Antonio Pappano: Puccini Preludio Sinfonico - Rachmaninoff Concerto n. 2, Denis Matsuev pianoforte
AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA
Sala Santa Cecilia
Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Antonio Pappano Direttore
Denis Matsuev Pianoforte
ll concerto è dedicato ai giornalisti Graziella De Palo e Italo Toni, scomparsi in Libano il 2 settembre 1980.
Giacomo Puccini
(Lucca 1858 - Bruxelles 1924)
Preludio sinfonico
Sergej Rachmaninoff
(Oneg, Novgorod 1873 - Beverly Hills, California 1943)
Concerto n.
per pianoforte e orchestra op. 18
Giacomo Puccini
Preludio sinfonico
Prima esecuzione
Conservatorio di Milano
15 luglio 1882
Direttore Franco Faccio
Orchestra del Conservatorio di Milano
Organico
Ottavino, 2 Flauti,
2 Oboi (Corno inglese),
2 Clarinetti, 2 Fagotti, 4 Corni,
2 Trombe, 3 Tromboni,
Basso Tuba, Timpani,
Percussioni, Arpa, Archi
PRELUDIO SINFONICO di Puccini
Tratto dal programma di sala dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Arrivato a Milano ventiduenne nell’autunno del 1880, con una borsa di studio di cento lire mensili che gli era stata offerta dalla regina Margherita, Puccini si iscrive al Conservatorio dopo aver superato brillantemente l’esame di ammissione. In una lettera alla madre, Puccini
racconta che “l’esame fu una sciocchezza perché mi fecero accompagnare un basso scritto di una riga, e poi mi fecero svolgere una melodia in re maggiore che mi riuscì felicemente; basta, è andata anche troppo bene”. Il giovane compositore si aggiudicò il primo posto e a partire dal dicembre dell’80 frequentò per tre anni le lezioni di Antonio Bazzini e in seguito quelle di Amilcare Ponchielli, che diverrà suo intimo amico, e che lo introdurrà nei salotti culturali della città, frequentati in quegli anni da Arrigo Boito, Giuseppe Martucci e Alfredo Catalani. A questi anni di studio risalgono alcune composizioni giovanili come il Capriccio sinfonico (compito d’esame per il Conservatorio del luglio 1883), e appunto il Preludio sinfonico eseguito a Milano il 15 luglio del
wagneriana, ed aveva notato l’influenza di Wagner sugli acerbi saggi compositivi del giovane lucchese. Una delle gioie che procura l’ascolto delle opere giovanili di Puccini è la possibilità di imbattersi in vecchi “amici”. Negli anni della maturità infatti il compositore riutilizzava regolarmente brani del suo periodo di studi: l’Agnus Dei della Messa di Gloria per esempio, fu utilizzato successivamente per il secondo atto di Manon Lescaut (“Sulla vetta tu del monte”); il tema iniziale della Bohème proviene dal Capriccio sinfonico, mentre nell’opera Edgar si ascoltano, fra l’altro, frammenti del Preludio sinfonico. Nel Preludio sinfonico Puccini sviluppa in maniera sorprendente un materiale motivico molto semplice: l’intero brano è basato infatti
sulla variazione cangiante e continua dell’inciso di quattro battute presentato all’inizio da flauti, oboi e clarinetti. Con un procedimento quanto mai interessante, lo stesso frammento - interamente diatonico nella prima esposizione affidata ai legni – è riproposto subito dopo da violini e viole, ma con un disegno cromatizzato nel profilo melodico e nella sostanza armonica; la memoria vola a quella vetta insuperabile che è il Preludio al Lohengrin di Wagner, gravitante nella medesima tonalità di la maggiore. L’intero edificio del pezzo è innervato dalla dialettica di diatonismo e cromatismo; la tensione cresce fino ad esplodere nell’A tutta forza della battuta
Sergej Rachmaninoff
Concerto n.
