana.
Era una vera e propria occasione che io presi al volo.

Mi trasferii in Corea e ben presto il maestro m'inserì in una tournée nazionale di musica sinfonica, dove mi esibivo come violino solista.
Ero una straniera, una donna e per di più molto giovane... per alcuni fui una rivelazione mentre altri mi avversarono, soprattutto dopo che un giornalista locale insinuò una love story tra me e il maestro... tutto falso, ovviamente!
A parte tante chiacchiere inutili, l'esecuzione che stava decretando il mio successo era il concerto di Brahms in Re maggiore, Opera 77, per violino e orchestra.
Brahms aveva scritto questo concerto in tre movimenti per il suo grande amico violinista, l'ungherese József Joachim.
Il primo movimento, allegro non troppo, costruisce un'aria intimistica e solenne in cui si rivela subito il violino solista; il secondo, adagio, si annuncia coi soli fiati lasciando poi ampio spazio al canto del violino e infine il terzo movimento finale, allegro giocoso ma non troppo vivace, pieno di vibrante vigore.
Questo concerto mi fece scoprire quella sensazione straordinaria che si prova quando si suona da solisti in una sinfonia, quando il corpo e la mente vanno in risonanza con la musica.
Essere un tutt'uno con la partitura e attendere, come un amante bramoso, il cenno del direttore per incarnare la melodia.
Compresi che il pubblico poteva sentire in modo sottile ciò che palpita in un musicista perché la gente rispondeva in modo sempre puntuale: quanto più il suono del mio violino era sensuale tanto più gli applausi che seguivano erano scroscianti.
Nel giro di un paio di anni di permanenza in Corea conquistai la più importante casa discografica che mi chiese l'esclusiva dei diritti di incisione... e questo comportò ovviamente una maggiore diffusione delle mie esecuzioni anche al di fuori della Corea... dapprima in Giappone e poi verso un ambito sempre più internazionale, seguendo il corso del Sole perché da Est... verso Ovest... il mio nome stava viaggiando verso l'Europa.
Il mio personaggio aveva incuriosito i media coreani e soprattutto gli sponsor, interessati a legare il loro marchio alla mia promessa di internazionalizzazione.
Ricevetti un'offerta favolosa da una società operante nel solido mondo coreano per la tecnologia avanzata, la BIT Data Group, con sede a Seoul.
In pratica mi offrivano una somma annuale e la possibilità di suonare uno Stradivari originale, in cambio di apporre il proprio logo su ogni cartellone e programma di concerto a cui partecipavo.
Per me era praticamente impossibile rifiutare una simile offerta.
Intendiamoci, non tanto per i soldi... ma per lo Stradivari!
La BIT Data Group mi fece recapitare il prezioso strumento in una di quelle mattine d'inverno, a Seoul, dove lo smog si taglia a strati e si deposita su ogni cosa in minuscole particelle.
Tuttavia la visione di quel gioiello intarsiato fu nitida come un fiore di loto descritto in un koan, che si scorge bagnato di brina mattutina.
Il violino era stato preso in locazione dalla Stradivary Society di Chicago... ed era per me.
Lo ammiravo, aperto nella sua custodia di velluto rosso, ma non avevo il coraggio di toccarlo.
Lessi allora il certificato, scritto in italiano e tradotto in inglese.
Era un esemplare realizzato da Stradivari.
Il legno di acero, proveniente dalle Alpi, era decorato con cerchi e losanghe bianche su sfondo nero.
Mi feci coraggio e prelevai l'archetto.
Poi, con estrema cura, sollevai lo strumento e quasi senza respirare lo adagiai sulla spalla.
Mi venne in mente la prima frase della Ciaccona di Bach...
Sì, la Ciaccona ruppe il ghiaccio: fu il primo brano, suonato a memoria, che eseguii con lo Stradivari.


