Che rumore ha la guerra?
STAMPA ESTERA - Ogni guerra ha i suoi rumori, che sono diversi per chi la guerra la vede in televisione e per chi la vive sulla sua pelle, soldato o civile che sia Di Vanessa Barford
BBC News Magazine, 20 novembre 2012
Per i corrispondenti da Gaza i droni israeliani che passano sopra le loro teste sono annunciati da un ‘gemito; gli arabi chiamano lo stesso rumore "Zananna", il "bambino che piange". Poi c'è il rombo occasionale degli aerei che sfrecciano e il frastuono delle granate sparate dalle navi. Per chi vive nelle città meridionali di Israele le sirene che avvertono dei razzi sparati da Gaza sono un segnale familiare. Come quel rumore speciale del sistema di difesa Iron Dome, quello che intercetta i missili in alto nel cielo. Ogni guerra ha i suoi rumori, che sono diversi per chi la guerra la vede in televisione e per chi la vive sulla sua pelle, soldato o civile che sia. Per molti cittadini britannici nominare la Seconda Guerra Mondiale equivale a evocare le sirene antiaeree e il rumore di ferraglia delle bombe V1; "doodlebug", insetti volanti, le chiamavano. Le guerre in Iraq e in Afghanistan di questi anni sono state scandite dalle esplosioni degli IED, gli "ordigni esplosivi improvvisati".
Altri suoni, il silenzio che segue un evento traumatico, il lamento dei feriti e il pianto di chi resta, sono uguali in tutte le guerre. "Dal frastuono degli scudi dell'Antica Roma a oggi, ogni epoca ha il suo rumore della battaglia" dice Maj Charles Heyman, che scrive su Armed Forces. "Per la Prima Guerra Mondiale erano le raffiche d'artiglieria, le migliaia di fucili spianati su entrambi i fronti e il frastuono dei bombardamenti su Parigi che arrivava fino a Dover e certe volte fino a Londra. Seconda Guerra Mondiale suona come sirene, bombe e Spitfire. Personalmente identifico gli ultimi 30 anni con il rumore degli elicotteri. Le guerre di questi ultimi giorni si ricorderanno per il ronzio dei droni".
Maj Chris Hunter è un giornalista, ex ufficiale britannico nei Balcani, in Iraq, Afghanistan e Irlanda del Nord. Ogni guerra che ha combattuto gli ha lasciato un ricordo; il tonfo sordo dei colpi di artiglieria e dei proiettili lanciati dai carri armati nei Balcani, l'esplosione degli IED in Iraq, gli elicotteri bassi in Afghanistan. Il ricordo più terrificante, un'imboscata a 3 km da Bassora. "Colpi di mitragliatori improvvisi e sempre più forti, i proiettili che ci passavano davanti al viso con un crack spaventoso che squarciava l'aria. Poi lo schianto dei vetri, il fischio dei missili e l'aria che tremava per lo scoppio delle granate..."
L'assedio di Sarajevo, 10 mila vittime tra il 1992 e il 1995, si ricorda soprattutto per la paura dei cecchini nascosti negli edifici, in alto, dove potevano scegliere meglio se sparare in testa o al cuore dell’ignaro passante. E Dan Damon, che al tempo era a Sarajevo per la BBC, ricorda bene quando doveva attraversare di corsa per schivare le pallottole della Ulica Zmaja od Bosne o “Sniper Alley” come finì per essere chiamata, la Via dei Cecchini. "L'unico modo per rimanere vivi era passare a tutta velocità", racconta. "Mi hanno mancato un'infinità di volte, ricordo il fischio dei colpi vicino al finestrino, e lo schiocco del fucile che arrivava un secondo più tardi".
L'Iraq invece è stato la tattica "shock and awe", colpisci e terrorizza - per semplificare concetti in realtà complessi - della coalizione guidata dagli Stati Uniti. Una pioggia di missili e bombe su Baghdad e altre città per destabilizzare l'esercito iracheno e costringerlo ad arrendersi.
"Il rumore era assordante, ma la cosa che spaventava di più era l'onda d'urto delle esplosioni, come se qualcuno ti prendesse a pugni sul petto, con tutto il giubbotto antiproiettile addosso" ha scritto l'operatore della BBC Duncan Stone, nel 2003 in servizio a Baghdad durante i primi bombardamenti.
Hollywood e film come “Platoon” e “Apocalypse Now” ci hanno insegnato che il frusciare ritmico delle pale degli elicotteri Huey Bell UH-1 è il rumore della guerra del Vietnam. Per Patrick Hennessey, ex comandante delle Granadier Guard, oggi scrittore, il "doppio rotore dei Chinook produce l’effetto sonoro inconfondibile che è diventato il suono dell'Afghanistan". Altre guerre sono una cacofonia di fuochi incrociati e mitragliatori, come ricorda Julian Thompson, generale di divisione al comando di tre brigate di commando nelle Falkland. "Il fischio dei jet argentini in avvicinamento, il rombo della contraerea che cercava di buttarli giù, il tuffo delle bombe che cadevano in acqua. Quando qualcosa colpiva il bersaglio, come quella notte che fecero saltare in aria la fregata HMS Antelope, il frastuono era accompagnato da bagliori accecanti e dal crepitare delle fiamme. E poi le esplosioni e gli scoppi, come tante casse di birra che si schiantano sul pavimento di una cantina, col vetro che va in mille pezzi. L’inferno…"
Per Amyas Godfrey, del Royal United Services Institute, ogni guerra ha i suoi rumori, i suoi suoni specifici, ma non è detto che siano quelli delle armi. "Le battaglie del XVII e XVIII secolo erano scandite da trombe e tamburi con uno scopo preciso, perché trasmettevano messaggi, imponevano il ritmo di marcia e segnalavano la fine di una giornata di combattimento. O le cornamuse di incoraggiamento in Normandia, le espressioni come la già citata "shock and awe", o le sirene dei bombardieri Stuka tedeschi, che avevano lo scopo di terrorizzare il nemico. Ma per chi una guerra la subisce, questi rumori possono anche significare che non c’è più niente da fare".
Non è detto, però, che l'impatto più duraturo ce l'abbiano i suoni tutto sommato più ovvi in un combattimento. "La cosa che si ricorda di più in una guerra è il rumore bianco. Ce l'hai sempre nelle orecchie, come il crepitio delle radio, ma anche il brusio dei generatori nelle basi moderne, o i programmi di MTV che diventano colonna sonora involontaria di un conflitto” ci dice Godfrey. E anche se l’aria è satura di rumori, è il silenzio il suono più forte di ogni guerra.
"Per giorni interi non succede nulla. Sai come dicono i soldati...La guerra è noia interrotta dalla paura".