Onorevole Spettro. Onorevoli colleghi e Pigmenti. Ministri dell'Iride. Non voglio tediarvi con lunghi preamboli. In quanto Giallognolo di Cadmio, tutti mi conoscono: appartengo a una gamma di alto lignaggio, affidabile e solida. Abbiamo con i complementari rapporti diplomatici consolidati. Vantiamo conoscenze nell'iride a tutte le sfumature. Sappiamo essere trasparenti, fuggiamo le zone d'ombra o altre ambigue opacità. Abbiamo Oro nelle nostre insegne e, nelle tinte più tenui, i candori del manto del pulcino.
Ora...
Nelle arringhe che mi hanno preceduto, Messer Cobalto ha dichiarato di non essersi stupito quando è stato chiamato quale antagonista del Rosso. E, in effetti, sono millenni che i Furori dei Rossi combattono con gli Uranici Abissi ai confini del Viola. Per carità! Non voglio qui provocar nessuno, ma ancora non si è deciso - mi pare - se nel violetto abbondi il rosso o prevalga il blu e, a noi che assistiamo da fuori, vien da domandarsi se le due forze, tutto sommato, non si equivalgano...
E qui io vi domando: ha forse ragione il detto? Ha ragione il detto, quando proclama che fra due litiganti il terzo... gode?
No! No! Non mi si interrompa adesso, Messer Rubens! Questo è l'inizio, pretendo attenzione!
Onorevole Spettro. Onorevoli colleghi e Pigmenti. Ministri dell'Iride.
Quando andremo a forgiare quel sacro testo in cui ciascuna nostra casata apparirà in capitolo e i capitoli avranno un ordine; quando, finalmente, nell'indice sarà stabilito il nome del primo colore e con esso il peso della sua nobiltà... Voi, voi!... Penserete a quello che oggi, io, Messer Giallognolo di Cadmio, sto per cantarvi.
Che ridano pure di cuore quei baldi Arancionicci... ma prego... continuate, continuate pure... E che il riso abbondi sulla bocca degli stolti! Torniamo a noi.
Udite le mozioni di Messer Rubens, pesate le istanze di Messer Cobalto, dunque, lasciate a me, alla mia casata, quali operai della luce, chiarire le vostre idee. Portarvi verità. Dipanare le incertezze. In altri termini... illuminarvi!
Voi scuserete se in quest'aulica sala ove un eco lontano celebra le nostre voci, ove fregi e decori rammentano la storia e il prestigio della nostra lega... ove si svolge codesta battaglia di parole, coloriture ed enfasi... Ove un giorno sarà stilato il sacro verdetto a tutti noto come Trattato di semiologia della tinta... Dicevo... ...scuserete se in questa sala il sottoscritto, oltre che parole, condurrà fatti.
Fatti che determineranno una volta per tutte la supremazia dei gialli acidi che notoriamente sono della mia tinta! E, della gialla paglia, l'autorevole fragranza!
Fatti che decideranno come Algidi frutti di limone, del Cromo, di quel di Marte e di Isabella, saranno nomi che verranno utilizzati come titoli nobiliari da attribuire AI PRIMI, ai colori per eccellenza di cui la mia casata del giallissimo giallo, porta pigmenti e onori. Quella stirpe che sarà al fine designata come la prima e di principio sarà tinta e così investita in eterno.
Aprite dunque l'immensa porta di questo emiciclo che ci raccoglie! Aprite! Coraggio! E lasciateli entrare... Lasciate che vengano a noi come pensieri nuovi, come i primi giorni di primavera, come sguardi inattesi. E fate tacere quei pallidi riflessi dei Viola, accidenti! Muti, ora, per l'ascolto! MUTI HO DETTO!
Non sentite? Non sentite davvero un lieve scalpiccio farsi da presso? Tendetevi dunque e mostrate lo smalto! Ora gli zoccoli sfiorano lievi il sagrato e le ampie criniere fluttuano al vento. Ora vedete! Ora ascoltate l'eco del trotto fra i vostri banchi, ora avvertite il calore del Primo che marcia fra gli scranni, del Secondo che appare veloce e gradito come lo stupore. Del Terzo che zampilla scintille a ogni nitrito... E cosa dire del Quarto, furioso e imbizzarrito, galoppatore del vento le cui ali bruciano ossigeno e s'inventano fiamme!
