Mi aggiravo furtivamente attorno al grande osso fossile di dinosauro che mia nonna Bula aveva deciso di piantare nel bel mezzo del nostro villaggio, quale monumentale testimonianza dell'antichità della Terra.
Noi scimmie preistoriche della specie delle Adapidi, vissute fino a 34 milioni di anni fa (secondo il calendario geologico degli umani del ventunesimo secolo) avevamo un'organizzazione sociale matriarcale, al cui vertice vi era il Consiglio delle Anziane. E nonna Bula ne faceva parte.
I giovani maschi, come me, avevano nel gruppo un'importanza molto marginale. Avevamo una capacità di azione assai limitata e le nostre mansioni erano essenzialmente di caccia e di raccolta.
Ma nonostante la bassa condizione sociale in cui mi trovavo, qualcosa era cambiato nella mia esistenza. Avevo scoperto quell'osso fossile che aveva fatto la mia fortuna, perché mi conferiva il diritto di conoscere le nostre antiche origini: quel sapere segreto che per legge era tramandato di madre in figlia, ma che veniva eccezionalmente svelato solo a coloro che compivano delle imprese eroiche.
Sicché avevo saputo una verità agghiacciante: milioni di anni prima della nostra comparsa sul Pianeta, degli esseri giganteschi, chiamati dinosauri, avevano abitato la nostra terra e quell'osso era appartenuto a uno di loro.
Tra le altre conoscenze arcane della nostra gente, vi era la concezione del tempo.
Il passato, così come il futuro, mi spiegava nonna Bula, sono in noi.
Il passato, come diranno gli uomini di scienza del ventunesimo secolo, è nella traccia della memoria genetica insita in noi, mentre il futuro è il potenziale progettuale del presente.
Con la nostra esistenza rappresentiamo il limite temporale di tutte le cose: la storia che conteniamo e l'anticipo del futuro che rappresentiamo.
Però Nonna Bula mi aveva detto che avrei potuto conoscere tutte le epoche perché con la fantasia sarebbe stato possibile esplorare tanto il passato quanto il futuro.
Io ero un tipo molto timoroso, ma come tutte le scimmie avevo un'indole curiosa che tentava di emergere, a dispetto delle mie personali paure...
Non mi fermavo alla sola evidenza delle cose e da quell'osso piantato nella terra cercavo di carpire una qualche verità sulla sua provenienza.
Lo avevo ispezionato tante volte, annusandolo e perlustrandolo in tutta la sua superficie su cui mi ero più volte arrampicato.
Ma constatavo solamente la sua struttura porosa.
Mi sembrava fosse svanito persino quell'odore del tempo che avevo percepito annusandolo la prima volta, in presenza della nonna.
E da allora la mia curiosità non mi lasciava tregua.
Trascorrevo molte ore girando attorno all'osso e senza concludere alcunché tornavo sconfitto nella tana.
Non ero in grado di comprendere nulla circa l'origine di questo oggetto misterioso.
"Con questi girotondi stai diventando lo zimbello del villaggio... Che ti succede Paki?", cercava di avvertirmi mio fratello Pakino.
La gente mi giudicava male perché non capiva il mio comportamento.
Il segreto di cui mi aveva messo a parte nonna Bula mi pesava, ma non potevo rivelarlo a nessuno... lo avevo giurato!
Una di queste tante volte, nel girotondo continuo accelerai il passo... tant'è che fui preso dal vortice della corsa: inciampai su una pietra e capitombolai a terra battendo la testa.
Persi i sensi...
|
|
|
***
La giungla si diradò e vidi un'immensa pianura verde che all'orizzonte si innalzava in dolci pendii collinari.
Mi parve di svegliarmi su un prato fresco e profumato, senza comprenderne l'ubicazione.
Ma non ci fu molto tempo per ragionare, perché il terreno cominciò a sussultare e un rombo assordante si fece sempre più forte.
Un plotone di piedoni giganteschi, appartenenti a creature mai viste, avanzava di corsa verso di me.
Restai impalato, letteralmente terrorizzato.
Uno di questi esseri disse a un altro, alludendo a me:
"Occhio che c'è un microbo vicino all'incrocio dei pali... ma che cos'è: un'altra specie di palla?"
Ero su un campo di calcio!!!
"Fermate il gioco!
Arbitro cornuto!", urlò il compagno, "Qui c'è un'invasione di campo... una protopalla non regolamentare!!!"
Si fece avanti uno strano quadrupede con il corpo ricoperto interamente di scaglie. Si fermò a meno di un palmo di zampa da me.
Si abbassò flettendo il suo sinuoso muso su cui troneggiavano due zanne di colore giallastro.
Mi annusò a lungo e poi disse:
"Naaaa... i palloni regolamentari sono di fibra vegetale e questo è di pelle e peli..."
