Il noce e altro

[Racconto di Paola Manoni]

 



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La tradizione popolare è pervasa da racconti magici.
Le regioni d'Italia presentano in questo senso una ricchezza straordinaria poiché traggono molta linfa dalla mitologia classica.
Molte storie sono sovente continuazioni di vicende antiche o rivisitazioni simboliche di significati arcaici.
Le vicende magiche nelle storie popolari si legano con luoghi e natura.
Tipica la magia verde: alberi, fiori e altri riferimenti vegetali implicati nella divinazione, negli incantesimi, nella benefica magia bianca e, molto meno poeticamente, nella malefica nera.
Vi sono alberi storici, vicende millenarie, fiori e frutta a cui pratiche medioevali assegnano virtù stregate.
Un riferimento assai noto dove affondano le radici molte vicende di stregoneria... è il rinomato Noce di Benevento.

Una premessa doverosa concerne il valore simbolico di questo albero e dei suoi frutti... ancor prima di occuparci del famigerato esemplare di Benevento.
Le noci hanno un profondo significato simbolico quali contenitori che in molte favole e leggende racchiudono tesori.
Dunque una noce ha una proprietà difensiva: dalla cattiva sorte o dal malocchio.
In terra pugliese (Otranto) l'usanza popolare vuole che le donne portino in tasca una noce contro le malattie e il malocchio.
Nella tradizione contadina di molte regioni meridionali, il gesto di gettare una noce in terra concorre alla crescita feconda del terreno.
Nel Seicento, una certa scuola di medicina che seguiva la teoria dei segni, credendo che l'analogia di forma potesse avere una qualche influenza sulle cure e terapie, riteneva che la noce avesse proprietà benefiche per la testa e il cervello in quanto a esso lievemente somigliante.
L'involucro esterno del frutto, verde e vellutato, in analogia con il cuoio capelluto;
il guscio duro in analogia con il cranio;
la pellicola interna in analogia con le meningi;
la polpa interna attorcigliata in analogia con la materia cerebrale...

Alla positività della noce non corrisponde, tuttavia, quella del suo albero.
Fonti antiche raccomandano di non sostare troppo a lungo sotto l'ombroso noce.
Secondo Plinio (nella sua Storia naturale) non è mai opportuno addormentarvisi (pena febbri e altri malori).
Plinio descrive il contatto con il noce come negativo tanto per gli esseri umani quanto per altre piante limitrofe.
A onor del vero, è assai noto quanto siano invasive le radici del noce in cui circola peraltro una sostanza amara alcaloide, la iuglandina, che può provocare l'avvelenamento del terreno e la conseguente morte di altre piante.



Frugando nella mitologia classica si scopre che il noce, da un punto di vista simbolico, ha un diretto legame con le divinità femminili.
Eccone il mito di riferimento:

Tutto parte dalla Laconia e dal suo re Dione, il quale aveva sposato Anfitea da cui ebbe tre figlie:
Caria, Orfe e Lico.
Vi fu un giorno in cui passò dalla Laconia Apollo il quale, per ricompensare i sovrani della sontuosa ospitalità ricevuta, offrì dei doni profetici alle tre figlie.
Ma con la promessa di non chiedere mai nulla che potesse riguardare loro né tramare contro gli dei.
Tempo dopo passò in casa loro Dioniso.
Dione accolse con molti onori il suo ospite.
Dioniso si trovava bene in Laconia e prediligeva la compagnia delle tre graziose figlie...
Ma tra lui e Caria vi fu qualcosa di speciale.
Il dio si innamorò perdutamente della ragazza.
Caria lo ricambiò del suo amore.
I due amanti non passarono inosservati.
Caria commise un grande errore: escluse totalmente le sorelle dalla frequentazione di Dioniso.
Le due ragazze erano piuttosto intriganti.
Noncuranti dei divieti, presero a spiare il dio.
Erano rose dall'invidia e dalla gelosia e misero al corrente il padre Dione di quanto stava accadendo.

Dioniso si trovò in una situazione quanto mai imbarazzante.
Andò su tutte le furie e si scagliò contro Orfe e Lico.
Era letteralmente fuori controllo.
La collera del dio provocò la pazzia delle sorelle.
Poi, non ancor pago di vendetta, le trasformò in gelida roccia.
Caria amava profondamente le sue sorelle.
La loro sparizione la depresse al punto da morirne di dolore.
Il dio fu mosso a compassione.
Non poteva risuscitare la sua amata ma solamente trasformarla in un noce dai benefici frutti.

Artemide, sorella di Apollo, annunciò tra i Laconi la morte della principessa Caria.
Sicché quelle genti in onore di Artemide (dea della luna e della caccia) e della figlia di Dione, eressero un tempio consacrato al culto di Artemide Cariatide con colonne in legno di noce e scolpite nella forma di corpi femminili che presero il nome di cariatidi
.

Il collegamento di Artemide con Caria sposta le radici del mito a un culto più antico...
La chiave è proprio nel nome Caria, derivato dal pelasgico Kér o Kar...
e la radice indoeuropea *ker che significa colei che ha in sé il principio della crescita...
Ecco dunque un culto arcaico della Grande Madre... e come tutti i simboli femminili mitologici, l'attribuzione di un'ambivalenza: da un lato la feconda e celestiale divinità, dall'altro un collegamento sovente con il male e gli inferi.
Il noce si polarizza con la simbologia della Grande Madre nel continuo ciclo di morte e rigenerazione che si rappresenta.

