L’incredibile storia di una concorrenza sleale nella civile Romagna che ha portato i poltronifici italiani sull’orlo di una crisi che non ha nulla a che vedere con l’attuale crisi finanziaria. Infatti gli artigiani italiani sono stati sostituiti da imprese cinesi che applicano prezzi dimezzati e insostenibili per chi rispetta le regole.
L’inchiesta svela i punti oscuri di una delocalizzazione dentro il territorio italiano dove controllori e associazioni non hanno fatto il loro dovere consentendo il graduale insediamento di imprenditori cinesi che, in Romagna come in molte altre zone produttive italiane, fanno spesso uso di manodopera clandestina oppure pagata in nero.
Quali sono le vere ragioni per le quali uno dei più prestigiosi distretti del divano Made in Italy (da cui escono poltrone e divani molto famosi) si sia gradualmente abbassato a pratiche irregolari nel disinteresse generale? L’inchiesta ha cercato di andare oltre la cronaca approfondendo il profilo etico che regola i rapporti di lavoro tra il committente e il suo fornitore. E’ questione di poco e resterà una sola poltrona e c’è il rischio che non ci sarà spazio per gli onesti.
L’inchiesta “Una poltrona per due” si era occupata della concorrenza sleale nel settore del divano, un fenomeno illegale improntato sulla violazione delle norme e sullo sfruttamento della manodopera di operai cinesi (talvolta clandestini) ad opera dei propri connazionali. I prezzi concorrenziali che i cinesi proponevano ai grandi poltronifici stavano costringendo molti artigiani italiani a licenziare e a chiudere l’attività. L’inchiesta si era concentrata al distretto del divano di Forlì dove due artigiane coraggiose avevano, da sole, denunciato il sistema portando alla luce e davanti alla magistratura il sistema di collegamento tra i grandi poltronifici italiani e i loro fornitori cinesi. L’aggiornamento mostra come il fenomeno esiste anche in altri due importanti distretti del divano (uno in Lombardia e l’altro in Basilicata).
Precisazione
MILENA GABANELLI IN STUDIO
Tre giorni dopo la messa in onda di questo servizio la Sipra, concessionaria di pubblicità della Rai, scrive al direttore generale “affinché intervenga per verificare la pertinenza o meno del richiamo televisivo al marchio Chateaux d’Ax – si sottolinea - vale per la Rai all’anno quattro milioni di euro di investimenti pubblicitari. Scrive il direttore della Sipra che la proprietà della Chateaux d’Ax si era già inferocita nel corso del primo servizio per l’indebito apparentamento… perché coinvolta impropriamente in una vicenda spiacevole che riguardava un suo concorrente”. Purtroppo quel camion sul set di Forlì non l’avevamo portato noi. Ma vuoi che era un caso. E allora abbiamo cercato più volte la proprietà di questa famosa marca, soltanto qualche giorno fa ci hanno risposto che il loro legale rappresentante non è in Italia, è all’estero. Bene, allora noi abbiamo il massimo rispetto per gli inserzionisti, però facciamo due mestieri diversi e la Rai è anche servizio pubblico, che vuol dire raccontare i fatti. In questo momento le imprese hanno delle difficoltà, due sono: una è la crisi e l’altra è la concorrenza sleale che distorce il mercato.
Due imprenditrici del salotto di Forlì hanno avuto il coraggio di denunciare il fenomeno del lavoro nero dei cinesi che ha ridotto sul lastrico uno dei più prestigiosi settori dell'artigianto italiano. Siamo tornati sul posto a vedere se le cose sono cambiate, e se le due imprenditrici hanno raccolto la solidarietà degli imprenditori e delle istituzioni
PRECISAZIONE DEL 18/12/2011
MILENA GABANELLI IN STUDIO
Tre giorni dopo la messa in onda di questo servizio la Sipra, concessionaria di pubblicità della Rai, scrive al direttore generale “affinché intervenga per verificare la pertinenza o meno del richiamo televisivo al marchio Chateaux d’Ax – si sottolinea - vale per la Rai all’anno quattro milioni di euro di investimenti pubblicitari. Scrive il direttore della Sipra che la proprietà della Chateaux d’Ax si era già inferocita nel corso del primo servizio per l’indebito apparentamento… perché coinvolta impropriamente in una vicenda spiacevole che riguardava un suo concorrente”. Purtroppo quel camion sul set di Forlì non l’avevamo portato noi. Ma vuoi che era un caso. E allora abbiamo cercato più volte la proprietà di questa famosa marca, soltanto qualche giorno fa ci hanno risposto che il loro legale rappresentante non è in Italia, è all’estero. Bene, allora noi abbiamo il massimo rispetto per gli inserzionisti, però facciamo due mestieri diversi e la Rai è anche servizio pubblico, che vuol dire raccontare i fatti. In questo momento le imprese hanno delle difficoltà, due sono: una è la crisi e l’altra è la concorrenza sleale che distorce il mercato.
Due imprenditrici del settore del divano imbottito a Forlì avevano denunciato il fatto che i grandi poltronifici preferiscono i più economici imprenditori cinesi che, a colpi di concorrenza sleale e sfruttando la manodopera in nero, fanno fallire gli artigiani italiani. A un mese dalla messa in onda dell'inchiesta "Una poltrona per Due", le due donne hanno ottenuto il lavoro sufficiente per non chiudere l'attività e licenziare i propri dipendenti