Quando il vento portava l'odore di zolfo dentro la tana, la nonna Bula diceva che la stagione delle piogge era alle porte.
Era l'eco odorosa del vulcano e il nostro villaggio era nella sua scia.
Le scimmie anziane parlavano del territorio dei vulcani, a Sud-Ovest da noi, come di un luogo pericoloso: perciò era un luogo proibito, interdetto dalla nostra legge.
Per me, timoroso come sono, era assai facile ubbidire: quel luogo non l'avrei visitato nemmeno in sogno, perché si diceva che l'aria mefitica dei vulcani potesse ammalare, o peggio stregare.
Le rare scimmie che avevano avuto il coraggio di trasgredire al divieto non erano tornate a casa.
Io sono sempre stato pauroso in tutto... anche un rombo di tuono improvviso può farmi sobbalzare!
Tant'è che quell'odorino acre di zolfo non mi suscitava la voglia di avventura, semmai solo un certo languore di stomaco.
Sono un validissimo cercatore di bacche, frutti e radici commestibili che reperivo esplorando il territorio, rigorosamente nella direzione opposta ai vulcani.
Sono una giovane scimmia timorosa e rispettosa delle leggi del clan.
Nonna Bula era un'autorità riconosciuta da tutti, infatti erano in vigore molte delle sue leggi.
Ad esempio, la regola alimentare per i giovani maschi: per ogni tre bocconi mangiati, il quarto era destinato al gruppo e doveva essere riservato alle femmine anziane e alle scimmie partorienti.
Sicché andavo e venivo di tre per tre e portavo a casa ghiande, germogli e bacche saporite.
"Paki!", diceva la nonna, "Sei un bravo ragazzo e la Grande Aplorrina, che tutto muove, ti ricompenserà!"
La nonna era ligia alle tradizioni e io andavo d'accordo con lei perché non ero un tipo rivoluzionario.
Sapevo che il potere nella nostra specie è delle femmine e come tale lo accettavo.
Presso di noi, gli Adapidi, vigeva una società matriarcale: le scimmie femmine avevano muscoli più forti ed erano più agili a muoversi sugli alberi, badavano ai cuccioli e sceglievano i maschi.
Il carisma glielo avevano dato i nostri antenati, gli Aplorrini, perché avevano tramandato i segreti della specie alle femmine-capo che li custodivano di generazione in generazione... sin dalla notte tempi!
Il gruppo, noi comuni mortali, non conosceva le origini...
Secondo il vostro calendario geologico, 60 milioni di anni fa comparvero i nostri avi.
Dopo di questi, qualche milione di anni più tardi, arrivò la stirpe degli Adapidi. La mia.
Le storie del passato mi piacevano, ma ben poche volte ero riuscito a strappare alla nonna qualche racconto.
Nonna Bula era sempre in movimento e diceva che non c'era tempo per le chiacchiere.
Aveva costruito la nostra tana su un albero altissimo, che risaliva agilmente fino alla cima.
Da lassù tutti i giorni controllava il territorio, annusava l'aria per capire se vi fosse odore di qualche pericolo imminente.
Poi scendeva per auscultare il suolo, porgendo l'orecchio alla terra, e risaliva di corsa per riferire alle altre autorevoli scimmie del Consiglio di Governo nella consueta riunione quotidiana.
Io abitavo con la nonna mentre mio fratello Pakino, più giovane di me, era stato affidato alla zia dopo la scomparsa della mamma, inghiottita dalle sabbie mobili.
"Tua madre era una scimmia distratta", diceva la nonna, "distratta e pigra: anziché cercare i frutti sugli alberi preferiva scendere quando li sentiva cadere dai rami... E questa è stata la ragione della sua fine."
Compresi la lezione e sviluppai un mio protocollo di sicurezza per scendere dagli alberi e spostarmi liberamente in terra.
E' un metodo semplice e l'ho spiegato anche a Pakino: butti giù con forza una pigna, nel punto esatto dove vuoi atterrare.
