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Luisa Muraro
Luisa Muraro (Montecchio Maggiore, giugno 1940) è filosofa italiana. Con Lia Cigarini e altre fonda nel 1975 la Libreria delle Donne di Milano, che diventerà una delle istituzioni storiche del femminismo italiano e che è aperta tuttora.
Luisa Muraro intervistata da Bruno Gravagnuolo
Non sono un'esperta di politica, ma compro l'Unità tutti i giorni e vorrei farvi coraggio per le vostre battaglie.... Quel che posso dirvi è di perseverare.
Nel rompere, se vi riesce, i ghetti della "rappresentanza". E portare lì la voce di chi lotta per cambiare l'ordine simbolico del potere, da dentro la vita. Prima di tutto la voce delle donne". Intervista controversa e difficile quella con Luisa Muraro, vicentina, 69 anni, leader culturale delle femministe italiane, fondatrice della Liberia delle donne. Difficile, perché piena di concetti ostici. Fra i quali "l'ordine simbolico", architrave della filosofia della "differenza" di Luisa Muraro. E poi: "politica prima" e "politica seconda". Il primo concetto significa: c'è un ordine fatto di rappresentazioni mentali e affidato al linguaggio, che decide della sorte di uomini e donne. È quell'ordine cristallizzato di parole che bisogna mutare. Per mutare le cose e le relazioni umane. E lo si può fare, dice Muraro, rifacendo le parole e il loro senso, a partire dal "desiderio" che in tutti e tutte è infinito, e che sconvolge il mercato dato dei valori. In vista di un altro mercato: Il mercato della felicità (titolo del suo ultimo volume). E la politica prima e seconda? La risposta alla fine dell'intervista.
Muraro, lei ha scritto un libro che è un inno alla felicità possibile e allo slancio del desiderio.
Senonché ci assedia il contrario: precarietà, intolleranza, solitudine. Missione impossibile?
"C'è molta gente che, magari in modo in consapevole, va al mercato della felicità. Senza dubbio non sappiamo contrattare e rivendicare con forza quel che davvero vale. Ma la spinta alla felicità è insopprimibile, e si esprime anche nella frustrazione per i mancati consumi, oggi non più alla portata. Dal che poi vengono infelicità e delusione. Occorre imparare a cercare quel che ci serve: relazioni, accoglienza, pienezza di vita. Senza sviamenti".
Di che cosa è fatta l'infelicità attuale?
"In gran parte deriva dal venir meno degli orizzonti ideali. Dal rimpicciolirsi in molti e molte delle speranze, dopo la sconfitta del movimento operaio avvenuta a beneficio di una uniformità di prospettive coincidente col capitalismo. Personalmente ho scelto di guardare a quella parte del genere umano - le donne - per cavarne ottimismo e luce. Al fine di riconquistare un'idea di futuro per tutto il genere umano".
C'è un "sapere femminile" distinto da mettere in gioco, in questa Italia conservatrice e stregata dal mito frustrato del benessere?
"Prima del sapere c'è una politica delle donne. Da sempre. Ovvero il femminismo. È una ricerca di civiltà, portata avanti dalle donne. Che i saperi dominanti tentano di cancellare. Questa ricerca è per me motivo di gioia, e lo è per tante donne. Insomma, per le donne è un tempo di straordinario mutamento.
Perché guadagnano libertà. Un vero paradosso: il mondo non sa che farsene della libertà femminile e la ricaccia indietro.
Ma la tendenza espansiva è in atto, e procede, tra spinte propulsive e contraccolpi. Mettiamola così: il mondo va peggio, ma per le donne va meglio. E ciò è motivo di grande sofferenza nonché di grande libertà per l'universo femminile".
Anche la destra promuove le donne: Carfagna, Gelmini. Che idea s'è fatta di questa promozione - all'ombra del potere - di un certo femminile gradevole ed efficientista ad un tempo?
