La Repubblica della ciofeca

PUNTATA DEL 15/12/2024

di Bernardo Iovene
Collaborazione di Lidia Galeazzo
Immagini di Paco Sannino, Giovanni De Faveri e Cristiano Forti



Il caffè si consuma in tutto il mondo e noi italiani pensiamo di esserne grandi esperti. È davvero così?

Una ciofeca: è il rischio che possiamo trovare, in una tazzina al bar, un caffè rancido, bruciato, che ha perso tutte le caratteristiche positive aromatiche, molto amaro, estratto con acqua sporca, in filtri contaminati da estrazioni precedenti. Il caffè è la seconda merce più commercializzata al mondo dopo il petrolio. Si consuma in tutto il globo, noi italiani pensiamo di esserne grandi esperti e grandi intenditori e di avere anche grandi trasformatori che, nei nostri bar, estraggono una bevanda perfetta a regola d’arte. È davvero così? Ci sono delle regole universali per trattare il chicco di caffè e, prima di approcciarsi alla grande invenzione tutta italiana che è la macchina dell’espresso, sarebbe necessario un piccolo corso di formazione. Invece, girando nei bar da Napoli a Trieste abbiamo rilevato una mancanza di cultura e rispetto per quello che è ritenuto un rito italiano. L’aggravante è che il gusto forte napoletano, diventato ormai italiano, prevede una tostatura scura che produce oli in superficie che andrebbero trattati e conservati con professionalità. Invece, i nostri baristi ignorano la problematica compromettendo una materia prima anche di qualità. I torrefattori corrono il rischio della tostatura scura per accontentare un gusto e quindi il mercato.