Nicola Luisotti: Stravinskij Concerto in re, Leonidas Kavakos violino
Auditorium Rai Arturo Toscanini – Torino
Orchestra Sinfonica Nazionale Della Rai
Nicola Luisotti direttore
Leonidas Kavakos violino
Igor Stravinskij
Concerto in re per violino e orchestra
Il passaporto di Stravinskij
Tratto dal libretto di sala dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai
C’è qualcosa nell’accordo introduttivo del Concerto per violino di Stravinskij che resta impresso nella memoria dell’ascoltatore come una coltellata a sangue freddo. L’effetto sorprende per la sua violenta immediatezza; ma in realtà fu il risultato di un lungo percorso creativo. Stravinskij comincio a pensarci nei primi mesi del 1931, a Parigi: da quelle parti girava Samuel Dushkin, uno che come maestro aveva avuto Fritz Kreisler; e l’incontro tra i due fu una sorta di colpo di fulmine:
Dushkin rappresenta certo un’eccezione fra molti dei suoi colleghi, e fui lieto di trovare in lui, oltre alle sue notevoli doti di violinista nato, una cultura musicale, una finezza di comprensione e, nell’esercizio del suo mestiere, un’abnegazione assolutamente eccezionali.
Stravinskij era letteralmente affascinato da quell’artista quarantenne, che faceva girare la testa a tutte le platee del mondo; e cosi una mattina decise di confidargli la sua segreta ambizione: far suonare a un violino un accordo di tre suoni composto da un intervallo di nona e uno di undicesima; una triade estremamente ampia, mai sentita sulle corde di uno strumento ad arco, che spinse Dushkin a rispondere con un secco ≪non è possibile≫. Stravinskij era pronto a rassegnarsi - anche un virtuoso gli consigliava di scordarsi quel progetto - quando il sogno si trasformò in realtà: qualche giorno dopo Dushkin si rifece vivo per annunciare la fumata bianca; l’accordo era possibile in un determinato registro del violino.
Ecco la storia di quello che Stravinskij definiva il ≪passaporto≫ del Concerto per violino: una sorta di passaggio a livello che, in modi diversi, sancisce l’attacco di ogni singolo movimento. Trovato il modo di eseguire quei tre suoni, Stravinskij non ebbe più alcun dubbio; e in estate il Concerto era pronto per essere eseguito. Furono solo alcuni impegni di altro genere a differire la data della prima presentazione pubblica; ma il 23 ottobre il Concerto per violino apparve in tutto il suo splendore al pubblico di Berlino, con la direzione dello stesso Stravinskij, e l’interpretazione solistica, naturalmente, del prezioso Dushkin.
Insomma, la storia del Concerto per violino ha un protagonista assoluto; già, perche l’accordo su cui si apre il lavoro non è solo una lettera miniata che risplende in testa a ogni movimento; è anche un lineamento dell’armonia che attraversa tutta la composizione, senza disdegnare di allungarsi anche sulla linea orizzontale della melodia. Questo non significa, tuttavia, che il Concerto guardi solo in avanti, facendo propri i suoni incrinati di un’epoca alla ricerca di urti laceranti; c’è anche tanto passato nella scrittura di Stravinskij. Ce lo ricordano titoli come Toccata, Aria, Capriccio, con il loro inconfondibile sapore bachiano; ma ce lo ricordano anche le mosse di valzer che hanno perso la quadratura delle sale da ballo viennesi, gli slanci di cantabilità sistematicamente castrati, e il contrappunto, vero protagonista di tutta la partitura. Il risultato è una composizione dalla fisionomia inconfondibile, che, pur avendo la sonorità vitrea del primo periodo neoclassico, riesce a prefigurare la riflessione da lacrime agli occhi del Concerto in re; quella malinconia lacerante, tangibile come una presenza viva nell’Aria II, che è un tratto tipico di chi pensa al passato con la consapevolezza di non poter più portare indietro le lancette dell’orologio.