Se va tutto bene, cioè se la pigna non viene risucchiata dal suolo, ne lanci altre nella direzione dei passi che intendi fare e stai a guardare che succede.
Solo dopo questa verifica ti cali giù dalla liana con altre munizioni che lanci sempre avanti a te.
La nonna era molto coraggiosa a scendere tutti i giorni per ispezionare il terreno.
Io invece mi calavo giù solo per strette necessità alimentari, in particolare quando le femmine ordinavano insetti per cena.
Un certo giorno della stagione delle piogge, quando l'olezzo vulcanico era ormai stato lavato via dall'acqua caduta, mi aggiravo alla ricerca di cibo.
Non era facile trovare frutti maturi sugli alberi, perché gli abbondanti scrosci di pioggia li avevano fatti cadere.
Non era tempo di germogli né di foglie succose ma solo di arbusti spinosi, gli unici resistenti alle intemperie, che non eran granché nutrienti.
Purtroppo non c'era dubbio, mi sarei dovuto spingere in una raccolta pedestre.
Con la solita circospezione, mi calai giù in un momento in cui le cateratte del cielo non erano aperte.
Lanciai dall'alto una pigna che finì in una grande pozzanghera e li restò, segno che quel punto non nascondeva alcuna insidia.
Atterrai proprio a pelo d'acqua e le mie zampe pelose ne trassero un certo giovamento.
Mi misi subito alla ricerca di qualche sasso da tirare sul terreno per verificare la sicurezza del mio percorso e scongiurare il pericolo delle sabbie mobili.
Splash, suono di traiettoria innocua... poi altro lancio... altro splash e un altro ancora.
Andavo tranquillo con il naso sul terreno frugando fra gli arbusti più bassi.
Non c'era molto da raccogliere e passava parecchio tempo prima di completare il ciclo dei tre bocconi più uno.
Non so dire a quale punto io fossi quando, all'ennesimo lancio di pietra, accadde qualcosa di inaspettato.
Lo splash nella pozzanghera fu un tonfo regolare, nel senso che la pietra non venne risucchiata.
Ma poi vi fu un moto contrario...
Che dire?
Forse uno sguish, uno sgusciar fuori dall'acqua.
Come se la pietra che avevo lanciato fosse stata sputata fuori.
Non vedevo bene ma avevo un olfatto acuto, come tutti gli esemplari della mia specie.
Mi spaventai da morire e attesi un momento prima di avvicinarmi.
L'aria era ferma e il caldo umido esasperante.
Arrivai al bordo della pozzanghera.
Forse un animale... poteva essere stato questo a emergere dall'acqua?
Non sentivo alcun odore e non udivo movimenti.
Cercai di concentrarmi il più possibile sulla scena.
La pietra che avevo lanciato era al centro della pozza.
Non capivo cosa stesse succedendo.
Mi mossi di scatto per paura di qualcosa che potesse sopraggiungere alle mie spalle.
E nel movimento istantaneo, finii catapultato in terra.
Ero inciampato in qualcosa.
Mi risollevai a fatica e sentii sotto i piedi quel qualcosa su cui ero inciampato.
Non riuscivo a capire... ma doveva essere collegato allo sguish proveniente dall'acqua... infatti era una cosa bagnata.
Ma cos'era?
Con circospezione, allungai una zampa per toccarla, ma subito la ritrassi.
Non mordeva.
Mi feci coraggio e provai nuovamente, prolungandone il tocco.
Sembrava in effetti un oggetto innocuo.
Non sapevo se fosse commestibile o meno e nel dubbio pensai fosse opportuno portarlo via.
Dovevo mostrarlo alla nonna.
Con due zampe provai a sollevare la cosa ma era impossibile, anche perché per buona parte era ancora sommersa.
Puntai a terra le zampe posteriori per esercitare la massima leva, ma era troppo pesante per me.
Tentai ancora ma invano... era chiaro che non avrei mai potuto trasportarla fin sulla tana.
Dovevo escogitare qualcosa.
