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Pechino tradizione e modernità

in onda domenica 22 gennaio 2012 alle 13.25

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    Il terzo appuntamento è ancora dedicato alla Cina, in particolare alla sua capitale, Pechino.

    Fra le tante monete del mondo ce n'è una che sta per dominarlo, quella cinese che per legittimarsi conserva l’immagine della grande muraglia. Allo stesso modo Pechino, nella città nuova che avanza, presenta non solo costruzioni tipo grattacielo, ma anche altri edifici più curiosi che hanno un potente valore mnemonico, una sorta di passato reinventato.


    Infatti, nella cultura dell’Oriente una cosa è antica se è fatta con le regole e i materiali delle cose antiche, può anche essere stata appena costruita. Gli anni non contano perché il tempo è eterno. Sono tanti gli edifici che parlano una lingua architettonica cinese: quelli vecchi, che servono da esempio, risparmiati dalla furia iconoclasta della rivoluzione; quelli d’oggi che ne ricopiano gli stilemi e li aggiornano, nella dimensione tradizionale come in quella del grattacielo.

    Ma non finisce qui: Piazza Tien’anmen è quella che tutti conoscono, l’immagine mondiale della Cina nella sua rielaborazione maoista, con la conservazione della vecchia stazione ferroviaria diventata oggi museo, con le statue e con il vecchio edificio imperiale rimasto a chiuderla verso sud. Da qui una volta si apriva la vecchia città dal sapore sovietico con il vecchio teatro della politica. Il teatro ora non c’è più, tutto è cambiato, tutto è in trasformazione.

    Il nuovo contro il vecchio era la tesi di Mao, mentre la tesi di oggi è il vecchio contro il nuovo, perché il nuovo è diventato vecchio troppo in fretta. E così la città prende un sapore neo-ibridato, trans-cinese.

    Come nel quartiere 798, il quartiere delle gallerie d’arte che contribuisce a costruire e a inventare un’idea della modernità cinese a Pechino. Grandi sculture spesso ironiche e di buon artigianato e altre pronte ad andare a occupare gli spazi delle piazze pubbliche si vedono accanto a espressioni artistiche importate dal nostro mondo che stanno assumendo una loro conformazione propria e cominciano ad articolarsi con un pathos per certi versi autoctono, spia di un presente creativo che riapre il dialogo con il suo passato e le realtà provenienti dall’esterno.

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