"Siamo al primo tempo e non possiamo scannarlo ora", disse un altro di questi mostri, "la partita deve continuare: è il regolamento."
Ero spacciato, volevano mangiarmi!!!
Poi si sentì un lungo fischio a cui seguirono degli schiamazzi.
Come tutte le scimmie del mio branco avevo una vista piuttosto corta, ma intuii che c'era molto pubblico che rumoreggiava.
"Rimessa laterale!", urlò il primo e mi parve di vedere poco più in là un altro di loro con una palla tra le zampe, pronta a essere scagliata.
Ero finito nella notte dei tempi, nel bel mezzo di una competizione sportiva dei primordi e non capivo minimamente come questo potesse essere accaduto.
La palla arrivò al centrocampo con un tiro spiovente e le due squadre si schierarono.
Partì il traversone dell'ala che trovò all'appuntamento la testa del centravanti...
il quale osò il rilancio e... centrò la porta!!
Scoppiò un boato: tutti urlarono GOAL!!!"
"Uno a zero, palla al centro!"
Giocatori e spettatori schiamazzarono intonando cori con l'accompagnamento di grugniti.
Un tifo preistorico da proto-stadio!
Feci giusto in tempo a saltare su un arbusto quando una zampa con degli artigli acuminati calpestò il suolo proprio dove mi trovavo io un istante prima, lasciando un'impronta gigantesca.
La carica dei bestioni fu così forte da alzare una cortina di polvere che mi impedì di seguire la partita.
Il trambusto era davvero grande e durò a lungo, culminando in un secondo goal.
Poi le forti scosse nel terreno mi fecero comprendere che si stavano spostando tutti assieme.
La partita era finita.
La nebbia di polvere si diradò e vidi che sul campo era rimasto solo uno di loro, molto più piccolino degli altri dinosauri di taglia extra large, senza scaglie né peli.
Saltava qua e là, eretto sulle zampe posteriori, fino a che non raggiunse l'arbusto dove ero rimasto abbarbicato per tutto il tempo.
"Oh, chi tu sei?!
Un insetto non ancora classificato???"
| | |
|
Iniziai a tremare come se fossi una foglia dello stelo.
"Oh bischero, oh che tu fai?", disse ancora lui, "Io non ti mangio mica... Io son erbivoro!
Chéta la tremarella!"
Finalmente avevo trovato qualcuno con dei modi gentili.
Non avevo nessuna voglia di scendere, ma mi calmai e il tremore cessò.
"Che ne dici se resto qui?
Tu sei molto più alto di me.
Se scendo finisco fra le tue zampe e si rischia che mi calpesti..."
"Vedi che devo finire di rassettare il campo?", rispose lui, "Ogni volta lo lasciano pieno di fogliacce secche, clavicole, sfere di ossidiana bucate e fossili, così noi spazzini dobbiamo provvedere.
Resta lì che ti passo a prendere appena ho finito!"
Gli diedi retta anche perché ero immobilizzato dal terrore e non avevo alternative.
Lo vidi lavorare alacremente, mise tutto in un sacco e poi sparì dalla mia vista che, come vi ho già detto, per tutte le scimmie Adapidi è un po' limitata.
Ricomparve dopo poco, facendo vibrare il terreno e ondeggiare il ramo a cui ero ancora rimasto attaccato.
"Salta sulla mia schiena, andiamo via di qui ché è pericoloso!", disse risolutamente.
"Tra poco il sole tramonterà e i Rex spunteranno come lumache...
Quelli sono il doppio più alti degli altri che hai visto e bramano sangue in qualunque forma lo trovino: lo spillano anche da un moscerino-palla come te."
"I Rex???
E chi sono?!", ero allibito.
"Salta costì!", ribadì lui, "Ti spiego tutto dopo."
Balzai sulla sua schiena e afferrai il suo collo lievemente viscido e lucido.
Mi stavo fidando perché non avevo altra scelta.
Poco dopo arrivammo alla sua tana.
Mi depositò su una specie di tavolato e poi mi scrutò a lungo.
"Oh bella, sembri un due su un tre... come si dice dalla mie parti... ma sei innocuo e hai bisogno di protezione."
La lingua la comprendevo, però il significato di tutto quel che diceva non sempre l'afferravo... gergo del Cretaceo!
Ma l'ultimo concetto era chiaro ed ero perfettamente d'accordo: dovevo essere protetto.
"Non so chi tu sia", risposi facendomi coraggio, "e non so bene come io sia finito qui, tuttavia comprendere in quale disavventura mi sia cacciato è affar mio ...
Ma dimmi solo come ti chiami, da dove vieni e che giorno è oggi..."