La nonna diceva sempre che se un problema ti pare insolubile, è segno che va rovesciato il ragionamento.
Certe scimmie provano il metodo pensare-a-testa-in-giù, ma non capiscono che così il ragionamento non si rovescia.
All'improvviso mi parve lampante che se non era possibile alzare dal basso verso l'alto la cosa sgusciata dall'acqua, allora avrebbe giovato cercare una soluzione dall'alto verso il basso.
Insomma uno stratagemma calato dal cielo.
E vi giuro che feci questo pensiero rovesciato stando con le zampe ben piantate in terra.
Allora cercai delle liane sufficientemente lunghe da poter imbrigliare l'oggetto ignoto, che al tatto aveva una superficie oblunga, ruvida e tondeggiante alle estremità.
Girai e rigirai le fibre vegetali costruendo una gabbia attorno alla cosa e quando finii il lavoro presi una liana rimasta libera e tornai su.
Saltai per tutti i rami chiamando a gran voce la nonna.
"Paki!", rispose la nonna Bula in modo perentorio, "Non berciare ché non sei una bertuccia!"
"Mi serve il tuo aiuto!
Dobbiamo chiedere alla squadra operaia di tirare su un carico pesante."
"Hai fatto buona caccia, figliolo?"
"Non lo so, nonna... ho catturato un oggetto misterioso che devo mostrarti", risposi io risoluto.
"E va bene, ma devi dirmi tu quante braccia ti servono."
"Tutte!"
"Ma come tutte, che significa?"
"Significa che è una cosa gigantesca."
Senza chiedermi altro la nonna chiamò all'appello tutto il clan.
Soffiò tre volte in un corno e tutti accosero.
"Bada, Paki, che stiamo chiamando a raccolta proprio tutti.
Se ti sei sbagliato e il carico non è eccezionale come dici, verrai punito.
Abbiamo una legge anche per questo."
Alle volte la nonna era esasperante con tutti i suoi regolamenti.
"Sono certo di quello che dico!"
Nonna Bula mi guardò piuttosto sorpresa.
Non mi credeva così risoluto nel mio giudizio.
Pakino arrivò tutto baldanzoso, correva prima degli altri e io lo accolsi col petto gonfio.
"Uahuuu fratello!
Ti vedo in gran forma!!!
Sai niente di quest'adunata generale?
La nonna ha promulgato una nuova legge?!??
Ne sai niente tu...?"
"Naaa fratello, sei fuori pista!"
"Allora sai qualcosa?
Vuota il sacco...!!!!"
"Bravo si tratta proprio di un sacco... cioè di un carico pesante... ho trovato una cosa misteriosa che occorre scarrucolare e servono tante braccia."
"Pakino mi mostrò il muscolo della sua zampa anteriore destra."
"Tocca ferro fratè!"
"Ferro?
Ma sei sicuro?
Non siamo mica nell'Era giusta!!!!"
E ridemmo entrambi, ma non ero certo che mio fratello avesse colto la battuta!
La squadra operaia issò il paranco collegato alla liana che avevo utilizzato per imbragare la cosa.
Vennero portati anche i tamburi che servivano per battere il tempo, e cioè per ritmare le bracciate che avrebbero tirato su la liana.
Quando tutto fu pronto, la nonna si mise al posto di comando.
"Al mio via, scatenatevi al massimo!"
Detto questo i tamburi rullarono e la nonna iniziò a oscillare.
Tutti noi gridavamo:
"Issaaa ohhh issaaaa!!!!!"
Pakino e tutti gli altri piccoli erano esentati dal partecipare attivamente e cercavano di sporgersi per veder salire l'oggetto sconosciuto... ma alcune mamme erano pronte dietro di loro a mollare qualche ceffone, per paura che potessero precipitare.
Pakino era invece libero e incustodito proprio nell'attimo in cui fece un passo di troppo...
Allora mi lanciai come su una catapulta afferrando una liana e lo recuperai al volo.