Eccoli! Ora li vedete! Badate di non avvicinarvi troppo, poiché, signori, lo sapete: la luce non si doma!
Signori, io qui vi presento, qui vi annuncio... I quattro cavalli del sole! Pyros l'infuocato! Eoos il sorgente! Ethon lo scintillante! E, infine, Phlegon il fiammeggiante!!! Così narra la storia di Grecia. Dove la piccola e minuta Eos, l'esile fanciulla dal manto zafferano, sempre proveniente da Oriente, sempre impalabile ed effimera, sempre veloce e passata, interpreta la sua parte: l'Aurora. Oh si, lei! Colei che emerge dalla notte dei tempi per annunciare l'arrivo del Dio. Del giovin fratello. Del giallo, del bello! Il Dio dalla chioma d'oro, quell'Elio la cui bellezza acceca: il giallo sole. Il fante. Il giovane sulla biga, il ministro della luce. Il dispensatore del giallo e dell'oro che ci circonda. E così, egli arriva.
Lasciate andare quelle bestie! Lasciate che segnino la via! Lasciate che ci illuminino la strada! Lasciate che accendano le vostre menti e le stelle!
Cosa, dopo tanto furore, posso aggiungere per convincervi che giallo, giallo sarà il principio? Giallo, il primo capitolo! Gialli, i capoversi e le rime, gialla la prosa, l'intestazione. Non Rosso dunque, né Blu, ma Giallo!
Quel cromatico dominio che si estende dai deserti ai campi di paglia, dalle nuche giovani e bionde, ai riccioli, ai fili brillantemente d'oro. Dal manto del leone al profilo della luna. Dalle stelle, alle interminabili regioni dell'ocra.
Quel pigmento che si mesce con le terre argillose. Ocre! Care ai pittori, poiché legano con ogni colore e a ogni colore danno stabilità. Giallissimi saranno i nostri discendenti! E, quando il tempo, il vento e l'evento ci raffina, ci distribuiamo nobili in gialli diversi: di Cromo, di Cadmio, di Cobalto, di Zinco, financo di Marte e di Napoli. E ancora, per finire: nel distante ma caldo indiano o nelle lacca gialla o in stille di grano.
Possiamo giocare col fuoco, la fiamma e il resto, allora siamo dette le Ocre Bruciate, ma l'impiego è il medesimo, il peso lo stesso. Giallo, sì, giallo e dolce come il miele. Sì, dolce! Posato sulle labbra umide, umido anch'esso, irresistibile, inevitabile, indescrivibile miele!
Giallo, naturalmente, il padre dell'oro!
L'inalienabile parentela che ha decorato le città del mondo. Ornatrice di Obelischi! Ornatrice di Santuari! Di scintille e di luce!
Quel giallo che, misterioso, sboccia dai fiori del cotone. Che cresce e tinge dalle bucce di cipolla. Che colora e macchia dalle bucce di melograno e di cui, nell'antico Egitto, scopersero l'arcano.
E or dico ai Porpora, preda della furia... Non insistete! Non vi provate! State urlando al cospetto dei Principi del Pallore a cui le vostre grida appaiono quel che sono: pallide scuse.
Cosa? Ancora Roma? Ancora Roma e le sue porpore imperiali?
No che non mi taccio e vi dico: alzate le vostre pretese signori! Alzatele!
Poiché le nostre ragioni si distendono sulle ali del tempo che non aspetta, che passa, che non ritorna, ma... che talvolta si siede, per i più fortunati, per audaci imprese. Così i minuti scorrono lenti, il tempo si ferma e i momenti fanno festa! E allora diventan d'oro i sedili delle ore... e lo diventan davvero, così come decreta e narra, nel suo cantar di Odisseo, il poeta Omero.
Ma forse voi non mi capite, perché vedo che ancora vi arrabattate. Voi ancora rammentate l'ardente forza e ve ne fate impressionare. Voi ammirate la purpurea spinta di cui vestivano gli Aiaci.
Io, allora, vi rammenterò la fulgida armatura d'oro giallo della seducente Atena. Oh, donna scintillante! Oh, donna e Dea delle faville!
Non vi basta? Il prestigio è poco? Davvero osate questo?
