Francesco nacque ad Assisi nel 1182 e vi morì nel 1226.
Figlio del mercante Pietro di Bernardone, nella prima parte della sua vita visse nell'agio.
Permettersi l'equipaggiamento degno di un cavaliere era assai costoso anche per una famiglia benestante come la sua, ma Francesco aspirava ardentemente alla conquista di simili insegne.
Siccome era figlio di un commerciante, oltre che pagarle di tasca propria doveva guadagnarsele.
Doveva, cioè, entrare a far parte della buona società.
Probabilmente finanziò molte feste cui partecipava la migliore gioventù assisana che gli permisero di stringere amicizie importanti.
In queste feste si eleggeva un re per una notte, il cosiddetto rex iuvenum.
Questi, più che di un re, assumeva le caratteristiche di un giullare e intratteneva gli ospiti con canti, giullarate, scherzi e giochi.
Dalle testimonianze dell'epoca pare che Francesco fosse molto bravo a interpretare il ruolo del re.
Sovente, in queste riunioni, veniva fatto uso del centunculus, una veste tipica dei giullari.
Come abbiamo detto, la maggior parte di coloro che potevano aspirare alla categoria di cavalieri erano ragazzi di buona famiglia e venivano definiti gli iuvenes.
Gli iuvenes erano coloro che avevano appena ricevuto le insegne di cavaliere, che avevano aspirazioni avventurose e che partivano per qualche guerra o per la ventura.
Gli iuvenes si riunivano in brigate e scorrazzavano per le città comunali sfidandosi a duello e immaginando le gesta dei paladini di Carlo Magno.
Francesco sognò tutto questo nella prima parte della sua esistenza.
Nel 1202 Perugia e Assisi entrarono in guerra e Francesco andò a combattere per la sua città.
Presto fu fatto prigioniero e durante la reclusione patì moltissimo.
Nel 1203 fu firmata la pace e quindi poté tornare a casa, ma si ammalò gravemente.
Fra miglioramenti e ricadute la sua malattia durò un anno.
Il cavaliere Gualtiero di Brienne cercava soldati e nobili guerrieri da arruolare per una santa crociata nella profonda Puglia per conto di papa Innocenzo III.
Francesco, entusiasta, si arruolò.
Il viaggio era lungo e all'altezza della città di Spoleto la febbre tornò a tormentarlo.
Inoltre la sua coscienza lo spinse a tornare sui suoi passi.
Nel 1206 Francesco decise di allontanarsi definitivamente dalla vita mondana e militare e di rinunciare per sempre ai suoi averi e ai suoi affetti per dedicarsi ai poveri e ai lebbrosi.
Invocava Sorella Povertà e ai suoi seguaci predicava:
"Osservate gli uccelli dell'aria, i quali non seminano, né mietono, né raccolgono in granai: eppure il nostro Padre celeste li nutre."
Nella chiesa di S. Damiano fondò la comunità dei frati Francescani ai quali assegnò la regola, meglio nota come Regola bollata, nella quale venivano sancite le norme che avrebbero guidato l'ordine.
Una vita condotta in assoluta povertà e la predicazione itinerante dei valori etici cristiani erano le linee guida tracciate dal Santo per la sua congregazione.
La Regola bollata fu approvata da Onorio III nel 1223.
Nel 1219 Francesco si recò in oriente come messaggero di pace, proprio mentre le crociate erano al loro culmine.
Morì nella sua città sette anni più tardi, la notte del 3 ottobre 1226.
In una lettera a una Dama del tempo, Donna Jacopa, che lo accudiva e lo aiutava, scrisse le sue ultime parole con la semplicità e la dolcezza che lo contraddistinguono:
"A donna Jacopa, serva dell'Altissimo, frate Francesco poverello del Cristo augura salute nel Signore e la comunione dello Spirito Santo.
Sappi, carissima, che Cristo benedetto mi ha rivelato per Sua grazia che la fine della mia vita è oramai prossima.
Perciò, se vuoi trovarmi, vivo, vista questa lettera, affrettati a venire a Santa Maria degli Angeli, poiché se non verrai prima di tale giorno non potrai trovarmi vivo.
E porta con te un panno di cilicio in cui tu possa avvolgere il mio corpo e la cera per la sepoltura.
Ti prego ancora di portarmi quei dolci che eri solita darmi quando mi trovavo ammalato a Roma."
(Fonti Francescane, Editio minor, Assisi 1986)
Insieme a S. Caterina da Siena, S. Francesco è patrono d'Italia.
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