Mauritania, l’ultima roccaforte della schiavitù degli africani neri
Nonostante la schiavitù sia fuori legge, in Mauritania il 20% della popolazione, di origine nera africana, viene ancora tenuta in tale condizione da schiavisti di etnia araba
Nouakchott, Mauritania (MMD Newswire).
Il 25 agosto ci sarà una manifestazione contro il presidente-dittatore della Mauritania Aziz e i promotori si appellano alla stampa internazionale perché ne dia notizia. Le precedenti proteste hanno trovato poco se non nessuno spazio sui mezzi di informazione. Nonostante la schiavitù sia fuori legge, in Mauritania il 20% della popolazione, di origine nera africana, viene ancora tenuta in tale condizione da schiavisti di etnia araba. Le manifestazioni sono in linea con quelle del Movimento della Primavera Araba già viste in Libia, Egitto, Siria e Tunisia. La Mauritania è già stata teatro di dimostrazioni e tensioni politiche, in gran parte ignorate dalla stampa. Nel 2009, gli Stati Uniti hanno appoggiato un appello dell'Unione Africana sulla Mauritania. Secondo un comunicato stampa del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti "Gli Stati Uniti hanno ripetutamente diffuso comunicati stampa dal Dipartimento di Stato con la condanna del colpo di stato in quanto illegale e incostituzionale. L'Unione Africana ha condannato il generale Aziz ed emesso il divieto di viaggiare nel paese e il congelamento dei beni di Aziz e di quanti siano coinvolti nel colpo di stato".
Aziz è stato eletto presidente, ma con elezioni controllate da suoi incaricati, con pesante discriminazione nei confronti della componente nera africana della popolazione. Nonostante nel Paese la schiavitù sia stata ufficialmente dichiarata fuori legge, viene ancora praticata. Secondo l'Istituto degli Affari Esteri sudafricano: "Anche se è difficile stabilire le cifre esatte, Sos Slavery in Mauritania stima che nell'arida nazione dell'Africa Occidentale sarebbero circa 600 mila tra donne, uomini e bambini - ovvero il 20% della popolazione (3.069.000 abitanti) - le persone ridotte in schiavitù". Purtroppo poco è stato fatto per dare sollievo alla loro situazione e la peggiore violazione dei diritti umani va avanti.
La stampa internazionale ha ignorato la maggior parte delle proteste precedenti, ma è di vitale importanza che tali ingiustizie cessino di esistere; per questo il coinvolgimento dei mezzi di informazione è fondamentale.
Come Mohamed Bouazizi, un venditore di frutta tunisino, Yacoub Ould Dahoud, un uomo d'affari di mezza età, si è dato fuoco davanti al Palazzo Presidenziale di Nouakchott nel 2011. Da allora si sono verificate proteste e altri atti di disobbedienza civile, ma con scarsa copertura di stampa