di Rosamaria Aquino
Collaborazione di Marzia Amico
La rete dei controlli sullo sdoganamento dei dispositivi di protezione.
Da pochi giorni il Governo ha imposto l'obbligo della FFP2 in determinati luoghi e ha stabilito un prezzo calmierato che le farmacie possono anche scegliere di non praticare. Le mascherine da inizio pandemia però sono state soprattutto un business milionario per molti fornitori, ma anche per mediatori che avrebbero messo a disposizione i propri contatti con dirigenti pubblici in cambio di lauti compensi. Intorno a un bene diventato ormai indispensabile circolerebbero dunque lobbisti, faccendieri e persino i servizi segreti. Report con testimonianze esclusive ricostruisce la rete dei controlli sullo sdoganamento dei dispositivi e torna sulle trame che avrebbero accompagnato gli appalti per l'acquisizione delle mascherine di Stato.
31 gennaio 2025: Domenico Arcuri, ex commissario straordinario per l'emergenza Covid, è stato assolto. L'abuso d'ufficio, di cui era accusato nell'ambito dell'inchiesta sulla fornitura di mascherine dalla Cina nella prima fase dell'emergenza pandemica, è stato ormai abrogato. Da qui la formula di assoluzione "perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato" pronunciata dal giudice per l'udienza preliminare di Roma. L'inchiesta era nata dall'acquisto di 800 milioni di dispositivi di protezione individuale che sarebbero stati irregolari e pericolosi per la salute. Un "affare" da 1,25miliardi di euro. Tra i soggetti coinvolti anche l'imprenditore, poi deceduto, Mario Benotti, a cui era contestato il traffico di influenze illecite, e Antonio Fabbrocini, responsabile unico del procedimento per la struttura commissariale accusato di frode nelle pubbliche forniture, falso e abuso d'ufficio.
Per quanto riguarda, invece, gli altri imputati, circa una decina che hanno scelto il rito ordinario, il giudice ha sollevato la questione di costituzionalità relativa all'attuale formulazione del reato di traffico d'influenze illecite inviandogli atti alla Consulta, accogliendo la richiesta della procura di Roma risalente allo scorso dicembre. In quell'occasione i rappresentanti dell'accusa avevano messo nero su bianco che l'attuale formulazione della fattispecie di traffico di influenze illecite - come si legge nella richiesta - "non prevede l'incriminazione di quel nucleo minimo di condotte individuate dall'art. 12 della Convenzione di Strasburgo e oggetto di specifici obblighi convenzionali di penalizzazione".