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"Le sfide del Servizio Pubblico"

Questo il testo dell'intervento dell'Amministratore Delegato Giampaolo Rossi

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Mi auguro che questa intensa “due giorni” – per cui ringrazio la Presidente Floridia e tutta la Commissione Parlamentare – possa fornire i necessari spunti di riflessione per dare forma alla Rai che verrà, attraverso un dibattito serrato e una proposta di riforma condivisa da tutte le componenti istituzionali qui rappresentate e dalle tante voci autorevoli coinvolte.
Il mio auspicio è di trovare una strada comune che sappia tener conto del ruolo di Rai nel contesto industriale e culturale della nostra Nazione e che riesca a personalizzare ogni tipo di intervento di riforma, senza mostrare sudditanza verso modelli europei che, per quanto storicamente virtuosi, non si stanno dimostrando oggi esenti da crisi.
Sappiamo che il Servizio Pubblico radiotelevisivo e multimediale, per svolgere in pieno il proprio ruolo, ha l’obbligo di adattarsi all’incursione del tempo, alle trasformazioni tecnologiche e culturali, ai mutamenti sociali, continuando a liberare talento e visione.
E per farlo sono tante le domande da sollevare e le risposte da dare, in un momento storico così articolato e diverso rispetto al passato. Un momento complesso, che ci presenta sfide nuove dettate dall’espansione del mercato, dalle tante concorrenze, dalla normativa nazionale ed europea, dalle esigenze finanziarie e dalle transizioni in atto. Ritengo preziosi simili appuntamenti di confronto aperto e rispettoso affinché il nostro Servizio Pubblico si realizzi mediante la sua naturale capacità di essere contemporaneo, restando il mezzo più efficace per raggiungere i cittadini e per veicolare il racconto del tessuto sociale e delle voci nazionali, internazionali e locali. Una funzione da proteggere rispetto ai grandi player globali che, ormai da anni, operano nel mercato con contenuti spesso lontani dalla nostra identità e tarati su un gusto che definirei standardizzato. E lo fanno mediante una narrazione a volte omologata e molto legata alla legge del mercato e dell’algoritmo e, forse, meno al substrato più vero della nostra Nazione. Non possiamo non chiederci allora, in una cornice come questa, quale sarà la trasformazione del mercato nel prossimo futuro e come affronteremo, dunque, la competizione estrema e segmentata che già oggi vede i vari colossi con volumi di investimento e costi imparagonabili ai nostri e con strategie di crescita agguerrite.
Il dibattito attorno alla Rai tende a concentrarsi spesso sul tema del modello di governance che deve adottare un’azienda così complessa e sulle regole con le quali svolgere il proprio ruolo di garanzia di pluralismo. Eppure ritengo necessario suggerire anche un ulteriore elemento di dibattito. Un’eventuale nuova architettura normativa della Rai credo debba affrontare due aspetti essenziali, che solo apparentemente sembrano slegati tra loro: la natura giuridica della Rai ed il suo ruolo di hub industriale per un’intera filiera produttiva del nostro Paese, quella dell’audiovisivo. I due aspetti sono intimamente connessi tra loro perché caratterizzano in profondità il ruolo che potrà continuare a svolgere il Servizio Pubblico nel futuro.
L’attuale natura giuridica della Rai presenta un aspetto evidentemente contraddittorio: benché infatti il legislatore abbia stabilito che la concessionaria del Servizio Pubblico sia assoggettata alla disciplina generale delle società per azioni e a quella speciale dei soggetti emittenti strumenti finanziari quotati, essa è però anche tenuta ad applicare la normativa pubblicistica; dunque, a gestire i propri approvvigionamenti e ad operare con modelli organizzativi in maniera del tutto analoga a una pubblica amministrazione. La Rai si trova così ad essere un’azienda che opera in un mercato, quello italiano, sempre più aggressivo e in rapida trasformazione, nel quale molti operatori globali sono entrati con volumi d’investimento notevoli e spesso senza vincoli d’investimento. E si trova costretta a farlo non solo con molte meno risorse rispetto al passato ma anche vincolata ad una complessità normativa e burocratica che rende sempre più difficile svolgere il proprio ruolo di sostegno all’industria italiana.
L’intervento sulla natura giuridica della Rai è strettamente legato alla possibilità che il Servizio Pubblico possa in futuro mantenere il suo ruolo di prima industria culturale della Nazione e motore del comparto audiovisivo rilevante per l’economia italiana con il valore di produzione che, nel 2023, ha superato i 2 miliardi, come ha evidenziato l’ultimo rapporto APA. Un mercato che la Rai sostiene per 1/3 degli investimenti complessivi, con un investimento totale audiovisivo nell’ultimo triennio di oltre un miliardo e 200 milioni.
 
