Daniel Harding: Richard Strauss Also sprach Zarathustra
Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Daniel Harding Direttore
Richard Strauss (Monaco di Baviera 1864 - Garmisch 1949)
Also sprach Zarathustra (Così parlò Zarathustra)
poema sinfonico (liberamente ispirato a Nietzsche ) op. 30
Introduzione (Einführung)
Di coloro che vivono fuori dal mondo
(Von den Hinterweltlern)
Dell’aspirazione suprema (Von der großen Sehnsucht)
Delle gioie e delle passioni
(Von den Freuden und Leidenschaften)
Il canto dei sepolcri (Das Grablied)
Della scienza (Von der Wissenschaft)
Il convalescente (Der Genesende)
Il canto della danza (Das Tanzlied)
Il canto del viandante notturno (Das Nachtwandlerlied)
Quando Zarathustra ebbe trent’anni, lasciò il suo paese e il lago del suo paese e andò sui monti. Qui gustò il suo spirito e la sua solitudine, per dieci anni senza stancarsene. Ma alla
fine il suo cuore si trasformò – e un mattino eglì si alzò con l’aurora, andò dinnanzi al sole e gli parlò: “Grande astro! Cosa sarebbe la tua felicità se non avessi coloro ai quali risplendi!
Per dieci anni sei venuto quassù alla mia caverna: saresti saturo della tua luce e di questo cammino senza di me, della mia aquila e del mio serpente.
Noi però ti abbiamo atteso ogni mattino, ti abbiamo alleggerito della tua sovrabbondanza e di ciò ti abbiamo benedetto.
Vedi! Sono sazio alla nausea della mia saggezza, come l’ape che ha raccolto troppo miele; ho bisogno di mani che si protendano.
Vorrei distribuire doni, finché i saggi tra gli uomini ancora una volta gioissero della loro follia e i poveri della loro ricchezza.
Perciò devo scendere in profondità, come fai tu la sera, quando vai dietro il mare e porti luce agli inferi, astro ricchissimo!
Anch’io, al pari di te, devo tramontare, come dicono gli uomini, verso i quali voglio scendere.
Benedicimi, dunque, occhio tranquillo, che puoi guardare senza invidia anche una felicità troppo grande!
Benedici il calice, che tende a traboccare, perché l’acqua d’oro ne scaturisca e porti dappertutto il riflesso della tua gioia dirompente!
Ecco! Il calice vuole tornare vuoto e Zarathustra vuole tornare ad essere uomo”.
Così cominciò il tramonto di Zarathustra.
Friedrich Nietzsche. Così parlò Zarathustra. Un libro per tutti e per nessuno.
Also sprach Zarathustra (Così parlò Zarathustra)
Data di composizione
1896
Prima esecuzione
Francoforte,
27 novembre 1896
Direttore
Richard Strauss
Organico
Ottavino, 3 Flauti,
3 Oboi, Corno inglese,
2 Clarinetti, Clarinetto basso,
Clarinetto piccolo, 3 Fagotti,
Controfagotto, 6 Corni,
4 Trombe, 2 Tromboni,
2 Tube, Timpani,
Percussioni, Organo,
Tamburo, Piatti,
2 Arpe, Archi
Also sprach Zarathustra di Strauss
di Arrigo Quattrocchi
Tratto dal programma di sala dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia
La composizione del Poema Sinfonico Also sprach Zarathustra (Così parlò Zarathustra) assorbì Richard Strauss per un periodo di sette mesi, fra il febbraio e l’agosto 1896. Lo stesso autore diresse la prima esecuzione il 27 novembre dello stesso anno a Francoforte, con la Museum Städtisches Orchester.