Il mio salvatore prima scoppiò in una fragorosa risata che fece ballare il tavolato su cui mi aveva deposto e poi si girò per chiudere la porta.
Come si voltò, riuscii per miracolo a schivare un colpo che mi stava involontariamente assestando con la sua grossa coda.
"Ohhhhhh! Fai attenzione..."
"Ma sì che ti bado!
Non avere tema! Il mio nome è Dino e sono un hypsilophodon, dinosauro erbivoro di taglia piccola."
Dinosauri!
Ero stato esaudito!!
Nonna Bula aveva ragione!
Il Tempo è dentro di me e con la fantasia posso raggiungere qualunque luogo!!
Quindi mi trovavo nella terra dei dinosauri... prima della grande glaciazione...
"Dimmi ancora... in che epoca siamo?!"
"Che vuoi che ti dica... gli anni scorrono e il tempo scivola...
Adesso siamo occhio e croce verso il Cretaceo, che gli umani del ventunesimo secolo collocheranno nel periodo compreso tra 140 e 65 milioni di anni prima di loro."
Va beh, magnifico, dissi a me stesso... coincide tutto alla perfezione con quanto nonna mi ha rivelato!
| | |
|
Ero pieno di guai: non sapevo proprio se fossi giunto in un'epoca così lontana con una macchina del tempo e come avrei potuto fare ritorno alla mia realtà... ma nonostante tutto riuscii a rilassarmi.
"Che ne dici di una tazza di zuppa? Avrai fame no?"
Zuppa... accidenti non lo capivo proprio, ma non lo diedi a vedere e risposi in modo affermativo.
Mi offrì un brodetto con pezzetti di radici e foglie impastate secondo la ricetta di un pegomastax africanus (un bizzarro uccello preistorico)... il tutto servito dentro il guscio di una noce di cocco incastonato in una selce: un autentico reperto!
Avevo qualche perplessità, ma una fame tale da non farmi sopraffare dal pregiudizio gastronomico.
"Allora, dimmi chi sono i Rex...", domandai a Dino mentre mangiavamo questa zuppa che, lo devo ammettere, non era affatto male.
Dino era piuttosto reticente: non aveva voglia di parlare di loro, ma io lo incalzai e fu costretto a rispondermi.
"Sono i Tirannosauri più temibili: carnivori bipedi giganteschi, in grado di divorare qualunque creatura vivente.
Sono i sovrani della Terra e da loro ti devi guardare se hai cara la pelle!!!
Se ci avessero trovato al campo di calcio, ci avrebbero divorati."
Mi battevano i denti dalla paura, ma non lo feci vedere.
Però come ho detto sono curioso e non riuscivo a stare zitto.
"Quindi i Rex dormono di giorno ed escono di notte?"
Dino restò molto colpito dalla mia domanda.
Lo compresi perché fece una lunga pausa di silenzio.
"I Rex hanno il sangue bollente e per loro il giorno è troppo caldo, sicché vanno a caccia di notte e uccidono tutti gli animali che incontrano.
E se non trovano prede... mangiano i più giovani del loro gruppo.
Sono degli esseri mostruosi!"
"Io voglio vederli!", dissi impulsivamente, senza pensare al pericolo che ciò comportava.
"Oh bella!
Allora sei proprio un grullo!
Hai capito quello che ti sto dicendo???
Sai cosa sei per loro?
Una tartina, un bocconcino di antipasto. Non sei niente di più!"
Un brivido mi percorse la schiena.
Dino aveva ovviamente ragione... ma io, capitato nell'epoca dei dinosauri, volevo sapere!
"Tanto tra poco li sentirai ululare anche restando qui: passano sempre piuttosto vicini alla mia tana, che per fortuna non emana alcun odore... altrimenti mi avrebbero già scovato!"
Ammutolii nell'attesa di sentire qualche cosa.
Anche Dino rimase in silenzio accanto a me.
Ma il tempo passava e nessun rumore proveniva da fuori.
Rimanemmo ancora un po' immobili e poi Dino si mosse verso l'ingresso.
"Strano evento, non è esistita notte preistorica che non siano passati i Rex qui fuori, con le fauci spalancate. Cosa starà accadendo?"
"Avranno paura anche loro di qualcosa e forse per questo non sono usciti dalle loro tane!", dissi senza troppo riflettere su quanto stavo affermando.
"Senti amico, non diciamo idiozie... ti ho già spiegato chi sono i Rex!
Quello che dici è assolutamente impossibile!"
"Dovresti dire improbabile ma non impossibile!
Avresti mai detto che sarebbe stato possibile incontrare uno come me?!"
"No, mai!
E in effetti non mi hai ancora detto nulla di te né da dove vieni!"
Dino mi lanciò uno sguardo indagatore che non mi parve del tutto amichevole.