Il violino aveva un suono profondo, caldo, puro.
Aveva quel timbro intenso che solo uno Stradivari può avere.
Questo meraviglioso strumento non era arrivato da solo nella mia vita.
Il violino era concomitante all'invito, ricevuto il giorno stesso, dal Metropolitan Concert Hall di New York per l'esecuzione solista del Concerto per violino e orchestra in Mi minore, op. 64 di Mendelssohn.
Il solo pensiero di studiare la partitura per suonare a New York con lo storico violino mi lasciò totalmente insonne.
Era inteso che non avrei potuto prepararmi con lo Stradivari perché chiaramente uno strumento così importante non si tiene in casa.
Era stato acceso un deposito presso una banca di Seoul perché, nonostante la copertura assicurativa, dovevo tenere una conduzione diligente del prezioso prestito.
Sicché richiusi lo strumento nella sua elegante custodia e lo ripresi solo per le prove generali, a New York.
Lo Stradivari avrebbe viaggiato con un incaricato della BIT Data Group e il suo deposito a New York sarebbe stato garantito presso il caveau della Bank of America.
Il mio Stradivari sarebbe entrato in scena con il concerto per violino solista per eccellenza... sicché cos'altro avrei potuto domandare per il mio debutto negli Stati Uniti?
Quella tonalità calda e profonda fuoriusciva dalla mia spalla sinistra e come una corrente attraversava tutto il mio corpo.
Durante l'esecuzione mi sentii fisicamente errante... era come un sorvolare l'orchestra col mio corpo astrale... trasportato dalla musica, come una vela leggera sospinta dalla brezza marina.
E quando mi riebbi dalla trance musicale, mi sentii quasi sopraffatta dall'emozione degli applausi scroscianti a cui fecero eco, l'indomani mattina, ottime critiche apparse sui giornali.
Il produttore che aveva organizzato il concerto mi offrì su due piedi una tournée statunitense di sei mesi.
Informai mia sorella Agnieszka la quale all'epoca abitava a Pittsburgh perché, decisione obbligata dalle felici circostanze, sarei rimasta lì... era un'ottima occasione per rivederla!
La BIT Data Group avrebbe prolungato il prestito dello strumento concesso dalla Stradivari Society e il consolato italiano mi avrebbe procurato il visto necessario per un soggiorno di sei mesi.
La tournée comprendeva tappe molto importanti e si sarebbe conclusa presso la Washington National Opera.
Lo Stradivari continuava a seguirmi di concerto in concerto e io mi trasformavo sempre di più nella sua schiava d'amore.
Era davvero uno strumento misterioso, come si diceva di tutti i violini che provenivano dal talento del liutaio di Cremona.
Anche Paganini ebbe uno Stradivari che diede in pegno e poi perse, avendo già a suo tempo dissipato tutti i suoi beni al tavolo da gioco...
Mi era venuta la folle idea che tra le mie mani fosse finito proprio il violino del Maestro... l'esemplare Stradivari con cui Paganini suonava prima del famoso Cannone cioè, lo strumento del liutaio Guarnieri, successivamente ricevuto in regalo da un benefattore.
Nessuno avrebbe potuto confermarlo perché mancava la storia dei possessori del mio violino... quindi nessuno avrebbe potuto nemmeno smentirlo!


Quando arrivai a Washington c'era un caldo umido irrespirabile.
Il fiume che attraversa la città, non era mai stato così basso.
Non pioveva da mesi e si stava preannunciando un'estate torrida.
Tuttavia le mani erano salve... non potevano sudare (l'incubo per un musicista) perché la vita indoor di Washington era tutta regolata da potenti climatizzatori... ma suonare in un ambiente così refrigerato impegnava maggiormente le articolazioni e mi dolevano subito i polsi.
Il programma prevedeva il Concerto in Mi minore di Mendelssohn.
Il produttore aveva pensato di concludere la tournée con lo stesso programma dell'apertura, a New York.
Alle prove generali ritrovai come sempre il mio Stradivari nella sua elegante custodia.
I miei gesti si ripetevano identici a ogni prova.
Ogni volta ripassavo a memoria la prima parte della partitura mentre preparavo l'archetto, cioè strofinandolo per bene con la colofonia.
Poi raggiungevo l'orchestra, accordavamo gli strumenti e si proseguiva con l'intera esecuzione.
Anche a Washington tutto si svolse come di consueto.

