È lo spettacolo che ha inaugurato la stagione del Teatro alla Scala il 7 dicembre 2018, l’Attila di Giuseppe Verdi che Rai Cultura propone giovedì 30 novembre alle 21.15 su Rai 5. Sul podio il Maestro Riccardo Chailly, direttore musicale della Scala, che prosegue la sua ricognizione del repertorio italiano ripercorrendo gli anni giovanili di Verdi. L’allestimento è affidato a Davide Livermore, che non precisa il tempo dell’azione, collocata tra gli orrori di una terra d’occupazione del secolo scorso, e punta a illuminare gli snodi psicologici dei personaggi e la fragilità che mina il senso di onnipotenza del protagonista. Il tutto impiegando le risorse tecnologicamente più avanzate del teatro di oggi. Con lui la squadra formata da Giò Forma per le scene, arricchite dai video di D-Wok e illuminate da Antonio Castro, e da Gianluca Falaschi per i costumi. In scena Ildar Abdrazakov veste i panni del protagonista; Saioa Hernàndez, qui al suo debutto alla Scala, è Odabella, Fabio Sartori è Foresto e George Petean Ezio. Francesco Pittari e Gianluca Buratto nelle parti di Uldino e Papa Leone.
Nona opera di Giuseppe Verdi, Attila va in scena al Teatro la Fenice di Venezia il 16 marzo 1846 e si colloca in un punto nodale dello sviluppo del compositore che aveva già alle spalle opere come Nabucco o Ernani e si preparava a debuttare sulla scena europea. Anni di galera, ma soprattutto di sperimentazione e ricerca, sui soggetti come sulla forma drammaturgica. Fonte del libretto è la tragedia Attila, König der Hunnen (1809) di Zacharias Werner, singolare figura di poeta romantico che divenuto sacerdote cattolico infiammò con i suoi sermoni le platee del Congresso di Vienna. Verdi, venutone a conoscenza attraverso le citazioni contenute in De l’Allemagne di Madame de Staël, incarica dapprima Francesco Maria Piave e quindi Temistocle Solera di trarne un libretto. Rispetto al dramma di Werner il libretto definitivo, radicalmente semplificato, attenua (ma non elimina) il contrasto tra la brutale integrità di Attila e le moralità contraddittoria dei suoi avversari italiani.
La prima assoluta, a Venezia, fu un successo cui seguirono riprese a Trieste (città ancora più vicina ad Aquileia, dove si finge l’azione) e a Milano, dove il 26 dicembre 1846 aprì la Stagione di Carnevale. Qualche critico espresse riserve ma l’entusiasmo del pubblico garantì ben 31 rappresentazioni e il ritorno tre anni più tardi in un nuovo allestimento, sempre per l’inaugurazione, che si inseriva in un clima accesamente patriottico dopo l’abdicazione di Carlo Alberto a Novara il 23 marzo e la resa di Venezia all’assedio austriaco (22 agosto).
Nona opera di Giuseppe Verdi, Attila va in scena al Teatro la Fenice di Venezia il 16 marzo 1846 e si colloca in un punto nodale dello sviluppo del compositore che aveva già alle spalle opere come Nabucco o Ernani e si preparava a debuttare sulla scena europea. Anni di galera, ma soprattutto di sperimentazione e ricerca, sui soggetti come sulla forma drammaturgica. Fonte del libretto è la tragedia Attila, König der Hunnen (1809) di Zacharias Werner, singolare figura di poeta romantico che divenuto sacerdote cattolico infiammò con i suoi sermoni le platee del Congresso di Vienna. Verdi, venutone a conoscenza attraverso le citazioni contenute in De l’Allemagne di Madame de Staël, incarica dapprima Francesco Maria Piave e quindi Temistocle Solera di trarne un libretto. Rispetto al dramma di Werner il libretto definitivo, radicalmente semplificato, attenua (ma non elimina) il contrasto tra la brutale integrità di Attila e le moralità contraddittoria dei suoi avversari italiani.
La prima assoluta, a Venezia, fu un successo cui seguirono riprese a Trieste (città ancora più vicina ad Aquileia, dove si finge l’azione) e a Milano, dove il 26 dicembre 1846 aprì la Stagione di Carnevale. Qualche critico espresse riserve ma l’entusiasmo del pubblico garantì ben 31 rappresentazioni e il ritorno tre anni più tardi in un nuovo allestimento, sempre per l’inaugurazione, che si inseriva in un clima accesamente patriottico dopo l’abdicazione di Carlo Alberto a Novara il 23 marzo e la resa di Venezia all’assedio austriaco (22 agosto).