Ma risalire la pertica con il peso di Pakino non era facile, sicché... sempre evitando di pensare rovesciato a testa in giù... trovai un'alternativa: l'ascensore!
Cioè, salii con mio fratello aggrappato alla schiena sulla sommità della fantomatica cosa che, grazie allo sforzo collettivo della squadra operaia, poco a poco guadagnava quota.
I cuccioli rimasero estasiati nel vederci arrivare in quel modo e Pakino diventò immediatamente un eroe.
Ma il Consiglio della Anziane non apprezzò la nostra impresa.
Ci avrebbero volentieri puniti subito se non fosse stato per quell'oggetto che, una volta arrivato a destinazione, aveva catalizzato su di sé l'attenzione generale.
Appena saltati giù, Pakino corse via dai suoi amici mentre io rimasi a vedere la scena...
Chi si batteva sul petto, chi ululava, chi si prostrava, chi annusava ripetutamente l'aria... e chi si metteva a testa in giù, chiaramente cercando di capire...
Ma poi le anziare del Governo urlarono:
"Sacrilegio... Spettro malefico!"
Questa reazione del Governo scatenò uno scompiglio generale.
Alla fine nessuno capì quel che stava accadendo e preferirono tutti fuggire per mettersi al riparo.
Restammo solamente in pochi: la nonna, io e la squadra operaia, sfinita, che aveva capito ancor meno degli altri.
"Bene, ragazzi, smontate pure il paranco, vi siete guadagnati la cena!", disse la nonna rivolgendosi con fermezza alle scimmie affaticate.
L'oggetto misterioso venne depositato fra due robusti rami.
Quando io e la nonna rimanemmo soli, mi feci coraggio e parlai:
"Nonna Bula, io l'ho trovato e merito delle spiegazioni.
Voglio sapere che cos'è e perché le scimmie anziane si sono tanto spaventate.
Dopo un lungo silenzio la nonna rispose:
"Avvicinati, figliolo, e annusa...
Cosa senti?"
Mi avvicinai, ma non percepivo alcun odore.
"Non avere paura", disse la nonna, "non può farti nulla!"
Allora ci misi il naso proprio sopra e mi accorsi di qualcosa.
Era un odore stranissimo, sottile ma con una sfumatura intensa dalla nota decisamente dolciastra.
"Cos'è?"
"E' l'odore del Tempo", rispose la nonna.
"Il Tempo ha un odore?"
"Certamente!
E' una delle sue dimensioni!"
"Quindi, questa cosa è il Tempo?"
La nonna sorrise.
Pensai di aver fatto una domanda ingenua e, a giudicare dalla sua risposta, lo era.
"Non in senso assoluto... ma solo relativo. Il profilo del Tempo siamo noi così come questa cosa. Siamo noi a delimitarlo, perché in se stesso non esiste... e l'oggetto che hai rinvenuto ha un odore molto, molto antico."
"Ma allora cos'è?", dissi quasi piagnucolando.
Mi stava scoppiando un feroce mal di testa perché il mistero era troppo grande per la mia testa.
"E' un osso."
"Ossooooo??!!
Così grandeee?!
Un osso della grande Aplorrina??!!"
"Non dire sciocchezze blasfeme!", disse la nonna.
"E' allora spiegati!
Io sono lo scopritore e anche se sono giovane e maschio, ho il diritto di sapere!"
Era la prima volta che mi ribellavo, tuttavia Nonna Bula reagì bene: era autoritaria ma giusta.
Rimuginò fra sé e sé tutte le leggi del clan e infine stabilì che in effetti potevo essere ammesso alla conoscenza di una delle verità segrete, visto il mio ruolo di scopritore.
"E' un osso di un animale estinto molti milioni di anni fa.
Mi spiego: molti milioni di anni fa la Terra era tutta unita e si chiamava Pangea.
Poi si spezzò per via dei movimenti tellurici e si staccarono i continenti.
Dalle prime spaccature di Pangea si determinarono le grandi aeree della Laurasia e di Gondwana.
Poi si separarono altre estese porzioni di territori.