La sera del concerto era relativamente più fresca delle precedenti.
Arrivai con largo anticipo in camerino, indossai un abito da sera grigio antracite e ripetei con molta flemma i soliti esercizi per le mani.
Il produttore mi avvisò che dopo il concerto avrei dovuto rilasciare un'intervista per il Washington Post.
Ero un po' stanca di tutti questi impegni, soprattutto perché non parlavo ancora bene la lingua inglese e non ero sempre sicura di comprendere tutto correttamente.
Il viaggio di ritorno si avvicinava e io sentivo la nostalgia di casa.
Ero felice del risultato ottenuto ma ora non pensavo ad altro che alla partenza oramai imminente e l'incontro con quel giornalista era il mio ultimo sforzo.
Ma fui contenta del risultato perché l'articolo, apparso il giorno dopo, era parte di un inserto speciale che si intitolava, traducendo in italiano: Zibraw: un caso di successo, in cui lo Stradivari e io comparivamo in molte foto.
Insomma, lasciavo in gloria gli Stati Uniti portando a casa un risultato incredibile.
Sarei tornata a Firenze e dopo tre settimane di vacanza, come già programmato, avrei iniziato la stagione concertistica autunnale.
Ma... in certe storie ci sono dei pesanti ma...
... Accadde tutto dopo meno di quarantotto ore, proprio all'alba della partenza...
In breve: lo scenario della mia carriera, semplicemente perfetto, cambiò radicalmente!
Mi arrivò la telefonata del mio produttore: con pochi giri di parole m'informava che non avrei potuto lasciare gli Stati Uniti per un motivo che mi fece letteralmente crollare.
In pratica... su di me aleggiava il sospetto di una truffa.
Il produttore mi riferì di una segnalazione anonima da parte di un lettore del Washington Post il quale affermava che osservando le foto pubblicate era possibile dimostrare che lo Stradivari non fosse autentico.
La supposizione, illustrata con una dotta argomentazione storico-artistica, esprimeva il dubbio su una decorazione presente sulla tavola armonica, difficilmente attribuibile alla mano di Stradivari.
Ma il problema principale fu che tale congettura venne indirizzata all'FBI che avvisò la Stradivari Society di Chicago, citata nell'articolo come proprietaria del mio violino, la quale reagì immediatamente richiedendo l'apertura formale di un'inchiesta.
Questo comportava che il mio nome fosse il primo nella lista degli indagati, quale potenziale attore o soggetto connivente della truffa ai danni della Compagnia che si configurava nell'aver sottratto l'originale e sostituito l'esemplare con una copia.


