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L'eterna allegria

L'intervista al cast principale di "Mike" sul Radiocorriere Tv

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Una vita complessa, tormentata e fatta di distacchi familiari, e poi i primi passi nell'intrattenimento di qualità (dalla radio alla nascita della tv). Mike Bongiorno è per tutti una leggenda. Cosa vi ha convinto a dire “Rischio tutto” e mi metto in gioco? Elia Nuzzolo: Per un giovane attore come me è stata un'occasione incredibile, un grande onore. Un viaggio incredibile ho potuto intraprendere con più serenità grazie al sostegno di un regista bravissimo, che ci ha guidato egregiamente. Insieme a lui abbiamo lavorato molto tempo per individuare la chiave giusta per dare valore al personaggio, ma soprattutto per far emergere l’uomo Mike. Claudio Gioè: La prima domanda che ci siamo fatti non è stata “perché fare una fiction su Mike Bongiorno”, ma “perché non farla”! Stiamo parlando di una vita straordinaria, che attraversa la nostra storia recente, fotografia un'Italia nei suoi momenti più difficili, affronta il periodo immediatamente dopo la Seconda guerra mondiale, quella del boom economico, quando per la prima volta le persone si confrontano con i mezzi di comunicazione di massa. Credo che oggi sia necessaria una riflessione su “da dove veniamo” e “dove stiamo andando”, è utile per spingerci tutti a riflettere un pochino di più sul ruolo della televisione, su ciò che oggi è diventata, sui propositi che hanno accompagnato la sua nascita e come la stiamo trattando oggi. Abbiamo fatto del nostro meglio per avvicinarci alla temperie di quegli anni e aprire una riflessione per il futuro. Valentina Romani: Uno degli aspetti più interessanti del nostro mestiere è quello di avere il permesso di conoscere cose che prima ignoravi. Girando questa serie mi sono resa conto di ignorare molto della vita di Mike, e questo è stato un aspetto molto interessante su cui lavorare, una spinta per andare più a fondo. E poi era una scusa bellissima per tornare a lavorare con Giuseppe, un regista che stimo molto, con cui si lavora molto bene, anche con divertimento, un ingrediente fondamentale. Giuseppe Bonito: Il carburante principale è stata la curiosità. Non nascondo che all'inizio ero molto spaventato, sapevo bene quello che non avrei voluto raccontare, ovvero quello che tutti già sappiamo. Per me ha senso fare qualcosa se si porta allo spettatore il proprio percorso di conoscenza e all'inizio ovviamente era un'incognita. Poi ho avuto il problema contrario, conoscendo più a fondo il mondo di Mike, c’erano così tanti motivi degni di racconto che, alla fine, con Salvatore De Mola, lo sceneggiatore, avevamo il problema di come riuscire a far entrare tutto. Devo dire però che è stato un viaggio sorprendente, e spero che questo arrivi allo spettatore. Quale è stata la parte più difficile nell’essere Mike? Elia Nuzzolo: Forse immedesimarmi. La parte più difficile è stata capire cosa avesse significato vivere quella parte della sua vita, le drammatiche esperienze di Mike durante la guerra, la detenzione e, una volta libero, la possibilità di ricominciare una vita in America con suo padre. È stato un lavoro complesso arrivare nella profondità del suo animo. Claudio Gioè: Per me, vista la chiave estremamente interessante adottata da Giuseppe e dalla sceneggiatura, probabilmente è stato proprio trovare il Mike dietro le telecamere, rappresentare il suo aspetto più intimo, quando era da solo a casa, quando chiamava sua madre al telefono, o mentre riceveva la notizia della perdita di suo padre. Tutti i lati del carattere, insomma, che il suo pubblico non ha potuto cogliere e che noi abbiamo tentato, con responsabilità, di mettere in scena in maniera credibile, rimanendo il più possibile aderenti alla sua personalità così complessa. Valentina, a lei il compito di portare in scena una donna – Daniele Zuccoli – che per quarant'anni è stata accanto a Mike Bongiorno, realizzando il suo sogno di creare una famiglia felice... Valentina Romani: Sicuramente il racconto di questo amore che esiste perché è destinato ad esistere, è una cosa straordinaria. Soprattutto se penso oggi quanto facciamo fatica a renderci accoglienti a ciò che la vita ci propone. Quello che mi ha colpito è stato proprio questo un amore nato con gentilezza, ma così intenso, molto profondo, tanto da far diventare l'uno il punto di riferimento dell'altra e per sempre, qualcosa che solitamente siamo abituati a sentire solo nelle favole. Quando questo accade nella vita reale è un qualcosa di estremamente prezioso, da custodire con amore. Cosa rimane dell’Allegria così amata da Mike? Giuseppe Bonito: Il paradosso è che nel nostro racconto questa è una parola che non verrà pronunciata da Mike, ma dal giornalista Sebastiano Sampieri (un personaggio che non è esistito realmente), l’uomo che conduce questa sorta di intervista-seduta psicanalitica che accompagna le vicende umane e professionali del nostro protagonista. Il senso di tutta la nostra storia sta proprio nel discorso finale del personaggio interpretato da Paolo Pierobon, che incarnano ciò che Daniela (Zuccoli, moglie di Mike) mi ha raccontato privatamente. In queste parole è custodita l’eredità di Mike Bongiorno, e spero che lo spettatore abbia voglia di arrivare in fondo alla serie per capire.