Quando tornare a casa è un problema. Dopo cinque missioni in Iraq, la strada
STAMPA ESTERA - Molti veterani del dopo 11/9 non riescono a rientrare nel mondo del lavoro. Forse è l'ora di dar loro una mano
Di Harriet McDonald per il Daily Beast (Usa), 10 settembre 2012
Per chi torna dall'Iraq e dall'Afghanistan, e parliamo soprattutto di giovani, non è facile trovare lavoro. Il tasso di disoccupazione nella categoria è più alto del 50% rispetto a quello tra i coetanei civili. Certo, i programmi di sostegno non mancano, resta il fatto che forse varrebbe la pena fermarsi per capire meglio chi sono queste ragazze e ragazzi e di cosa hanno bisogno.
Con mio marito siamo andati a pranzo con un gruppo di ex soldati, ospiti del rifugio per veterani senzatetto di The Doe Fund, un'associazione no profit di Brooklyn. Uno di loro - avrà avuto meno di trent'anni - ci ha raccontato, dopo qualche resistenza, quali difficoltà e lotte quotidiane ha dovuto affrontare da quando ha lasciato i Marines più di un anno fa.
Dopo cinque missioni in Iraq si è ritrovato a casa, tra le macerie della sua vita. La sua ragazza si era stancata di aspettarlo e si era consolata altrove; il lavoro non c'era modo di trovarlo. Niente era più come doveva essere e bere era diventato l’unico rifugio. La famiglia, che in un primo momento si era dimostrata comprensiva e dalla sua parte, non capiva più il suo tormento. Nemmeno un anno dopo si è ritrovato per strada.
Ora sembra stare meglio, coltiva la speranza di lavorare grazie al 'progetto-cucina' dell'associazione, che forma i giovani per varie professioni nella ristorazione e nell'industria alimentare. Ma il nostro marine deve anche fare i conti con il disturbo post traumatico da stress; ha bisogno di più tempo, di consigli e di una mano tesa. Deve poter riprendere i fili della sua esistenza e imparare a conservare un lavoro per condurre di nuovo una vita normale e indipendente. Non voglio dire che l'esperienza di quel giovane sia quella di tutti, farò di tutto per tutelare la sua dignità e il suo diritto alla riservatezza. L'ho citato solo perché la sua è una storia fin troppo comune tra gli ex soldati.
L'esercito è oramai composto solo da volontari e, a differenza di quanto succedeva nelle guerre del passato, i giovani che hanno prestato servizio in Iraq e Afghanistan hanno partecipato a diverse missioni. Ora che non c'è più il servizio militare di leva, i nostri soldati sono meno istruiti e provengono dagli ambienti economici più diversi. A causa dell'alto tasso di disoccupazione nel paese e delle scarse prospettive anche per chi è stato al college, molte ragazze e ragazzi si sono arruolati per godere dei benefit garantiti dalla legge, grazie ai quali un domani potrebbero continuare o perfezionare gli studi. La nostra associazione è frequentata da veterani più anziani, gente che ha combattuto in altri conflitti, ma a quasi il 40% di loro è stato diagnosticato un disturbo psichico, ovvero depressione, disturbo da stress post traumatico e difficoltà di adattamento, oltre a tossicodipendenza o alcoolismo.
E’ un peccato che così tanti giovani americani che hanno rischiato la vita per il paese in tutto il mondo debbano poi vedersela con l'incapacità di guadagnarsi da vivere una volta tornati a casa. Ciò succede per molti motivi, il fondamentale dei quali è stato spesso sottovalutato: molti di questi giovani uomini e donne sono impreparati a tornare a far parte della società civile. Hanno sì bisogno di aiuto, di assistenza per affrontare le loro debolezze emotive e per uscire dalla dipendenza dalle droghe e dall'alcool, ma più che altro hanno bisogno di un lavoro di transizione, soprattutto per acquisire competenze e capacità nuove per una nuova professione. Cosa che non abbiamo fatto per i veterani di altre guerre.
Un senzatetto su quattro oggi negli Stati Uniti è un ex soldato e tra i veterani post 11/9 il rischio di diventare un senzatetto, secondo i dati della Veteran Administration, è doppio. Eccoci quindi davanti all'occasione di fare meglio e di più, in termini di assistenza per i veterani di Iraq e Afghanistan che devono tornare ad affrontare la vita civile. Bisogna essere onesti e saper vedere con occhi nuovi chi sono questi uomini e donne e capire di cosa hanno bisogno.