All’età di 32 anni Strauss era al culmine del successo, personaggio di punta della vita musicale tedesca, non solo per la brillante attività di direttore d’orchestra (ricopriva la carica di Kapellmeister presso la Hofoper di Monaco) ma per la sua immagine di compositore d’avanguardia. Nessun giovane autore si era proposto in modo così convinto come erede della corrente neotedesca di Wagner e Liszt – ovvero quella corrente che, opponendosi a una finalizzazione “pura”, fine a sé stessa della musica, insisteva sulla necessità di donare alle composizioni musicali un contenuto programmatico, letterario o comunque preferibilmente narrativo, che integrasse e chiarisse il contenuto musicale esposto da un’orchestra di grandi dimensioni, duttile e docile nei confronti di qualsiasi intenzione descrittiva.
Il lungo ciclo di Poemi Sinfonici nato fra il 1886 e il 1898 costituisce dunque un vero monumento di un credo musicale fermamente enunciato. Alle otto composizioni di quegli anni
– Aus Italien (1886), Don Juan (1888-’89), Macbeth (1886-’91), Tod und Verklärung (1888-’89), Till Eulenspiegel (1894-’95), Also sprach Zarathustra (1896), Don Quixote (1896-’97), Ein
Heldenleben (1897-’98) – dovevano seguire poi negli anni successivi altri due lavori di simile ispirazione, la Symphonia Domestica (1902-’03) e Eine Alpensinfonie (1911-’15).
Also sprach Zarathustra è dunque la terzultima delle prime otto composizioni, e si colloca approssimativamente a metà strada dell’intero percorso. Non a caso è anche l’opera giudicata
in termini più controversi dai commentatori: come punto d’arrivo di una fase “ascendente” della produzione sinfonica straussiana – in cui la equilibrata economia delle partiture si adatta in modo mirabile all’assunto programmatico –, o invece come prima manifestazione di una fase “discendente” – in cui alla dilatazione delle partiture corrispondono una dispersione del materiale musicale e una involuzione ideologica delle tematiche trattate. In effetti Also sprach Zarathustra è il primo dei Poemi Sinfonici di Strauss ad estendersi per una lunga durata, e a comportare forti connotazioni ideologiche, ma appare nel contempo una delle partiture più importanti e innovative dell’intero ciclo. Elemento centrale e peculiare di tali caratteristiche è ovviamente il rapporto con il testo letterario al quale l’opera si ispira.
Friedrich Nietzsche aveva scritto Also sprach Zarathustra fra il 1883 e il 1885, apponendovi come sottotitolo “un libro per tutti e per nessuno”; espressione con la quale intendeva riferirsi alla scelta di creare uno scritto filosofico che operasse una riforma chiarificatrice nell’esposizione, sottraendo il contenuto filosofico a un linguaggio tecnicistico (un libro per tutti); e contemporaneamente alla scelta di un tono mistico che rischiava di chiudere ogni varco di accesso alla comprensione di pensieri solitari ed eletti (un libro per nessuno). Nel testo il profeta Zarathustra decide di tornare nel mondo, dal quale si era ritirato in meditazione, e scende, “tramonta” fra gli uomini a svelare la sua parola, in circa ottanta discorsi tenuti in tono lirico e visionario sugli argomenti più disparati. Affrontando per sommi capi – e con inevitabile banalizzazione – il contenuto del testo nietzschiano – che, nella sua complessità, è stato spesso variamente e anche equivocamente interpretato – si deve osservare che in esso vengono proposti tre temi fondamentali: la morte di Dio – concetto ripreso dalla Gaia Scienza – ovvero il progressivo distacco dell’occidente da Dio, che equivale alla sua uccisione, e comporta anche il crollo dell’impalcatura di credenze e certezze che hanno accompagnato l’umanità per 2000 anni; quindi l’idea del superuomo – anzi dell’oltreuomo, Übermensch – ovvero l’uomo nuovo che supera questo vuoto di valori perché ha reciso i legami col trascendente e ha scoperto il valore