Omer Meir Wellber: Berlioz "Symphonie Fantastique" op. 14
Auditorium Arturo Toscanini di Torino
Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai
Omer Meir Wellber direttore
Hector Berlioz (1803 - 1869)
Symphonie Fantastique op. 14 (Épisode de la vie d’un artiste) (1829/1830)
I. Rêveries. Passions (Largo – Allegro agitato e appassionato assai)
II. Un bal (Valse. Allegro non troppo)
III. Scêne aux champs (Adagio)
IV. Marche au supplice (Allegretto non troppo)
V. Songe d’une nuit du sabbat (Larghetto – Allegro assai – Allegro
– Ronde du sabbat. Poco meno mosso – Dies irae et Ronde du sabbat)
Un amore tormentato
Per la prima esecuzione della Sinfonia fantastica, che avvenne a Parigi il 5 dicembre 1830 con la direzione di François-Antoine Habeneck, Berlioz fece preparare un programma esplicativo da distribuire agli ascoltatori, che illustrasse la vicenda che stava alla base della composizione. Il racconto altro non è che lo sviluppo tragico di un amore infelice: un artista si innamora di una giovane donna, vive le gioie dei primi palpiti fino a che non sopraggiunge una crisi, che lo porta ad assumere oppio e, nel folle delirio degli incubi seguenti, a uccidere l’amata. L’uomo viene poi portato al patibolo e ghigliottinato. Nel 1828, due anni prima di comporre la Fantastica, Berlioz, allora venticinquenne, era stato a teatro a vedere l’Amleto. Tra gli interpreti spiccava una giovane attrice inglese, Harriet Smithson, della quale il compositore si innamorò perdutamente. Ma l’amore non era ricambiato, e cosi Berlioz decise di creare un’opera eccezionale per conquistare la ragazza. Le cose andarono a buon fine, almeno apparentemente: Berlioz compose la Sinfonia fantastica, riuscì a sedurre la Smithson e a sposarla. Peccato che in brevissimo tempo la sua vita matrimoniale si trasformò in un incubo ben peggiore di quello descritto dalla musica della Marche au supplice, e i due dovettero separarsi.
La sinfonia
Uno degli aspetti più caratteristici della Fantastica è il ritorno ciclico di una stessa melodia, la cosiddetta idée fixe, che è il ritratto musicale dell’amata, nonchè una sorta di filo rosso che guida l’ascoltatore durante tutta l’opera. Nel primo movimento si presenta come una frase ampia e cantabile, che scrolla l’atmosfera trasognata ed estatica dell’apertura, immagine musicale dell’incontro amoroso tra l’artista e la sua amata. Il secondo movimento, Un ballo, rappresenta la spensieratezza dell’artista, che si muove leggero tra graziosi valzer, fino a che l’immagine dell’amata non si introduce tra i suoi pensieri. La Scena ai campi è il momento bucolico, l’abbraccio con la natura, che si apre con lo straordinario dialogo tra l’oboe fuori scena e il corno inglese in orchestra. L’effetto stereofonico e spaziale di questa trovata evidenzia l’ispirazione di questa musica da aria aperta, nella quale anche l’immagine dell’amata trova il modo di riflettersi. L’idillio è interrotto da una tempesta, con evidente omaggio alla Pastorale di Beethoven, e attraverso la ripetizione ostinata di una nota del timpano si passa a una danza allucinata e scomposta, che libera una potenza sonora del tutto inedita per il sinfonismo del 1830. La stessa energia quasi violenta domina il finale che, in un sistema architettonico piuttosto complesso, fa convivere una citazione della celebre sequenza gregoriana del Dies irae, le melodie e i ritmi di un sabba diabolico e le schegge disperse dell’idée fixe.
Andrea Malvano
(dagli archivi Rai)