Semyon Bychkov: Brahms Sinfonia n. 2
Auditorium Arturo Toscanini di Torino
Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai
Semyon Bychkov direttore
Johannes Brahms
Sinfonia n. 2 in re maggiore op. 73 (1877)
Allegro non troppo
Adagio non troppo - Lo stesso tempo, ma grazioso
Allegretto grazioso (quasi andantino) - Presto ma non assai - Tempo I
Allegro con spirito
Tratto dal programma di sala dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai
Le estati in Carinzia
Come la maggior parte delle opere di Brahms, anche la Seconda Sinfonia nacque in un luogo appartato, al riparo dai fragori della vita cittadina. Furono le tranquille montagne della Carinzia a ospitare il compositore nell’estate del 1877, assicurandogli la condizione ideale per tornare a comporre dopo il successo della Prima Sinfonia. L’anno successivo, nella stessa valle, a due passi dalle limpide acque del lago di Worth, Brahms avrebbe scritto altri due capolavori: il Concerto per violino e la Sonata op. 74. Quei luoghi gli toglievano il fiato, lo incantavano, ma nello stesso tempo gli garantivano quella solitudine a cui non riusciva a rinunciare per comporre. Con queste parole descrisse quell’incantevole angolo alpino all’amico medico Theodor Billroth:
Qui (a Portschach am See) volevo rimanere un giorno, ma era cosi bello che ho deciso di restare un altro giorno, poi il bel tempo persiste e per il momento rimango ancora. La primavera è ancora indietro rispetto a Vienna, non ci sono ancora neppure i fiori di castagno, e se mentre cammini sollevi gli occhi dal libro allora ti accorgi che intorno al lago azzurro tutte le montagne sono bianche di neve e gli alberi coperti di un verde tenero. (da Caro Johannes! Billroth/Brahms Lettere 1865-1894, Torino EDT, 1997).
Una simile esperienza era destinata a lasciare segni tangibili. E qualcosa dei paesaggi della Carinzia è sicuramente presente nella Seconda Sinfonia, col suo carattere sereno, in certi momenti bucolico, cosi lontano dalle tensioni drammatiche della Prima Sinfonia e del Primo concerto per pianoforte.
Una piccola sinfonia gaia e innocente
La prima esecuzione della Seconda Sinfonia avvenne a Vienna il 30 dicembre del 1877, sotto la direzione di Hans Richter. Il successo fu subito cosi enorme, che molti vi videro un perfetto ritratto della società viennese, coi suoi giri di valzer e la sua malinconica eleganza. L’impressione era stata probabilmente influenzata da un’osservazione di Brahms, che aveva parlato con modestia della sua nuova sinfonia, definendola una semplice raccolta di valzer. Ma le reazioni alla prima esecuzione furono molto contrastanti. Una grossa fetta di pubblico vi raccolse un’atmosfera pastorale, molto lontana dalla vivacità del mondo cittadino. Altri invece vi videro piuttosto un’impronta mozartiana, per la luminosa trasparenza dell’orchestrazione. Non mancarono naturalmente coloro che vi scorsero la presenza di Schubert o del Beethoven della Pastorale. Ma la verità è che Brahms si era ritagliato una piccola oasi contemplativa, all’ombra delle grandi battaglie culturali: una confessione intima e malinconica, in cui specchiare il suo mite carattere. Cosi parlo della sua Seconda Sinfonia in una lettera a un’amica:
≪E’ una piccola sinfonia gaia e innocente. […] Provate per un mese a martellarvi i timpani con Berlioz, Liszt, Wagner: ebbene, a quel punto la sua gaiezza vi sembrerà un miracolo≫.
La Seconda Sinfonia
Alle soglie della cinquantina Brahms aveva capito il segreto per rimanere sulla cresta dell’onda: spiazzare le aspettative del pubblico. Dopo la monumentale eloquenza della Prima Sinfonia, tutti si aspettavano da lui un lavoro ancora più imponente. La Seconda Sinfonia invece vive in un emisfero opposto, in cui la grandiosità si fa da parte per lasciare spazio all’intimismo e alla malinconia riservata. Le categorie del contrasto e della dialettica sembrano annullarsi già dal confronto tra i due temi del primo movimento: due oasi di cantabilità tersa, privi di fratture e di turbolenze.
L’Adagio è un ritratto seducente della malinconia, nei suoi tratti più rassicuranti e meno drammatici. Anche lo Scherzo si esprime in maniera leggiadra, muovendosi con grazia; Massimo Mila vi leggeva una sorta di ≪spontaneo piacere di far musica≫. E la conclusione è perfettamente allineata alla tinta dell’intera sinfonia, con un’atmosfera di fiducioso ottimismo, che non rinuncia in nessun momento all’equilibrio delle proporzioni. Fu Clara Schumann ad avere l’impressione, ascoltando questo movimento, di ascoltare ≪un brano scritto apposta per due giovani sposi≫.
Dopo la prima
Dopo il successo ottenuto a Vienna il 30 dicembre 1877 sotto la bacchetta di Hans Richter, la Seconda Sinfonia cominciò subito a viaggiare per la Germania. La prima tappa fu il Gewandhaus di Lipsia, il 10 gennaio del 1878; ma Brahms, dopo essere entrato nel tempio della cultura musicale tedesca da trionfatore, uscì dalla sala avvolto da tiepidi applausi. Il cronista del ≪Leipziger Nachrichten≫ non risparmiò le critiche: I viennesi danno sempre prova di essere meno esigenti di noi. Non abbiamo trovato nulla di geniale in questa sinfonia; anzi se la composizione fosse stata anonima, non avremmo nemmeno supposto che si trattasse di un lavoro di Brahms.
L’insuccesso fece meditare il compositore, che addirittura pensò di ritornare sul lavoro, come dimostra la lettera inviata all’editore Simrock poco dopo il concerto: Mi ha colto di sorpresa il fiasco di Lipsia, ma penso che la colpa non sia del lavoro. Se crede, cambierò il primo tempo. Mi dica lei se dovrà essere in maggiore o minore.
Ma l’episodio di Lipsia era destinato a rimanere isolato, perché poco dopo la Seconda Sinfonia fu accolta con successo a Brema e Breslavia, e a fine settembre fu acclamata addirittura ad Amburgo, la città natale di Brahms. Quella sera alla Società Filarmonica si riunì tutto il mondo musicale di allora e l’entusiasmo del pubblico fu condiviso dalla stampa. Cosi si legge in una recensione pubblicata su un giornale locale: Brahms ha diretto la sua nuova Sinfonia nella città natale, davanti a parecchie migliaia di persone e a illustri personalità musicali venute da ogni parte. La grandezza della composizione e il rigore dell’esecuzione hanno portato il pubblico a un vero entusiasmo.
ANDREA MA LVANO
(dagli archivi Rai)