14/12/2011
Uno sguardo su tutto il mondo del fumetto e su tutto il mondo, visto dai fumetti
"Casseri, antisemita che amava i fumetti"
Particolari associazioni di idee nei titoli dei quotidiani italiani
Dal sito del Corriere della sera del 13 dicembre 2011: "Casseri, antisemita che amava i fumetti.
Lo scrittore della destra radicale, era un seguace di Romualdi, teorico neonazista ed era iscritto a Casa Pound"
Dal sito del Corriere fiorentino del 13 dicembre 2011: "Dai padri del neonazismo a Tex.
Casapound prende le distanze"
Dal sito de La Stampa del 14 dicembre 2011: "Il ragioniere xenofobo che leggeva Tin-Tin e i teorici del fascismo.
Gianluca Casseri, 50 anni, aveva scritto un libro in cui negava l'Olocausto"
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Ci spiace soffermarci con un punto di vista "frivolo" e assolutamente laterale sui drammatici fatti di cronaca dell'omicidio a sangue freddo di due uomini a Firenze.
Però, in una rubrica che si chiama "Comics" è difficile non fermare la stranissima impressione, la sensazione di dissociazione concettuale che alcuni titoli relativi alla vicenda ci hanno generato.
Che all'interno di un articolo che prova ad "identificare" un assassino, si dispieghino tutti i suoi più particolari vizi, virtù, curiosità più o meno morbose, più o meno attinenti, è cosa ormai comune. E che si elenchino, in mezzo a tante altre cose, nel mucchio, anche le sue letture, e quindi anche i fumetti, è comprensibile.
Ma nel titolo? Il titolo dovrebbe servire a riassumere in una riga l'intera notizia. Evidenziare le peculiarità più importanti, sottolineando direttamente, o indirettamente, alcune tendenze che possono essere collegate con il fatto di cronaca o che hanno addirittura portato allo svolgersi dello stesso.
In questo cosa, qual è il collegamento tra un assassino che ha sparato su alcuni extracomunitari, cercando di ucciderli tutti, facendo due vittime, il suo antisemitismo e razzismo e il fatto che amava i fumetti...?
E poi che vuol dire "amava i fumetti". I fumetti non sono un genere o sottogenere letterario.
Sono una forma di narrazione. Coi fumetti puoi raccontare di tutto, dalle storie più beceri all'elevato graphic journalism. Dire che "amava i fumetti" è la stessa cosa di "leggeva i giornali", "guardava la televisione", "comprava i libri", "gli piaceva il cinema".
E' un qualcosa che ha lo stesso peso di essere antisemiti, per condividere la stessa riga in un titolo?
Ma anche scendere nello specifico dei personaggi letti (ma poi da dove escono questi particolari? come si fa a sapere che leggeva solo questi, perché sottolineare solo questi?), come Tex e Tin-Tin, a cosa serve?
A dare una nota di colore, ad aumentare la curiosità, la morbosità, oppure la normalità? Milioni di italiani amano e comprano e leggono Tex. Tantissimi ne scrivono sui siti di fumetto.
Ma come fanno altre migliaia di cose, tutti i giorni, allo stesso livello.
Ci pare ampiamente fuori tempo usare il fumetto giornalisticamente come "eccezione".
Eravamo convinti che gli anni in cui il fumetto spuntava come "accessorio" più o meno complice di qualche delitto ce li fossimo ormai lasciati alle spalle (citiamo, l'uno per il tutto, il Tg5 del 26 gennaio 2008 "Non c'erano solo i coltelli, la candeggina e i computer fra il materiale sequestrato nell'appartamento di Raffaele Sollecito. C'erano anche diversi manga, i fumetti giapponesi nella stanza dello studente pugliese" ).
Forse sarebbe meglio comunicativamente non inserire "distrazioni" giornalistiche, quando si parla di odio razziale, sempre più protagonista di tremendi fatti di cronaca.
Forse.