Moderato
Adagio sostenuto
Allegro scherzando
Data di composizione
1900-1901
Prima esecuzione integrale
Mosca 27 ottobre 1901
Direttore
Aleksandr Siloti
Pianoforte
Sergej Rachmaninoff
Organico
Pianoforte solista,
2 Flauti, 2 Oboi,
2 Clarinetti, 2 Fagotti,
4 Corni, 2 Trombe,
3 Tromboni, Basso Tuba,
Timpani, Percussioni, Archi
Il Secondo Concerto di Rachmaninoff
di Carlo Cavalletti
Tratto dal programma di sala dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Per raccontare la genesi del Secondo Concerto per pianoforte e orchestra di Sergej Rachmaninoff non possiamo evitare un riferimento al terribile fiasco della sua Prima Sinfonia, dovuto anche ad un’esecuzione di pessimo livello curata da un Aleksandr Glazunov in evidente stato di ubriachezza. Un tale insuccesso fu un vero e proprio colpo di grazia per il ventiquattrenne compositore e non fece che accentuare gli aspetti più tormentati del suo carattere. Rachmaninoff cadde in uno stato di profonda depressione e di totale sfiducia nelle proprie capacità creative che per circa tre anni gli impedì quasi del tutto di scrivere musica. A nulla valsero i tentativi dei familiari e degli amici di infondergli fiducia, né sortì alcun effetto l’in-contro con lo scrittore Tolstoj che lo incoraggiò con frasi di circostanza: «Lei pensa che tutto vada liscio nella mia vita? Crede che io non abbia problemi, non abbia mai dei dubbi e non perda mai la fiducia in me stesso? Pensa davvero che la fede sia sempre forte allo stesso modo? Tutti abbiamo momenti difficili; è la vita. Tiri su la testa e vada avanti nel suo cammino. Lei deve lavorare; lavori ogni giorno». All’inizio del 1900 però, Rachmaninoff si lasciò convincere ad incontrare il dottor Nikolaij Dahl, uno psichiatra specializzatosi nelle tecniche dell’ipnosi. Il dottor Dahl oltretutto era un grande appassionato di musica, suonava il violino e organizzava serate di musica da camera con colleghi medici e giovani studenti del Conservatorio; fu ben felice, quindi, di potersi occupare di Rachmaninoff e non fu certo un problema per lui sapere che questi non avrebbe potuto pagarlo regolarmente. Tra il gennaio e l’aprile del 1900 Rachmaninoff incontrò quasi ogni giorno il dottor Dahl; sotto la sua influenza il compositore riuscì nuovamente a dormire la notte, recuperò l’appetito, smise di bere e a poco a poco ritrovò quel tanto di fiducia in se stesso da consentirgli di riprendere a comporre.
Rachmaninoff racconta che a volte, mentre egli sedeva in poltrona semiaddormentato nella penombra, il dottor Dahl gli ripeteva sommessamente: «Lei riprenderà a scrivere... Lavorerà
con grande facilità... Scriverà musica di ottima qualità...». Un misto di sostegno psicologico, ipnosi e training autogeno, dunque; e il compositore era perfettamente consapevole dell’importanza dei vari componenti di questa miscela, come risulta in una sua lettera a Riesemann: «La partecipazione emotiva del dottor Dahl e le sue cure hanno fatto il miracolo e, dall’inizio dell’estate del 1900, è ripresa a fluire in me la voglia di comporre. Nella mia mente si sono di nuovo affollate idee musicali tali da dar vita a più di un lavoro». Dopo poco Rachmaninoff trovò finalmente il coraggio di tornare a presentarsi in pubblico con una sua nuova composizione e il 2 dicembre del 1900, nel corso di una serata di beneficenza nella Sala della Nobiltà a Mosca, suonò il secondo e il terzo movimento del suo nascente Secondo Concerto per pianoforte e orchestra sotto la direzione di Aleksander Siloti. Fu un grande successo e anche il critico Lipajev scrisse sulla “Russkaya Muzykalnaya Gazeta”: «Siloti e Rachmaninoff non si possono certo lamentare di un pubblico apatico. Era moltissimo tempo che non vedevo un uditorio così vasto a un concerto, forse dai tempi dei Concerti Storici di Rubinstein; ed era moltissimo tempo che le mura della Sala della Nobiltà non vibravano per un applauso entusiastico e travolgente come la scorsa sera [...]. Rachmaninoff si presentava sia come pianista sia come compositore; due movimenti di un suo incompiuto Secondo Concerto per pianoforte hanno destato grande interesse. Questo lavoro contiene molta poesia, bellezza, calore, un’orchestrazione ricca, un potere creativo sano e vivace e il talento di Rachmaninoff è evidente in ogni pagina». Rinfrancato da questo successo, Rachmaninoff si mise nuovamente