Qui, prima della venuta delle nostre specie, correvano animali imponenti che dominavano il pianeta.
Erano i dinosauri che vissero fino alla fine del Cretaceo."
"Creta... che??"
"Ora ti spiego il termine... ma prima fammi finire il discorso."
"La scomparsa di questi giganti è molto misteriosa.
Una teoria ritiene che alla fine del Cretaceo vi fu un cataclisma astronomico.
Un meteorite enorme cadde sulla Terra, lasciando un cratere di 12 chilometri e provocando uno tsunami planetario.
Per molti anni la Terra fu coperta dalla polvere che modificò completamente il clima rendendolo invivibile per i dinosauri, che così si estinsero.
Tu hai ritrovato un osso di uno degli antichi abitanti del nostro territorio."
"Questa storia è stupefacente!", dissi con slancio.
"E' Preistoria, caro mio, che ti fa capire come in una manciata di milioni di anni la vita muti!"
"Vuoi dire che tra qualche milione di anni parleranno di noi come stiamo parlando ora dei dinosauri?"
"E' probabile, caro Paki, come ti ho già detto siamo solo noi i bordi del tempo."
"Quindi esistono molte Preistorie?"
"Se tu calcoli il tempo da un punto di inizio, tutto quel che è accaduto prima è in un certo senso Preistoria.
L'osso di dinosauro che hai rinvenuto ha spaventato le scimmie che temono irragionevolmente un ritorno del passato...
Invece io pianterò in terra quest'osso come se fosse un albero, affinché diventi un monumento del Tempo che fu... a dimostrare che noi conteniamo il tempo: passato, presente e futuro!"
"Vuoi dire che il dinosauro è in noi?"
"In un certo senso sì.
È trasformato... perché se noi esistiamo è solo grazie al fatto che è trascorso un passato."
"Va beh, ma come si chiama il passato?"
La nonna rimase stupita.
"Vuoi sapere proprio tutto, eh?
"Beh, sì... non lo merito forse?"
"Per prima cosa devi interessarti al tempo presente.
Adesso siamo nell'epoca dell'Eocene superiore, che gli umani del XXI secolo collocheranno a 34 milioni di anni prima di loro... mentre i dinosauri appartenevano all'Era Mesozoica, che per il calendario geologico umano iniziò circa 250 milioni di anni prima.
Poi, sul terminare del periodo Cretacico, i dinosauri si estinsero..."
"Mi stai parlando di epoche, ere o periodi?"
"Ottima osservazione, Paki!
Ti sto parlando di tre raggruppamenti temporali diversi... disposti lungo la scala del tempo su cui la nostra specie fonda il sapere... affinché esso venga trasmesso ai posteri più evoluti e sapienti.
Il Governo è impegnato nel designare le origini e nel determinare gli eventi del pianeta, annotandoli nel Registro del Tempo."
"Ma non mi spieghi come funziona questa scala?
E qual è la differenza tra le unità di tempo...?
E la Pangea... a quando risale?"
"Paki, non essere precipitoso!
Ti spiegherò tutto con calma..."
"Come si fa ad andare nella terra di Pangea?"
La nonna rise.
"Nella Pangea del tempo che fu potrai senz'altro andare sulle ali della fantasia... e io ti darò le istruzioni necessarie per visitare i luoghi più incredibili che appartengono alla scala del Tempo.
Beninteso: il disvelamento di questi segreti è previsto dai nostri regolamenti per gli scopritori come te, alla ricerca di nuovi orizzonti."
Mi feci due conti e dopo un po' rabbrividii: avrei veramente avuto il coraggio di cercare nuovi orizzonti?
Io ero la scimmia paurosa di sempre...
Però, rovesciando il dubbio, tutto sommato la nonna aveva ragione.
Sulle ali della fantasia avrei potuto visitare qualunque luogo...
E allora... via libera: all'esplorazione della Preistoria!
Arrivederci alla prossima puntata, dove vi narrerò le mie avventure fantastiche!
|