della propria natura corporea e terrena, grazie a una forza creatrice che gli permette di sostituire ai vecchi doveri la propria volontà; infine l’eterno ritorno, per cui il crollo delle certezze della metafisica riguarda anche la concezione giudaico-cristiana della finalità dell’universo, che invece non ha un inizio e una fine, non ha un senso intrinseco, ma è essenzialmente eterno ritorno all’identico. Ovvio che quest’opera avesse provocato immediatamente una immensa ripercussione sulla cultura tedesca, sia per il peculiare stile espositivo, sia per le tematiche ideologiche nelle quali la Germania guglielmina si era riconosciuta, o aveva creduto di riconoscersi (basterebbe ricordare che anche Gustav Mahler attinse a Also sprach Zarathustra per il testo del Lied inserito nella sua Terza Sinfonia, terminata nel medesimo anno del Poema Sinfonico di Strauss). Non stupisce che anche Strauss, uomo che non faceva mistero dei suoi orientamenti anticristiani, venisse affascinato dal profeta Zarathustra e dall’oltreuomo che controlla il suo destino attraverso il suo potere individuale. Più delicato è stabilire fino a che punto e in che modo il contenuto del testo di Nietzsche venisse assimilato ed esposto nel Poema Sinfonico. In origine il compositore pensò a un sottotitolo complesso per la partitura: “Ottimismo sinfonico in forma fin-de-siècle, dedicato al XX secolo”; in seguito preferì una dicitura più sobria: “Liberamente da Nietzsche”. Appose quindi all’inizio della partitura il primo paragrafo della prefazione del libro, a guisa di indicazione programmatica; in esso si dice come Zarathustra, giunto a trent’anni, decida di iniziare la sua predicazione presso gli uomini (il parallelo con la figura di Cristo non è casuale) e si rivolga al sole, invocandone la benedizione. Inoltre il compositore scelse otto frasi del testo letterario, con ognuna delle quali contrassegnò una diversa sezione della partitura (precisamente: Di coloro che vivono fuori dal mondo; Dell’aspirazione suprema; Delle gioie e delle passioni; Il canto dei sepolcri; Della scienza; Il convalescente; Il canto della danza; Il canto del viandante notturno). È probabile che all’origine di questa selezione ci fosse prima di tutto una logica musicale; le frasi scelte si prestavano meglio di altre a stimolare la fantasia creativa dell’autore (vi prevalgono infatti riferimenti a canti e danze). Il rapporto fra il testo letterario e la partitura musicale, infatti, non è certo quello di mera illustrazione descrittiva dei concetti filosofici; e nemmeno si deve trovare una pedissequa corrispondenza fra le otto frasi apposte come epigrafi e le seguenti sezioni musicali. Al di là dei propositi illustrativi – sulla cui interpretazione non c’è sempre unità di vedute da parte dei commentatori – l’intera partitura si muove in direzione di una affermazione idealistica, e riflette il tono visionario e l’ambiguità semantica del libro, convertiti però in termini puramente musicali. Ed è infatti ad una logica musicale che occorre rifarsi per comprendere e apprezzare il lavoro di Strauss. Non a caso la scansione secondo gli otto titoli tratti da Nietzsche non corrisponde affatto all’organizzazione formale della partitura; questa è assai più libera che non nei precedenti Poemi Sinfonici; piuttosto che una forma sonata o un Rondò, vi troviamo quattro principali episodi, ciascuno dei quali seguito da uno sviluppo (tranne il terzo episodio, seguito da due differenti sviluppi); il tutto incorniciato da una introduzione e da una coda. Piuttosto ristretto è il numero degli elementi motivici di base, dai quali hanno origine tutti gli episodi e gli sviluppi. Tutto parte dall’introduzione, che è diventata celeberrima per i suoi sgargianti effetti sonori; essa ha comunque significati assai complessi, che trascendono l’aspetto edonistico. Sorge dal nulla, su un brusio