"È la risposta che la destra sta offrendo al venire avanti del protagonismo femminile. La sua risposta, paternalista e patriarcale. Semmai lamenterei l'incapacità della sinistra a dare risposte davvero alternative, che non siano puramente emancipazioniste. La specificità femminile di oggi va oltre, è un
"dipiù". Più liberta e giustizia, più felicità. A partire dalla differenza femminile. Ecco quel che la sinistra dovrebbe saper gestire al rialzo. Ovvio che la destra abbia le sue ricette. Bieche, e venate di disprezzo per il femminile. Ma è la destra...
Quale contributo le donne possono dare a un punto di massima sofferenza per il tessuto sociale italiano, vale adire l'irruzione della diversità migratoria, fonte di xenofobia e disagio?
"Intanto, un dato storico. Già nei secoli della Caccia alle Streghe le classi dominanti usavano la fobia popolare del demonio per i loro giochi di potere. Oggi accade qualcosa di simile. Anche la destra al potere usa la paura popolare dell'immigrato per puntellare il suo ordine simbolico, generando un grande disordine simbolico.
Che cosa mettono in gioco le donne? Una grande presenza di massa nel volontariato sul territorio. Che è presidio e garanzia di accoglienza, fattore di incivilimento. Poi penso alla scuola materna ed elementare. C'è uno straordinario esercito di maestre, oggi penalizzato dal governo.
Che si fa carico dell'alfabetizzazione dei bambini, e delle tematiche interculturali.
Un lavoro immenso e disconosciuto, volto all'inclusione, che agisce sulle menti dei bambini e su quelle dei genitori, spesso gravate da pregiudizi e da obiettive difficoltà quotidiane. È un ruolo di mediazione sul territorio di inestimabile valore, che civilizza e previene le tensioni. Tensioni inevitabili, che danno la sensazione di una xenofobia che spesso non c'è, e che viceversa è sintomo di disagi non governati da amministrazioni ottuse e incapaci di buoni esempi". Lei polemizza sempre contro l'emancipazione.
Ma visto che a parità di lavoro le donne guadagnano molto meno - lavoro di cura a parte - la parità emancipativa non è un viatico anche per la "differenza"?
"La parola emancipazione è offensiva, anche per le classi popolari. Il vero valore è la differenza femminile, il suo "dipiù". Basta partire dalla disparità! Partiamo da questo "dipiù". Nessuno ovviamente è contro la parità
e l'eguaglianza, ma non è questo l'orizzonte giusto. L'obiettivo è più vasto: cioè la differenza qualitativa e i cammini diversi che le donne introducono in società. Per questa via si guadagna anche la parità, ma si va oltre. Verso un diverso ordine simbolico...".
Significa altre relazioni, altre gerarchie, altri riconoscimenti tra esseri, e altri tipi di vita e di economia?
"Esattamente, è questo il punto. Il guadagno di libertà e di giustizia che le donne perseguono avviene sulla strada di un ordine simbolico inteso come liberazione di tutti e di ciascuno, verso una convivenza liberamente scelta e non imposta. È questo tipo di mondo, quello che tentano di aprire alle menti le maestre di cui sopra, dal sud al nord d'Italia. Ed è questo tipo di mondo, quello che le leggi del governo contro la scuola osteggiano".
Parliamo della sinistra. Ha senso questa parola per il suo lessico femminista, oppure no? E se sì, da dove ricomincia la sinistra?
"Distinguerei prima di tutto tra politica prima e politica seconda. I partiti, le istituzioni, sono politica seconda. E lo sono rispetto a un'altra politica, quella più vera, radicata nel quotidiano e nelle relazioni di civiltà. Ecco, si tratta di imparare a gestire in maniera
nuova il tempo e le relazioni, i conflitti, il potere, l'autorità...
E la politica seconda?
"Deve farsi interprete non separata dei sentimenti e degli interessi della politica prima. Quanto alla sinistra, è una buona combinazione di entrambe le politiche, in direzione di una liberazione universale che non vale soltanto per i subalterni ma per tutti nel mondo, come promette Obama. La sinistra infatti si qualifica universalmente per la libertà e la giustizia, oltre i recinti del palazzo e non solo a vantaggio dei derelitti"?