Il sondaggio, realizzato da “Osservare Oltre” (Associazione Nazionale Presidi ed eTutorweb) per il Tg3 rappresenta un unicum per molte ragioni. Innanzitutto, per l’età degli intervistati, bambini e ragazzi tra i dieci e i quattordici anni, tutti studenti della scuola media inferiore, poi per il numero degli intervistati, ben 7896 preadolescenti che hanno risposto alle domande in maniera anonima, senza influenza degli adulti ed in assoluta libertà.
E’ la premessa necessaria per apprezzare i risultati di questo sondaggio e la normativa vigente: per utilizzare i social network bisogna avere almeno 14 anni, tra i tredici ed i 14 è possibile farlo, ma con la supervisione dei genitori. Sotto i 13 anni è semplicemente vietato usare Facebook, Instagram, Twitter, Snapchat o WhatsApp.
Se un infratredicenne attraverso uno di questi strumenti commette un reato o provoca danni, il responsabile è il genitore. Secondo il codice penale non è imputabile chi abbia commesso il fatto quando non aveva ancora compiuto i quattordici anni e quindi si configura quella che viene definita culpa in vigilando che è alla base della responsabilità civile dei genitori.
Il sondaggio del Tg3, le regole inapplicate
Riguarda proprio i ragazzi dai dieci ai quattordici anni e su quasi 7900 intervistati, l’84% possiede un profilo social, nessuno al momento dell’iscrizione ha indicato la sua vera età, neppure quel 22 per cento che lo ha fatto con un genitore presente, e il 91% non parla con mamma e papà di quelle che vede o che dice su internet. Di nuovo il 91% si arrabbierebbe molto se i genitori gli vietassero l’uso dei social. Considerato il campione, appare evidente che la normativa semplicemente non viene applicata.
Minorenni profilati
Il sondaggio descrive bene anche un altro aspetto, quello della profilazione dei minori, vietata fino ai 14 anni. E’ evidente un aggiramento della normativa, non foss’altro perché durante il procedimento di iscrizione ad un social network si presta un esplicito consenso alla profilazione delle proprie attività, consenso che un ragazzo minore di quattrodici anni non può dare. E, poi, ancora: per l’87% dei ragazzi i “like” sono molto importanti nella vita quotidiana, mentre l’86% si dice molto influenzato dalle indicazioni che arrivano dal social, il 60% clicca sulle pubblicità che vengono loro proposte e addirittura il 78% risponde a sondaggi o domande da parte del social network. Si tratta di dati di marketing preziosi per qualsiasi azienda, dati che significano campagne pubblicitarie mirate ed efficaci.
Cyberbullismo, l’aspetto sociale
Infine, l’aspetto sociale, il cyberbullismo ad esempio. Leggendo i dati del sondaggio, la percezione è che il fenomeno non sia ben compreso, così, se il 73% dei ragazzi intervistati ritiene che essere presi in giro sui social non sia da sfigati, poi il 67% dichiara di divertirsi a guardare video in cui uno sfigato viene preso in giro. Altrettanto interessante il quadro che emerge dall’analisi dei dati suddivisi nelle macroregioni. Esaminando i dati si evince che i ragazzi del Nord Est sono quelli più esposti a insidie e molestie, le loro risposte sono abbondantemente sopra la media nazionale riguardo la visione di contenuti proibiti o disturbanti e sono quelli che più di altri segnalano di essere stati contattati da adulti sui social.
A Nord Est i ragazzi ‘influenzati’, nel centro Italia pochi ‘like’ ma molti al Sud
I ragazzi del Nord Est sono anche quelli che più degli altri si lasciano influenzare dai social per la scelta dei prodotti da chiedere ai genitori. Quelli del Nord Ovest invece, sono quelli che meno condividono le loro esperienze sui social con i genitori e che meno degli altri cliccano sulle pubblicità o rispondono ai sondaggi. Al Centro i ragazzi sono meno sensibili ai like sui propri post e sono quelli che, più degli altri, dichiarano di utilizzare internet per lo studio. I ragazzi del Sud sono quelli più sensibili ai like ed alle indicazioni che arrivano dai social network, quelli delle isole quelli che meno chiedono prodotti indicati dai social, ma che più degli altri possiedono profili autonomi e denunciano di essere stati presi in giro sui social network.
