Questo, ovviamente, lo gettò in una grande disperazione.
Intanto, in casa sua, il demone se la spassava mangiando alla sua tavola, dormendo nel suo letto e non degnando il popolo di alcuna attenzione, ben concentrato solo su stesso.
Salomone, però, come raccontavano le cronache, non era ricco e potente solo per motivi dinastici.
Era diventato un grande anche grazie alle sue ricchezze interiori: cultura, conoscenza e curiosità.
E, in virtù di questo, un giorno, finalmente, trovò la forza per capire che doveva rialzarsi.
Per rialzarsi, seppure povero in canna, doveva riprendersi, rimettersi in forze e guadagnare vigore.
Ma come poteva fare?
Cammina che ti cammina, giunse fino al mare e rimase a osservare dei pescatori che lavoravano lungo la riva.
Quando fu sicuro di avere capito il metodo, si cimentò anche lui nell'arte della pesca e, dopo qualche ovvio imprevisto, mise a punto un sistema che gli consentì di riempire la sua bisaccia di pesci e rifocillarsi a dovere.
C'è da dire che il diavolo, al contrario del sovrano, era solo istinto senza alcun ragionamento e impiegava ogni risorsa, magica o meno, per realizzare qualsiasi desiderio gli venisse in mente.
Ma i desideri, è noto, non funzionano così.
Hanno bisogno di attese, di distanze e, se esauditi in continuazione, si rimpiccioliscono.
Il diavolo non si era mai distratto dai suoi desideri.
Per esempio, non aveva mai provato curiosità per gli altri, perciò, a un certo punto, anche le chiacchiere degli animali che per lo più parlavano di semi, nidi ed erba cipollina gli vennero a noia.
Così, un giorno, all'ennesima discussione fra passerotti che battibeccavano su quali rami fossero più ammortizzati, se di salice o di sambuco, disse: "Basta, non ne posso più di tutte queste stupidaggini!"
Bisogna riconoscere che qualsiasi oggetto, forse anche una bacchetta magica, potrebbe venire a noia se usata da uno stupido egocentrico qual'era il demone.
Infatti, lui si stufò.
E si stufò talmente tanto che, un giorno, preso dall'ira funesta mentre passeggiava in riva al mare, sentendo due cernie che si lamentavano di quanto l'acqua fosse salata quella mattina, sfilò l'anello dal dito e, istericamente, lo gettò nell'oceano.
La sorte volle che di lì a poco, proprio in quell'oceano passasse la spigola più golosa e incosciente del pianeta la quale, vedendo un luccichio d'oro e succose pietre turchesi, si pappò l'intero monile.
... fine seconda parte.
|