Io mi sentii letteralmente mancare il terreno sotto i piedi tuttavia, forte della mia totale estraneità, tentai ingenuamente di partire la sera, com'era stabilito, ancora incredula... non potevo accettare quanto stava accadendo.
Arrivai all'aeroporto in taxi e andai a passo svelto al banco delle partenze.
Ma la compagnia aerea m'informò con molto garbo che non potevano farmi partire perché sul mio biglietto pendeva l'interdizione della polizia federale.
L'FBI che indagava su di me... continuavo a ripetermelo... era una totale follia!
Dissi a me stessa che forse ero preda di un bruttissimo incubo da cui non riuscivo a svegliarmi!
Infine mi dovetti rassegnare e tornare in albergo, non c'era davvero nient'altro da fare.
Si susseguirono una serie di telefonate.
I miei da Firenze, mia sorella, tanti amici che avevano saputo e l'indomani vi fu un primo interrogatorio da parte di un agente federale.
Fu chiaro fin da subito che dovevo nominare un avvocato... perché col mio inglese incerto avrei potuto mettermi nei guai, anche se ero totalmente innocente.
Scoprii a mie spese che la polizia federale non impediva la diffusione delle notizie relative alle indagini in corso.
Lo scandalo imperversava sulla stampa... la giovane promessa, la violinista italiana indagata per il falso Stradivari.
Sentivo sulle spalle il peso del mondo... tanto da non riuscire a suonare con il mio violino da studio con cui mi esercitavo quotidianamente.
Il mio avvocato mi aveva informato della perizia in corso sul violino oramai sequestrato.
L'accertamento di per sé fu molto interessante perché rivelò molti dettagli sui materiali di cui era fatto strumento.
Ma soprattutto il perito concludeva, con mio sommo sollievo, con un positivo verdetto: l'autenticità del violino.
A quanto pare, il mio Stradivari era uno degli undici strumenti decorati con motivi floreali, viticci e animali che provenivano dalla fantasia creativa del liutaio (e che forse l'anonimo inquisitore non conosceva).
La struttura della tavola armonica presentava una doppia filettatura nera, ricavata da materiali vegetali, intervallata da una banda di rombi d'avorio intarsiati su un fondo nero, misto di ebano macinato e colla animale.
Le analisi sui materiali evidenziarono che il piano armonico era di legno di abete, assottigliato verso il bordo mentre il fondo era costituito da legno di acero: un unico pezzo lavorato con marezzature orizzontali.
Queste caratteristiche erano comuni agli strumenti usciti dall'antica liuteria di Cremona e per questo rendevano totalmente infondata l'ipotesi che si trattasse di una copia e non di uno Stradivari originale.
L'FBI, vista l'evidenza del caso, decise di chiudere le indagini... il che significava automaticamente la mia libertà di movimento.
Ma la pace ritrovata durò solo tre giorni... giusto il tempo trascorso a casa di mia sorella a Pittsburgh.
Per la stampa fu nuovamente una festa quando una nuova segnalazione giunse all'FBI insistendo ancora sulla falsità del violino.
Era un vero e proprio accanimento ai danni della mia immagine.
L'FBI impedì nuovamente la mia partenza e io fui seriamente provata dalla violenza e dalla rapidità con cui questi fatti si svolsero.
Per fortuna avevo mia sorella Agnieszka che mi confortava e mi aiutava con la lingua.
Fu lei a trovare un bravo avvocato italo-americano con cui potevo parlare in italiano.
E nei giorni più bui di questa storia fu proprio questo avvocato a presentarmi il mio salvatore.
Io e mia sorella incontrammo l'avvocato e un curioso signore, piccolo di statura, un po' tarchiato, di origine napoletana: il mio consulente.
Era un esperto liutaio, Ciro Esposito, il quale sosteneva di poter svolgere una perizia di parte inoppugnabile per dimostrare la datazione dello strumento, altro elemento indispensabile per dimostrarne l'originalità.
Disse di non volere soldi: sarebbe intervenuto in cambio della popolarità che era certo di ottenere con la sua perizia.
Una settimana dopo venne fissata la nostra perizia presso un laboratorio dell'FBI, alla presenza di alcuni giurati del tribunale federale.
Il bizzarro liutaio napoletano si presentò con una valigetta di cartone colorato da cui estrasse un piccolo arnese dotato di una lama, un fornelletto ad alcol e un foglio di carta assorbente.
Stese con cura il foglio su un piano di appoggio a cui avvicinò con estrema attenzione il violino.
Poi accese il fornello e scaldò a lungo la lama che divenne incandescente.
Con un gesto rapido avvicinò la lama alla cassa dello Stradivari e la poggiò su una porzione piccolissima di legno dipinto di nero.
Al contatto col calore la vernice scura si sciolse lievemente, rilasciando un paio di gocce nere sul foglio assorbente.
Con estrema flemma Ciro ripose lo strumento, spense il fornello e ripiegò il foglio che chiuse in una busta.
Domandò che la busta fosse tenuta in una cella frigorifera per 48 ore, trascorse le quali il foglio sarebbe stato esposto all'aria aperta per altri 5 giorni.
L'FBI si fece garante di questa prova i cui esiti vennero nuovamente portati alla conoscenza dei giurati federali.
Ebbene, quando infine Ciro mostrò il reperto si vide che al posto delle gocce nerastre colate sul foglio vi era... un buco!
Il nero aveva rotto la carta e questo comprovava l'originalità del violino.
L'analisi venne validata e con questa accettazione si chiudeva nuovamente il caso.
La BIT Data Group, che mi aveva temporaneamente sospeso la sovvenzione, tornò a promuovermi e lo Stradivari mi venne nuovamente concesso dalla società di Chicago!
L'FBI spiegò infine che la denuncia venne ritirata e che una nuova inchiesta era stata aperta, imputando le false segnalazioni a un collezionista coreano.
Con ogni probabilità il suo gioco era screditare l'esemplare per abbassarne il valore perché, in quanto dichiarato come falso, sarebbe stato certamente eliminato dalla collezione della Stradivari Society... e poi venduto quale anonimo violino... quindi un'ottima occasione per comprare un vero Stradivari a basso costo!
Finalmente ottenni il nulla osta per partire e dunque tornai a Firenze ma portando con me il peso di un fardello: quel che era accaduto non avrebbe giovato alla mia carriera perché era stata comunque macchiata la mia reputazione.
Dei dubbi sul mio conto sarebbero rimasti... il mondo della musica non è esente da cattiveria e da malizia...
Mi erano venuti in soccorso molti colleghi e amici musicisti che avevano firmato una lettera aperta a sostegno della mia estraneità ai fatti accaduti...
Ma ciò che restava ancora misterioso era il motivo per il quale un solo buco sulla carta avesse potuto mettere a tacere tutti...

Vorreste provare a indovinarlo voi??

 

 

 

 

 Torna al Menù racconto  Torna al sommario