Dunque, voi l'avete voluto! Possa Zeus piovervi in testa! Possa Zeus bagnarvi le membra! Possa Zeus inumidirvi le labbra, lavare le vostre frasi inette con quella pioggia d'oro in cui egli spesso si trasforma per brama, per smania di carezze e di fecondità.
Capite cosa intendo? Roma - Olimpo: un bel salto!
L'Olimpo, là dove gli dei siedono intorno a Zeus nella fulgida sala, su un pavimento giallo oro. Fin là, certo, dove forse è arrivato financo Achille con il suo cavallo Anzòs, il cui nome adesso vi traduco: è giallo, invero, il suo significato.
Cosa vogliono discutere quei Verdi sgargianti? Di cosa riluccicano le loro rabbie?
Forse perché proveniamo da Delfi, città armata d'oro, o da Olimpia, città ancor più di esso farcita?
Forse perché si dice che è AURA la chioma d'Apollo?
O per quel che di Giallo Euripide disse? "Esso porta in sé la luce divina della chiarezza di Zeus."
O si, Messer Cobalto di Cyanos, ho ascoltato la vostra arringa, le vostre istanze turchine i vostri lividi argomenti e le cerulee conclusioni. E' vero: "In principio Dio creò il cielo." Questo sì, è stato scritto. L'azzurro manufatto, il mantello turchino, lo schermo dove s'incontrano i giorni... Poetico e profondo, come sappiamo essere l'abissale blu.
Ma il quarto giorno Dio disse anche: 'Ci siano luci nel firmamento del cielo, per distinguere il giorno dalla notte; servano da segni per le stagioni, per i giorni e per gli annie servano da luci nel firmamento del cielo per illuminare la terra...' Comprende il Blu la supremazia? Concede ai gialli scintillanti il debito peso?
Poiché dell'azzurro manufatto noi siamo i segni, i dorati utensili che segnano, scandiscono, dipanano e mostrano la vita.
E così Dio, che ogni cosa sa e ogni comprende: '... fece due luci grandi, la luce maggiore per regolare il giorno e la luce minore per regolare la notte e le stelle. Dio le pose nel firmamento per illuminare la terra e per regolare giorno e notte e per separare la luce dalle tenebre. E Dio vide che era cosa buona. E fu sera e fu mattina.' [Genesi I 14 -19]
Così si arrendano gli Uranici impeti e attestino che del turchino mantello noi siamo il luminoso ricamo.
Ma dai suoi scranni torna alla carica Messer Rubens, io lo vedo dimenarsi rosso di rabbia e fulvo d'orgoglio. Egli ci chiede... ci chiede - se mi lascia parlare - ci chiede del colore della pietra filosofale. E ci dice che a tutti è noto il suo colore. Rossa, pertanto, si acclama quella pietra. La pietra cara ai filosofi, venerata dagli occulti, chimera vagheggiata dagli alchimisti.
E chi lo nega? Forse qualcuno della mia stirpe ha contraddetto? No, ne sono sicuro! No, e ve lo urlo senza per questo temer lo spergiuro. E dico ai miei: non ve la prendete! In fondo, noi della casata dei Giallognoli di Cadmio, dobbiamo essere grati a messer Rubens per questa domanda. Ella ci permette di spiegare il senso di questa nostra logomachia.
Ma, allora, vi dirò - e prendetela pure come metafora se volete - che la pietra, quella pietra, ha come padre il sole. Il sole alchemico da cui essa ha inizio.
Questo, per dimostravi che non è affatto rosso il principio, poiché il sole alchemico nasce come un sole nero.
Bene, bene: vedo che dalle parti delle Ombre si applaude e si da conferma...
Quel sole, dunque, più scuro del nero, indica il caos della materia. L'incolto. L'impasto primitivo, ovvio, essenziale. Arriva a noi come sostanza inerme. Arriva a noi come il caos da raffinare.
Ma poi, quella materia estratta e purificata risorge! Il risultato di tanta resurrezione è un sole d'oro, che giace sull'incudine del fabbro eterno. Indice di Purezza. Senza punto, senza segno, senza macchia e senza colpa. Lì giace e si accalora, si trasforma e si colora.
Quindi, ancora muta, si contorce alle temperature dell'inferno. E allora sorge ancora, sorge sotto le spoglie di un sole rosso! E quella, allora diviene materia! Quella è la pasta, quella è la cera a cui mani segrete strappano il minerale di saggezza, la preziosa pietra nella sua interezza.