Il Servizio Pubblico - sostenuto da risorse pubbliche a garanzia della sua autonomia e della sua indipendenza - deve dunque restare un modello solido, in grado di garantire un’offerta di alta qualità e molteplice, finalizzata alla costruzione della nostra identità nazionale e del nostro immaginario di convivenza civile, che la sola dinamica di mercato non potrebbe mai assicurare. Perché, come ha ricordato recentemente anche il cardinale Zuppi in occasione della messa per i 70 della tv “l’ethos nazionale non sarebbe lo stesso, il nostro Paese non sarebbe lo stesso. L’Italia sarebbe stata meno unita senza questo immaginario comune. Guai a dividerlo o indebolirlo”.
 
E in questo anno di grandi anniversari, la Rai ci ha fornito il pretesto per ribadire, ancora una volta, quanto il Servizio Pubblico oggi non corrisponda più unicamente al televisore o alla radio, intesi come oggetti fisici con una loro sacralità domestica. I consumi non sono più soltanto lineari ma anche rapidi, istantanei e accessibili ovunque. Sta a noi, allora, metterci in ascolto e in gioco e non aver paura di innovare e sperimentare nuovi linguaggi, generi e tipologie di contenuti, anche a costo di correre dei rischi, così da rispondere al meglio alle mutate esigenze fruitive.
RaiPlay con il suo catalogo in costante aumento e con circa il doppio dei titoli rispetto a quello BBC, i grandi eventi Rai (Sanremo, Olimpiadi, Europei), le piattaforme, la presenza attiva sui nuovi media e un pronto utilizzo delle ultime tecnologie, la digital media company che abbiamo davanti, l’attuazione del nuovo piano industriale e l’utilizzo accorto e umano dell’intelligenza artificiale. Sono solo alcuni degli sforzi che abbiamo messo in campo e che permetteranno all’azienda di aprirsi a nuovi target e soprattutto di continuare a vivere da protagonista sulla scena audiovisiva dei broadcaster europei, in termini di:
* Ampiezza dell’offerta (Rai infatti, tra i big five, è quella con il maggior numero di canali televisivi e radiofonici nazionali, propone un'offerta internazionale seconda solo alla BBC, e un'offerta Regionale dettagliata con 2 canali dedicati e 24 finestre informative)
* Livello di performance (Rai continua a registrare livelli top nel confronto con i Big5 e detiene una quota di mercato superiore a quella degli operatori commerciali).
Nonostante, come sappiamo, il nostro finanziamento pubblico sia decisamente più basso, sia in termine assoluti sia parametrato secondo i principali indicatori socio- demografici e di performance, rispetto agli altri Servizi Pubblici d’Europa registriamo:
* Minore finanziamento pubblico in rapporto al PIL e al numero di abitanti
* Minore incidenza del finanziamento pubblico rispetto ai ricavi complessivi
* Minore finanziamento pubblico in rapporto alle performance misurate in punti di share
Ecco, è questa è la Rai che immagino, che immaginiamo e che penso sia urgente rimettere a fuoco insieme. Ed è la Rai che immaginano anche le donne e gli uomini italiani, che vorrebbero semplificazioni e chiarezza e ai quali poco interessano le polemiche e gli scontri che spesso assorbono troppe delle nostre energie. Una Rai che vuole parlare a tutti e vuole farlo con i linguaggi e gli strumenti adatti. Una Rai che difende la sua anima plurale - e a confermarlo sono la correttezza e l’affidabilità dell’offerta informativa e la circolazione di idee e opinioni diverse, cardine su cui poggia ogni democrazia, come anche l’incremento del numero di programmi di inchiesta giornalistica e il parere positivo di tutti gli organismi chiamati a monitorare e certificare il nostro operato. Una Rai che dà linfa e sostegno al cinema, alla fiction, all’intrattenimento e che merita di restare architrave della nostra identità e del nostro sistema economico.
Sono certo, dunque, che opportunità di lavoro e confronto come questi Stati Generali - per cui ringrazio ancora la presidente Floridia, tutti i membri della commissione di vigilanza nonché gli illustri ospiti coinvolti nei vari panel - siano lo spazio giusto per ribattere i principi fondanti del nostro Servizio Pubblico, per interrogarci sulla sua essenza e attualizzarne la missione, consapevoli che “la democrazia non ha mai nulla di immodificabile e definitivo ma è una prova ininterrotta di pazienza e coraggio”. 
Buon lavoro!