Ma non ebbi il tempo di rispondere che si sentì un rumore intenso passare sopra le nostre teste, come un battito di ali enorme, fuori dal nascondiglio sotterraneo.
"Sono loro... i Rex?", sussurrai piano piano.
"No, non sono loro!
Non ho mai sentito un rumore simile... deve essere un uccello stragrande che è passato qui sopra... ma non capisco."
"Ma vuoi vedere che c'è qualcuno che ha il coraggio di cacciare i Rex!?
Io vado a vedere!"
Dino rispose immediatamente: "E io non ti seguo, è una totale follia!
Vuoi fare testamento prima di varcare la soglia?
Hai niente di interessante da lasciarmi?!"
Dino aveva un tono sarcastico, ma era seriamente terrorizzato e deciso a non seguirmi.
"Ho giusto un osso fossile di uno di voi, che però sta nella mia epoca... quindi non ho davvero niente da darti. Ma se ritorno vivo ti racconto per filo e per segno cosa c'è lì fuori."
"Posso darti un consiglio amico?
Visto che sei minuscolo e agile approfitta del tuo fisico proto-rachitico e appena puoi nasconditi fra gli alberi.
Fai attenzione, non fidarti e soprattutto, in caso di fuga, non ti venga in mente di farti inseguire fin qui, scappa altrove!"
Dino si era dimostrato amichevole e comprendevo che non avesse alcuna voglia di esporsi a causa mia.
Lo salutai e lo ringraziai per il cibo e per l'accoglienza.
Uscii allo scoperto.
Era tutto buio e immobile e l'aria era quasi irrespirabile.
C'era un calore diffuso che prima non avevo avvertito.
Mi mossi con estrema cautela.
Il battito del mio cuore era l'unico suono che percepivo.
Sentii l'odore di qualche elemento vegetale non lontano da me.
Strisciai piano piano sul terreno, fino a incontrare un arbusto ramificato con una discreta chioma.
Lo risalii lentamente e mi fermai quando mi sentii coperto dalle foglie.
Da questa postazione rimasi in ascolto.
Dino temeva che io potessi portargli guai in casa, ma invero avevo già perso il riferimento della sua tana e di conseguenza non mi sarebbe stato possibile tornare indietro.
Aspettavo che qualcosa accadesse.
In effetti a un certo punto si produsse in aria un fragore assordante, molto più forte del rumore che avevo sentito nella tana di Dino.
Un lembo di cielo si illuminò a giorno e vidi un essere alato gigantesco, con il collo e la coda simili a quelli di un dinosauro... volava rapidissimo e dalla sua bocca sputava un bagliore di luce.
Ecco cosa aveva spaventato i Rex, ne ero sicuro!
Il gigante lasciò una traiettoria luminosa, come una seconda Via Lattea che a poco a poco si dileguò nel buio.
Per vedere meglio mi sporsi da un ramo, ma feci un passo falso e così mi schiantai al suolo...
***
| | |
|
Mi risvegliai e vidi Nonna Bula.
"Sei finalmente tornato in te, nipote adorato!
Quante volte devo dirti di lasciar perdere quest'osso?!"
Ero sgomento... non si sa come ma... ero tornato a casa!
Raccontai a nonna per filo e per segno tutto quello che era accaduto.
Nonna mi parlò dolcemente:
"E' un lungo sogno che ti dimostra come con la fantasia puoi esplorare qualunque luogo, in qualunque tempo!"
"Ma Dino... e i Tirannosauri... tutto inventato?!"
"Forse no...", rispose Nonna Bula in modo enigmatico, "e ti dirò inoltre che quel mostro gigantesco gli umani lo chiameranno drago nei loro racconti mitologici e la luce che hai visto sputare si chiama fuoco... che è un elemento che produce tanto calore, ma anche questo fa parte del futuro e non riguarda la nostra epoca."
Non seguivo molto bene questo discorso, ma una cosa l'avevo afferrata e la dissi a voce alta:
"Se i dinosauri avessero avuto un po' di riscaldamento non si sarebbero estinti con le glaciazioni e sarebbero ancora qui con noi!"
Nonna sorrise. Avevo afferrato il concetto, ma non confermò la mia ipotesi.
"La botta in testa ti ha fatto ragionare parecchio!
Chiederò a tutte le scimmie di fare un girotondo attorno all'osso...
Chissà se anche con loro potrà funzionare!"
E ridemmo entrambi a crepapelle e tutte quelle risate mi fecero sentire più intensamente il dolore del bernoccolo che affiorava dalla mia zucca come l'osso fossile dal suolo...
Ebbi allora un dubbio...
Fu forse per questo motivo che Dino mi paragonò a un due su un tre?
Ero uno sgorbio... e per giunta... cornuto!
|
|
|
|
|
|
| | | |