al lavoro e in breve tempo portò a termine anche il primo movimento del brano, la cui attesa prima esecuzione integrale fu inserita in un concerto della Filarmonica di Mosca diretto da Aleksandr Siloti con l’autore al pianoforte programmato per il 27 ottobre 1901. Ma i dubbi e le paure sulle proprie capacità erano sempre in agguato e a cinque giorni dalla prima bastò una lettera dell’amico Nikita Morozov con alcune osservazioni sull’impianto formale del primo movimento per gettarlo nella disperazione: «Hai ragione! Ho appena suonato il primo movimento del mio Concerto e soltanto ora mi si fa chiaro che la transizione dal primo al secondo tema non va affatto bene, perché così come è adesso il primo tema non è un primo tema ma un’introduzione; e nemmeno un folle quando inizio a suonare il secondo tema lo prenderebbe per quello che è, ma chiunque crederà che quello è il vero inizio del Concerto. Sento che tutto il primo movimento è rovinato e da questo momento in poi è diventato repellente per me. Sono semplicemente disperato. Perché diavolo mi hai sottoposto la tua benedetta analisi a cinque giorni dalla prima esecuzione?». Nonostante le perplessità di Morozov e le paure di Rachmaninoff, il Concerto ebbe un enorme successo, che si ripeté anche il 28 marzo del
Per questo, più che descrivere nei particolari questo brano così popolare e familiare alle nostre orecchie, limitiamoci a metterne in evidenza alcune caratteristiche. Innanzi tutto il ruolo del pianoforte, che è quasi onnipresente, fuso splendidamente a un’orchestra ricca di colori per essere protagonista o per accompagnare, con un virtuosismo di scrittura spesso ai limiti del concepibile (lo stesso Rachmaninoff nel 1923 ammetteva: «preferisco il Terzo perché il Secondo è così faticoso da suonare») ma sempre funzionale all’espressione; quindi uno straordinario senso melodico e una grande cura negli impasti fra gli strumenti. Se lo si ascolta con attenzione allora ci si accorge che il “vecchio” Secondo Concerto è una vera miniera di invenzioni suggestive e spesso indimenticabili. Valgano, per tutti, due soli esempi: l’inizio del primo movimento (Moderato), con i lugubri accordi del pianoforte, immobili e dinamici al tempo stesso nel loro essere sempre uguali nelle voci estreme ma sempre diversi nelle linee intermedie, che alternati al rintocco di un fa nel registro grave in otto battute passano dal pianissimo al fortissimo modulando da fa minore a do minore; questi accordi danno vita a un
tempestoso tappeto di note (con passione) scandito da ritmici rintocchi al grave da cui emerge l’intenso primo tema che, esposto all’unisono dagli archi e dal clarinetto, crea immediatamente quell’atmosfera appassionata ma cupa che pervade tutto il brano; e l’inizio del secondo movimento (Adagio sostenuto) che si apre con un emozionante corale orchestrale di quattro battute insolitamente in do minore che modula enarmonicamente a mi maggiore introducendo
un delicato accompagnamento del pianoforte in terzine (che Rachmaninoff riprende da una Romance in la maggiore per pianoforte a sei mani che aveva composto nel 1890-91 per le tre
sorelle Skalon, sue cugine) su cui si leva dolcemente il canto del flauto ripreso subito dal clarinetto. Al momento di pubblicare il suo Secondo Concerto a Rachmaninoff sembrò naturale dedicarlo al dottor Dahl in segno di gratitudine. Parecchi anni dopo, nel 1928, le vicissitudini
della vita avevano condotto il dottor Dahl a Beirut, in Libano; la sua passione per la musica era sempre viva e un giorno gli capitò di suonare la viola nell’orchestra della locale Università Americana in un’esecuzione del Secondo di Rachmaninoff con Arcadie Kougell solista e direttore. Quando in sala si seppe che in orchestra sedeva quel dottor Dahl al quale in un certo senso si doveva la nascita del Concerto egli dovette alzarsi in piedi e ringraziare il pubblico per gli applausi che gli tributava. Prima la dedica di Rachmaninoff che aveva legato per sempre e in modo indissolubile il suo nome a un Concerto così suggestivo e amato dal pubblico, poi le manifestazioni immediate di affettuosa gratitudine da parte di persone assolutamente sconosciute, a migliaia di chilometri da casa, in un paese straniero... Davvero il dottor Nikolaij Dahl non avrà rimpianto la manciata di rubli non guadagnati nei primi mesi del 1900 per curare un giovane compositore depresso di nome Sergej Rachmaninoff.