dei bassi che ricorda l’inizio del Rheingold di Wagner, e vi sovrappone l’arpeggio “vuoto” Do3-Sol3-Do4 (“vuoto” ossia privo della terza) intonato dalle trombe, quindi l’accordo viene completato con l’inserimento della terza, ma questa scivola dal maggiore al minore, poi dal minore al maggiore, ambiguamente. Riferimento alla natura primigenia, all’oltreuomo, al tramonto che diventa alba e l’alba che diventa tramonto, al dolore dell’uomo: queste poche battute consentono una sovrapposizione di interpretazioni che non si elidono necessariamente a vicenda. C’è poi il crescendo affermativo dell’orchestra, ma quando questa tace, l’organo rimane per una battuta, con un effetto che distanzia in modo illusorio tutta questa introduzione. Il primo episodio (l’intestazione è “Di coloro che vivono fuori dal mondo”) vede il brusio di violoncelli e contrabbassi, e il tema dei fagotti, come un ritorno alla realtà; di lì a poco i corni espongono il tema del Credo gregoriano; il riferimento è all’incontro di Zarathustra con un religioso che non ha appreso la morte di Dio; e si sviluppa da qui un calmo e denso Corale che è la risposta di Zarathustra. Non sono altrettanto precisi i riferimenti del rimanente della partitura. Il primo sviluppo (“Dell’aspirazione suprema”) si basa prevalentemente su temi dell’introduzione. La seconda esposizione (“Delle gioie e delle passioni”) si apre con un tema scultoreo degli ottoni e si svolge in una drammatica animazione. Il secondo sviluppo (“Il canto dei sepolcri”) elabora lo stesso materiale in una prospettiva lirica ma dolorosamente dissonante. Con il terzo episodio (“Della scienza”) il tema dell’“oltreuomo” dà origine a una fuga, metafora del raziocinio, intonata con grande lentezza nelle regioni gravi; il terzo sviluppo parte da un canto libero dei violini, e lascia apparire ancora nitidamente il tema iniziale. Un ulteriore sviluppo (“Il convalescente”) riprende il tema della fuga, intonato drammaticamente soprattutto dagli ottoni, e segue poi una complessa elaborazione, in cui si stagliano i richiami delle trombe. Un lungo oscillare dei clarinetti fra due note vicine – sol-la –, con l’inserimento del tema dell’“oltreuomo” viene risolto dall’ingresso del violino solista; è il momento, magnificamente giocato sui timbri, in cui si avvia il quarto episodio (“Il canto della danza”), che consiste essenzialmente in un valzer viennese, presago di quelli del Rosenkavalier; fu uno dei momenti più discussi della partitura dai denigratori di Strauss, ed è invece, nella sua vasta articolazione, una affermazione di vitalismo definita con mano di perfetta eleganza e di grande sapienza costruttiva, anche per le continue apparizioni più o meno criptiche del tema dell’“oltreuomo”, che innervano anche il seguente sviluppo basato sul tema del valzer. Si giunge così alla coda della partitura, che ha come intestazione “Il canto del viandante notturno”; i clangori in cui era sfociata la sezione precedente si smorzano e si convertono in una timbrica rarefatta e sublimata, il cui significato è chiarissimo dalle parole dell’epigrafe: “Ma ogni gioia vuole eternità, vuole profonda, profonda eternità”. È un canto struggente e meditativo che ha la funzione di accogliere e stemperare tutte le tensioni della partitura. Non tuttavia di risolverle, perché il Poema Sinfonico si chiude con una soluzione politonale ardita – le tonalità di si maggiore (accordi di flauti, oboi, arpa e violini) e di do maggiore (ai bassi) sovrapposte – che simboleggia il contrasto fra l’uomo e la natura. Una conclusione, dunque, che lascia fondamentalmente irrisolto il conflitto iniziale e chiude l’ambiziosissima partitura nel segno dell’ambiguità semantica che l’aveva aperta, e che, ancor prima, aveva informato la predicazione per tutti e per nessuno del profeta di Nietzsche.
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