E’ la premessa necessaria per apprezzare i risultati di questo sondaggio e la normativa vigente: per utilizzare i social network bisogna avere almeno 14 anni, tra i tredici ed i 14 è possibile farlo, ma con la supervisione dei genitori. Sotto i 13 anni è semplicemente vietato usare Facebook, Instagram, Twitter, Snapchat o WhatsApp.
Se un infratredicenne attraverso uno di questi strumenti commette un reato o provoca danni, il responsabile è il genitore. Secondo il codice penale non è imputabile chi abbia commesso il fatto quando non aveva ancora compiuto i quattordici anni e quindi si configura quella che viene definita culpa in vigilando che è alla base della responsabilità civile dei genitori.
Il sondaggio del Tg3, le regole inapplicate
Riguarda proprio i ragazzi dai dieci ai quattordici anni e su quasi 7900 intervistati, l’84% possiede un profilo social, nessuno al momento dell’iscrizione ha indicato la sua vera età, neppure quel 22 per cento che lo ha fatto con un genitore presente, e il 91% non parla con mamma e papà di quelle che vede o che dice su internet. Di nuovo il 91% si arrabbierebbe molto se i genitori gli vietassero l’uso dei social. Considerato il campione, appare evidente che la normativa semplicemente non viene applicata.
Minorenni profilati
Il sondaggio descrive bene anche un altro aspetto, quello della profilazione dei minori, vietata fino ai 14 anni. E’ evidente un aggiramento della normativa, non foss’altro perché durante il procedimento di iscrizione ad un social network si presta un esplicito consenso alla profilazione delle proprie attività, consenso che un ragazzo minore di quattrodici anni non può dare. E, poi, ancora: per l’87% dei ragazzi i “like” sono molto importanti nella vita quotidiana, mentre l’86% si dice molto influenzato dalle indicazioni che arrivano dal social, il 60% clicca sulle pubblicità che vengono loro proposte e addirittura il 78% risponde a sondaggi o domande da parte del social network. Si tratta di dati di marketing preziosi per qualsiasi azienda, dati che significano campagne pubblicitarie mirate ed efficaci.
Cyberbullismo, l’aspetto sociale
Infine, l’aspetto sociale, il cyberbullismo ad esempio. Leggendo i dati del sondaggio, la percezione è che il fenomeno non sia ben compreso, così, se il 73% dei ragazzi intervistati ritiene che essere presi in giro sui social non sia da sfigati, poi il 67% dichiara di divertirsi a guardare video in cui uno sfigato viene preso in giro. Altrettanto interessante il quadro che emerge dall’analisi dei dati suddivisi nelle macroregioni. Esaminando i dati si evince che i ragazzi del Nord Est sono quelli più esposti a insidie e molestie, le loro risposte sono abbondantemente sopra la media nazionale riguardo la visione di contenuti proibiti o disturbanti e sono quelli che più di altri segnalano di essere stati contattati da adulti sui social.
A Nord Est i ragazzi ‘influenzati’, nel centro Italia pochi ‘like’ ma molti al Sud
I ragazzi del Nord Est sono anche quelli che più degli altri si lasciano influenzare dai social per la scelta dei prodotti da chiedere ai genitori. Quelli del Nord Ovest invece, sono quelli che meno condividono le loro esperienze sui social con i genitori e che meno degli altri cliccano sulle pubblicità o rispondono ai sondaggi. Al Centro i ragazzi sono meno sensibili ai like sui propri post e sono quelli che, più degli altri, dichiarano di utilizzare internet per lo studio. I ragazzi del Sud sono quelli più sensibili ai like ed alle indicazioni che arrivano dai social network, quelli delle isole quelli che meno chiedono prodotti indicati dai social, ma che più degli altri possiedono profili autonomi e denunciano di essere stati presi in giro sui social network.