Nel noce passano dunque queste relazioni simboliche alle quali occorre fare mente locale quando, ad esempio, si voglia comprendere la storia del famoso esemplare... il Noce di Benevento!


Noce di Benevento

L'ubicazione del noce di Benevento è assai incerta.
Secondo alcuni testi, esso nasceva sulle "ripe delle ghianare", lungo il corso del fiume Sabato.
Come forse tutti sanno si favoleggia, infatti, che attorno al mitico albero di noce si radunassero le streghe... e che tali raduni venivano chiamati sabba, denominazione che riecheggia il toponimo del fiume...
Il medico beneventano Pietro Piperno, nel suo saggio del 1639 De Nuce Maga Beneventana, fa risalire le radici della leggenda delle streghe e del noce al VII secolo.
Si narra che durante il regno di Costante II, il vescovo Barbato fece tagliare la pianta attorno alla quale si radunavano le schiere volanti delle streghe, giunte a Benevento da ogni dove per i riti demoniaci, in concomitanza con il solstizio d'estate (con riferimento alla notte di San Giovanni).
In quel tempo Benevento era sotto i Longobardi, i quali non rinunciavano ancora ai loro riti pagani.
Sicché con l'invasione bizantina dei territori longobardi meridionali, il vescovo scese a patti con le genti barbariche con le quali stabilì che, in cambio della protezione della Chiesa (il vescovo riuscì a proteggere Benevento dall'occupazione bizantina), si sarebbero banditi i culti non cristiani in voga nella città e nei dintorni.
E la leggenda dice che venne deciso il taglio dell'antico noce (luogo ove avvenivano i riti pagani).
Non sappiamo se i fatti si siano svolti in tale modo.
Non è chiaro nemmeno il nesso tra i riti pagani longobardi e la simbologia dell'albero.
La leggenda narra che il duca Romualdo adorasse presso il noce una vipera d'oro che ha un diretto richiamo con il culto della divinità lunare egiziana Iside.
E testimonianze romane ci dicono anche di un breve periodo a Benevento in cui si era diffuso il culto della dea egizia (a cui l'imperatore Domiziano fece erigere addirittura un tempio).
Ora: Iside è in associazione sia con Ecate, dea degli inferi, sia con Artemide... e tutte queste divinità (riconducibili all'uno della Grande Madre) sono implicate nelle pratiche magiche...


... E non si stupiranno di sentire che questa pianta beneventana ricrebbe... facendo, a quanto pare, rivivere il luogo e le sue pratiche magiche!
Nei secoli successivi la leggenda delle streghe e del noce si amplificò.
A partire dal 1273 tornarono a circolare testimonianze di riunioni stregonesche a Benevento.
Il secondo albero resistette fino al XVII secolo, nonostante la fantasia popolare in terra campana faccia proseguire l'avvistamento di streghe anche oltre questo periodo...
Si racconta che le streghe arrivassero qui in volo da luoghi spesso molto lontani, cospargendo il corpo con il famoso unguento per volare e pronunciando questa formula

unguento unguento
mandame alla noce de Benevento
supra acqua et supra vento
et supra omne maltempo!!!


[dal: Processo alla strega Matteuccia di Francesco. Todi 20 marzo 1428]

I sabba si concludevano con l'orrore seminato dalle streghe in piena notte.
Si credeva che fossero capaci di causare aborti o di far nascere bambini menomati.
Il loro passaggio era percepito dai dormienti come una folata di vento oppure con un senso di oppressione sul petto (che a volte si avverte stando sdraiati).
Si diceva anche che le streghe potessero fare dispetti lievi come intrecciare le criniere dei cavalli, dopo averli cavalcati fino all'alba.

Nei processi per stregoneria l'albero è spesso nominato... così come anche nelle prediche di S. Bernardino da Siena.
Viene riportato un passo di una predicazione dove si dice in modo circostanziato della testimonianza di un famiglio di un cardinale:

Elli fu a Roma uno famiglio d'uno cardinale, el quale andando a Benivento di notte, vidde in sur un'aia ballare molta gente, donne e fanciulli e giovani; e così mirando, elli ebbe grande paura.
Pure essendo stato un poco a vedere, elli s'asicurò e andò dove costoro ballavano, pure con paura, e a poco a poco tanto s'acostò a costoro, che elli vidde che erano giovanissimi; e così stando a vedere, elli s'asicurò tanto, che elli si pose a ballare con loro.
E ballando tutta questa brigata, elli venne a suonare mattino....


L'Italia e forse l'Europa era pervasa dall'idea che streghe e diavoli avessero eletto il noce di Benevento come luogo di ritrovo.
Anche nella Bologna medioevale, a quanto pare in ambiente universitario, si discuteva del nesso tra l'albero del noce e le figure demoniache.
Una leggenda vuole che per ordine del Papa Pasquale II (il suo pontificato nel periodo: 1099-1118) venisse sradicato il noce dove a Roma danzavano i diavoli e le streghe nel cuore della notte.
E in questo luogo venne poi eretta la chiesa di Santa Maria del Popolo.

 

 

 

 

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