Ma questi sono i passaggi. Non v'è altra via, signori, non v'è altra spiegazione. Il nero deve purificarsi nell'oro, il rosso dall'oro risorge: questa è la storia della lega! E, dunque, se il principio ha delle smanie siate cortesi: tingetele di giallo! Ora guardate le mie mani: fra le mie mani, una sfera. La sfera di Apollonio di Rodio, dono per Eros. Questi i giochi dorati degli dei, forgiati dal caloroso Efesto nel cuore del fuoco. E, dunque, non erano blu i balocchi degli dei, né rossi, né verdi, né di altri colori! Come dite, laggiù? Ma certamente! Veniamo all'oggi! Pensate davvero, Pallidi rosa, che dopo avere illuminato un nuovo giorno, ci metta paura il suo contorno? Davvero? Noi? Paura del futuro? Ma va là! Abbiamo mille sfumature nelle nostre riserve, colori acidi di tutte le gamme e giallo quotidiano da spandere nel mondo! Vediamo dunque qualche esempio:
Un esempio Giallo. Colore che gli animali conoscono bene; per loro, infatti, segnala l'allerta e, di conseguenza, l'eterno oblio. Già, il Giallo che, se associato al nero fra le ali di un insetto o nel profondo degli abissi, segnala alla comunità oscure vibrazioni: pratiche di veleno, di dolorose punture e efferati pungiglioni! Giallo che dal 1929 si offre in una lettura rara, avvincente, furba, sempre in bilico e incerta sul crinale dalla paura: il giallo nella sua pratica sinistra, nella sua lettura scura. E poi, non è forse giallo il taxi su cui viaggiate? Sì lo è! Lo è per merito di sir Harry N. Allen, baldo e intraprendente tassista di New York che aveva imparato come fosse più evidente il giallo da lontano! E non è forse il giallo di un semaforo che vi avverte quando le cose stanno per cambiare? Ma badate, Giallo è anche il colore del livore: rammentatevene! E Luridus, ovvero giallognolo, in latino, il colore della bile!
Ricordatevene quando giudicherete la stirpe d'oro! E, a dispetto vostro, chi siamo noi lo sapevano bene gli imperatori romani che, per rendersi divini, d'oro spolveravano barbe e baffi e nuche imperiali. Ah no? Come osano contraddirmi quei Turchesi? Non facevano forse così i nobili Severi e gli Antonini?
Ma se volete tracce più recenti, volgete pure lo sguardo alle chimiche istanze. Quelle che parlando di noi raccontano di un metallo nobile, inossidabile, inimitabile. Nulla teme la nostra lega! Né l'atmosfera, né il calore e nessun gelo della sera!
Oh, Giasone, Giasone, non è bastata la tua avventura! Ignote e disperse le imprese degli Argivi! Sconosciuto e smarrito è il prezzo a costoro, dell'ambito e bramato vello d'oro! Voi, voi volete ignorare il nostro peso! Eppure l'uomo dimentica, uccide, smarrisce per nostra brama! Ben lo sapeva Aronne quando sciolse d'Israele le gioie, i ricordi, i pendenti e, ricevuto quell'oro dalle loro mani, dalle loro teste, financo dalle loro caviglie, lo calò in uno stampo facendone un vitello di metallo fuso, lasciando al fin quel popolo privo di briglie. Tutti lo ammirarono e tutti lo adorarono. Il vitello splendeva meravigliosamente d'oro, inutilmente divino. Israele lo ammirava lasciandosi confondere da quel brillantissimo così vicino. Eppure, potere del giallo, erano solo fatui riflessi miele, impercettibili scintille d'oro a farla uscire di senno, povera Israele... Questo per dirvi come, in un momento, possa dare alla testa il bel pigmento. Noi possiamo indicare il pericolo e, nel pericolo, lasciar cadere! Come quella bandiera gialla delle navi malate che segnalava le piagose epidemie diffuse dall'estate.
Onorevole Spettro. Onorevoli colleghi e Pigmenti. Ministri dell'Iride. Questa è la genesi della materia cromatica, questa è la casata dell'attrazione. Quella di cui mi onoro. Questa che vi ho svelato, infine, è l'unica via, la via dell'ORO!
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