Antonio Pappano: Brahms Concerto per violino e orch. op. 77, Janine Jansen violino
AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA Sala Santa Cecilia
Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Sir Antonio Pappano Direttore
Janine Jansen Violino
Johannes Brahms
(Amburgo 1833 - Vienna 1897)
Concerto in re maggiore
per violino e orchestra op. 77
Allegro non troppo
Adagio
Allegro giocoso, ma non troppo vivace
Data di composizione
1878
Prima esecuzione
Gewandhaus, Lipsia
1 gennaio 1879
Direttore
Johannes Brahms
Violino solista
Joseph Joachim
Organico
Violino solista,
2 Flauti, 2 Oboi,
2 Clarinetti, 2 Fagotti, 4 Corni,
2 Trombe, Timpani, Archi
Il concerto per violino di Brahms
di Gianluigi Mattietti
Tratto dal programma di sala dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Brahms compose il suo unico Concerto per violino op. 77 nell’estate del 1878, nel suo ritiro estivo diPörtschach, in Carinzia. Questo pittoresco villaggiosul lago di Wörth, dove l’estate precedente avevaportato a termine la Seconda Sinfonia, fu per lui fontedi grande ispirazione. Descriveva così, all’amico Billroth, le bellezze di quel paesaggio: “Montagnebianche di neve, il lago azzurro, gli alberi ricopertidi un verde tenero […]”; e a Hanslick: “In questo villaggiovagano così tante melodie che si deve stareattenti a non calpestarle”.
Nello scrivere la parte solistica Brahms lavorò a stretto contatto con Joseph Joachim, il grande violinista che aveva conosciuto nel 1853 e al quale rimase legato da amicizia per tutta la vita. Questa collaborazione è testimoniata da un fitto scambio di lettere e manoscritti durante tutto il
periodo della stesura del Concerto. Durante la lavorazione Brahms inviò a Joachim la parte del violino solo insieme ad una lettera in cui gli chiedeva di segnalargli le correzioni necessarie:
“[…] Sarei contento anche di poche parole; se mi scriverai qualche indicazione sulla partitura: difficile, scomodo, impossibile”. Joachim prontamente spedì la copia con le proprie correzioni, accompagnata da queste parole: “Ho esaminato immediatamente quanto mi hai inviato, e ho già
segnato qualche suggerimento. Nel complesso il materiale è eseguibile e, per buona parte, assolutamente originale dal punto di vista violinistico. Ma non mi sentirei ancora di dire
– senza averlo provato prima tutto, senza fermarmi – se è agevolmente eseguibile in una sala da concerto”. Alla fine dell’estate Brahms e Joachim si incontrarono a Pörtschach per risolvere gli ultimi dettagli tecnici ancora irrisolti, e continuarono a scambiarsi pareri fino alla prima esecuzione,
anche se Brahms alla fine apportò pochi cambiamenti alla parte del solista.
Dedicato dunque a Joachim, il Concerto per violino fu da questi eseguito per la prima volta al Gewandhaus di Lipsia il 1° gennaio 1879, sotto la direzione dello stesso compositore. La parte del violino, scritta su misura per Joachim, presentava un virtuosismo esasperato, per i repentini cambi di posizione, gli ampi intervalli, le lunghe sequenze di corde doppie, tanto che il Concerto fu ritenuto a lungo “antiviolinistico” da molti grandi solisti. Ma il Concerto di Brahms è caratterizzato anche da un grande respiro sinfonico e da un’estrema elaborazione formale, nella sua forma classica in tre movimenti (inizialmente Brahms ne aveva progettati quattro, forma che adottò, qualche anno dopo, per il suo Secondo Concerto per pianoforte op. 83), con molti rimandi sia al Concerto per violino di Beethoven, sia alla propria Seconda Sinfonia.
Il primo movimento (Allegro non troppo) è una vasta formasonata con tre temi e grandi assoli del violino, tutti ricavati dall’introduzione orchestrale, un motivo dal profilo ampio e pacato affidato a viole, violoncelli, fagotti e corni. Un episodio in ritmo puntato prepara l’ingresso del violino solista,
che si presenta subito con una linea fiorita e virtuosistica, e che poi introduce un secondo gruppo tematico dal carattere assai più lirico. Nello sviluppo Brahms crea una fitta elaborazione dei motivi esposti, attraverso un raffinato gioco di modulazioni e una continua contrapposizione tra espansioni
melodiche ed elementi puntati, conservando questo gioco di trasformazioni anche nella ripresa e nella grandiosa coda che segue la cadenza scritta da Joachim.
Una grande compattezza tematica contraddistingue anche il secondo movimento (Adagio) in fa maggiore, una pagina dal carattere estatico, in forma di Lied, e anch’essa piena di rimandi classici. Prende avvio da una melopea dal carattere pastorale, intonata dall’oboe, accompagnato dai soli legni, e poi ripresa dal solista in una serie di variazioni che sviluppano anche le parti di accompagnamento, frammentando l’idea iniziale e conferendole un carattere libero, quasi
improvvisativo. Assai più tesa e drammatica, beethoveniana, è la parte centrale, in fa diesis minore, dominata dagli ampi arabeschi del violino che percorrono tutta la sua estensione.
Con un tema fiammeggiante il solista introduce il movimento conclusivo (Allegro giocoso, ma non troppo vivace), un motivo insieme rustico ed eroico, dal sapore tzigano, che si muove per terze parallele, accompagnato dagli staccati degli archi, capace di imprimere subito una dimensione festosa a tutto il movimento. Altra pagina di grande respiro sinfonico, basata sulla forma ripetitiva
del rondò-sonata – ma con episodi dal carattere sempre diverso, ora languidi, ora ammiccanti, ora
burleschi – e su un continuo serrato confronto tra l’orchestra e il solista, chiamato a uno straordinario sfoggio di bravura, fino alla coda, trascinante e concitata, dove sia il solista che l’orchestra sviluppano il tema principale.