Manfred Honeck: Čajkovskij, Sinfonia n. 5 in mi minore
Auditorium Parco della Musica di Roma
Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Manfred Honeck direttore
Pëtr Il’ič Čajkovskij
(Votkinsk 1840 - San Pietroburgo 1893)
Sinfonia n. 5 in mi minore op. 64
Andante. Allegro con anima
Andante cantabile con alcuna licenza
Allegro moderato
Andante maestoso. Allegro vivace
Annodi composizione: 1888
Prima esecuzione: San Pietroburgo 5 novembre 1888
Direttore Petr Il’ič Čajkovskij
Organico: 3 Flauti
(ottavino), 2 oboi,
2 Clarinetti, 2 Fagotti,
4 Corni, 2 Trombe,
3 Tromboni, Basso Tuba,
Timpani, Archi
Tratto dal programma di sala dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia
La Quinta Sinfonia di Čajkovskij
Di Piero Rattalino
Čajkovskij, che era stato allievo di Anton Rubinštein, è la dimostrazione di come fosse possibile raggiungere una identità nazionale seguendo la traccia opposta a quella di Musorgskij. La sua Sinfonia n. 5 (1888) è costruita secondo gli schemi tipici della tradizione austro tedesca ma la sua drammaturgia discende dalla civiltà francese, dalla Sinfonia fantastica di Berlioz, e la sintesi è “russa”. Qui, come in Berlioz, il filo rosso che viene offerto all’ascoltatore e una “idea fissa” che sotto forma di un bel tema facilmente memorizzabile ritorna, variamente atteggiata, in tutti i quattro movimenti. L’idea fissa, dice lo stesso Čajkovskij, è quella della “completa rassegnazione di fronte al destino”, un destino che il compositore subì per tutta la sua esistenza. La concezione fatalistica della vita informa di sé già il giovanile poema sinfonico Fatum, composto nel 1868 e che nel 1869
venne distrutto da Čajkovskij (ma fu ricostruito dalle parti d’orchestra e pubblicato nel 1896, tre anni dopo la morte del compositore). Il poema sinfonico nasceva sullo sfondo autobiografico della infelice relazione -l’unica della sua vita, Čajkovskij era omosessuale - con la cantante belga Desirée Artôt. E il destino si ripresenta prepotentemente nello Čajkovskij più tardo, nelle ultime tre Sinfonie, nell’opera La dama di picche. Nella Quarta e nella Quinta Sinfonia la conclusione trionfale simboleggia la illusoria vittoria sul destino, mentre l’opera e la Sesta Sinfonia si concludono tragicamente. Il finale della Quinta Sinfonia, che parve convenzionale e non coerente con il resto della composizione, provocò e provoca ancora molte riserve critiche. Secondo un autorevole commentatore, che rieccheggia il parere di molti altri, la ripresa nel finale della idea fissa rappresentò un “fatale errore”. In realtà la “completa rassegnazione di fronte al destino” fu una lenta conquista che giunse a compimento soltanto negli ultimi anni della vita di Čajkovskij, segnati da tormentose vicende esistenziali e, ideologicamente, dal suo approdo alla poetica del decadentismo.